Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La servitù di parcheggio al vaglio delle Sezioni Unite (di Luigi Alfonso Vitolo, Dottore – Università degli Studi Roma Tre)


Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione pongono fine ad un lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia di servitù prediali, ammettendo in astratto la configurabilità della servitù di parcheggio e individuando i criteri interpretativi da utilizzare in concreto per accertare se le parti abbiano inteso dar vita ad un diritto reale o ad un diritto personale di godimento. L’iter argomentativo della Suprema Corte, da un lato, rappresenta un prezioso riferimento nella definizione del concetto di utilitas, che assume sempre più venature personalistiche e sociali, dall’altro costituisce lo spunto per riflettere sul tema dell’usucapibilità della servitù di parcheggio e sull’ambito di applicazione dell’art. 2645-ter c.c.

The servitude of car parking under consideration by the United Sections of the Court of Cassation

The United Sections of the Court of Cassation end a long doctrinal and jurisprudential debate about the predial servitude: they state that a servitude of car parking can be created and offer the guidelines to establish if such right is a real or a personal one. The arguments used by the Supreme Court to come up with the decision represent an important landmark to give a correct definition of the concept of utilitas, which nowadays has also taken personalistic and social connotations. It is an occasion to reflect on the usucapion of the servitude of car parking and on the application area of the art. 2645-ter. c.c.

Cass. civ., SS. UU., sent. 13 febbraio 2024, n. 3925

In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione.

SOMMARIO:

1. Introduzione. La servitų: il dinamismo di un istituto solo in apparenza quiescente. - 2. La vicenda all’attenzione delle Sezioni Unite. - 3. La pronuncia. -  4. Considerazioni conclusive. - 5. NOTE


1. Introduzione. La servitų: il dinamismo di un istituto solo in apparenza quiescente.

La sentenza delle Sezioni Unite dellaCorte di Cassazione del 13 febbraio 2024, n. 3925 risolve una delle questioni più controverse in materia di servitù dell’ultimo ventennio: il diritto di parcheggio sull’area di proprietà di un terzo va configurato quale diritto reale di servitù o quale diritto personale di godimento? L’adesione all’uno o all’altro orientamento non ha una valenza meramente teorica, ma ha notevoli ricadute applicative: basti ricordare che soltanto il diritto reale di servitù è suscettibile di circolare insieme con il bene su cui insiste, di acquisto per usucapione [1], di tutela mediante l’azione possessoria e l’azione confessoria. La pronuncia in esame, nell’ammettere la possibilità di costituire un diritto reale di servitù di parcheggio, testimonia che la servitù, i cui caratteri fondanti ictu oculi sembrano essersi cristallizzati dall’esperienza romana sino ad oggi, è un istituto dal “cuore antico” [2] ma ancora pulsante: alla “fissità” della normativa codicistica, sostanzialmente immune da modifiche, e alla quasi totale impermeabilità ad influenze provenienti da fonti sovranazionali [3], ha fatto da contraltare una “dinamicità” interpretativa della dottrina e delle corti, che, insinuandosi nelle maglie del testo legislativo, da un lato ha consentito di mantenere invariato il lessico tradizionale, dall’altro ha promosso l’adeguamento dell’istituto all’evoluzione sociale, attivando una vivace dialettica tra posizioni “conservatrici” maggiormente aderenti al dato testuale e posizioni “progressiste” inclini ad un approccio ermeneutico teleologico e valoriale [4].  


2. La vicenda all’attenzione delle Sezioni Unite.

La vicenda che ha costituito l’occasione per la pronuncia in esame trae origine da un’azione di accertamento della nullità di negozio giuridico avente ad oggetto una servitù di parcheggio. In particolare, il proprietario di un fondo, acquistato il 18 luglio 2011, gravato da servitù di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi, agiva in giudizio per fare dichiarare la nullità del contratto costitutivo della predetta servitù, concluso in data 15 febbraio 2011 dai suoi danti causa in favore del fondo di proprietà di un terzo. L’adito Tribunale rigettava la domanda dell’attore e il successivo gravame era rigettato dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza resa l’11 giugno 2018, n. 1606. Avverso tale pronuncia la parte soccombente proponeva ricorso per Cassazione. Con istanza del 23 marzo 2023 il difensore del ricorrente chiedeva alla Prima Presidente della Corte di Cassazione di disporre l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite a fronte del contrasto in giurisprudenza circa la possibilità nel nostro ordinamento di costituire servitù prediali di parcheggio. La Prima Presidente, ai sensi dell’art. 374 co. 2 c.p.c., disponeva l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.  


3. La pronuncia.

La Suprema Corte, illustrato ed esaminato il rilevato contrasto giurisprudenziale, con la sentenza in esame: riconosce l’astratta configurabilità della servitù di parcheggio sulla base di un’argomentazione sistematica condotta alla luce della legislazione speciale in materia di parcheggi e dell’«espansione»[5] della nozione di utilitas per effetto della sentenza della Corte costituzionale del 10 maggio 1999, n. 167 che ha inciso sul disposto dell’art. 1052 co. 2 c.c.; individua i parametri che devono guidare l’interprete per stabilire se in concreto le parti abbiano costituito un diritto reale di servitù di parcheggio. 3.1. Il contrasto giurisprudenziale.  Vengono rinvenuti, alla base del denunciato contrasto giurisprudenziale, due orientamenti. Secondo il primo, inaugurato dalla sentenza della Corte di Cassazione del 28 aprile 2004, n. 8137 e rimasto costante per più di un decennio [6], una servitù prediale non può consistere in un diritto di parcheggio in quanto quest’ultimo costituisce una mera commoditas a favore delle persone che accedono al fondo e, risolvendosi in un vantaggio di natura esclusivamente personale, non può in alcun modo integrare gli estremi dell’utilitas [7]; è, in definitiva, del tutto carente il requisito essenziale della realitas, intesa come inerenza dell’utilità al fondo dominante e del peso al fondo servente. Pertanto, colui che, invocando l’esistenza di una servitù di parcheggio, eserciti in concreto la facoltà di parcheggiare su un fondo altrui non può essere qualificato come possessore perché il suo potere di fatto non corrisponde ad alcun diritto reale e, sul versante della tutela processuale, non potrà valersi dell’azione di reintegrazione del possesso della servitù nei confronti di chi gli abbia precluso l’esercizio di siffatta prerogativa [8]. In ordine alle sorti di un eventuale negozio costitutivo di una servitù di parcheggio, le Sezioni Unite evidenziano, nell’ambito del medesimo filone giurisprudenziale che esclude la configurabilità della servitù di parcheggio, due differenti posizioni: secondo una tesi la convenzione va riqualificata per essere inquadrata nell’ambito dello schema del contratto di locazione o dei contratti affini di affitto o di [continua ..]


 4. Considerazioni conclusive.

Il rilievo delle conclusioni raggiunte dalla sentenza in esame va ben al di là della disciplina della servitù di parcheggio, costituendo esse un valido punto di riferimento al fine di individuare: il significato da ascrivere al concetto diutilitas, che, alla luce di un’interpretazione sistematica ed evolutiva, mostra sempre più evidenti sfumature personalistiche e sociali; i parametri da impiegare per qualificare una determinata fattispecie quale servitù volontaria piuttosto che come servitù irregolare. L’utilitas fundi costituisce la causa giustificativa della servitù [21], quest’ultima consistente in un “peso”, a mente dell’art. 1027 c.c., da leggere in chiave di rapporto di solidarietà fra proprietà immobiliari [22]. Dal testo degli artt. 1028 e 1029 c.c. emerge che l’utilità può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo e, persino, nell’attribuzione ad esso di un vantaggio futuro; questa considerazione in senso ampio ha agevolato un apprezzamento non univoco dell’utilitas da parte della dottrina: tradizionalmente identificata con un interesse fondiario [23], è stata associata, da alcuni autori, al vantaggio apportato al fondo dominante consistente in un miglioramento “socialmente apprezzabile” del bene immobile [24], da altri, all’incremento del valore di mercato del bene [25] e, da altri ancora, all’aumento del suo valore d’uso [26]. Il Supremo Collegio avrebbe potuto rifarsi a tali orientamenti e giustificare l’ammissibilità della servitù di parcheggio [27]; ma le Sezioni Unite si sono spinte oltre, facendo richiamo – come già segnalato – a Corte Cost. n. 167/1999 che, quando il fondo dominante è destinato ad uso abitativo, ha legato l’utilitas alle «condizioni di vita dell’uomo in un determinato contesto storico e sociale, purché detta utilitas sia inerente al bene così da potersi trasmettere ad ogni successivo proprietario del fondo dominante» [28]. Il dato è eloquente perché autorizza a credere che le Sezioni Unite intendano avallare l’indirizzo giurisprudenziale tendente a valorizzare, nella considerazione dell’utilitas, il carattere non economico, la sua vocazione a [continua ..]


5. NOTE