Vengono, in primo luogo, analizzate le tecniche di conclusione dell’accordo di conciliazione, con particolare riguardo alle ipotesi in cui esso sia destinato ad essere inserito nei pubblici registri immobiliari. La tecnica della puntuazione (in particolare quando le parti convengano puntuazioni vincolanti) consente al mediatore rinviare le parti all’incontro finale nel quale si chiariranno gli aspetti di dettaglio; lasso di tempo durante il quale i professionisti incaricati - in particolare il notaio - potranno effettuare i necessari controlli per arrivare al detto incontro con la contestuale stipula dell’atto, secondo una delle tecniche redazionali in uso nella prassi, nella forma idonea alla trascrizione nei registri immobiliari o all’iscrizione al registro delle imprese.
Ci si sofferma, altresì, sulla natura giuridica dell’accordo, riconducibile, nella generalità dei casi, al paradigma della transazione caratterizzata dal tratto delle reciproche concessioni. Non può dirsi, peraltro, che lo stesso presenti una propria tipicità negoziale, in quanto “l’accordo di mediazione non è un tipo contrattuale a se stante, ma solo l’involucro esterno, l’occasione in cui viene concluso il contratto, il quale conserva perciò la tipologia che gli è propria e non si trasforma, solo perché stipulato in sede di mediazione in qualcos’altro, con la sola particolarità che, ai fini della sua trascrizione, è espressamente richiesta l’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un notaio, ai fini della verifica della conformità del contenuto del contratto alle prescrizioni di legge”. E’ anche possibile che una delle parti in mediazione riconosca integralmente il buon fondamento delle ragioni dell’altra e che, quindi, l’accordo si concluda senza alcuna reciproca concessione per avere una delle parti riconosciuto in capo all’altra: i) un diritto di credito, producendo esclusivamente l’effetto processuale dell’inversione dell’onere della prova di cui all’art.1988 c.c.; ii) il diritto di proprietà o altro diritto reale su un bene immobile per effetto del protrarsi del possesso per tutto il tempo richiesto dalla legge per il perfezionamento dell’usucapione, come ora consentito dall’art.2643 n.12 bis c.c.; iii) il diritto di proprietà o altro diritto reale sulla base sulla base di un titolo pregresso costituente la fonte costitutiva del diritto medesimo.
Particolare problematicità presenta l’accordo di conciliazione quando con le stesso le parti pretendano di accertare patologie di precedenti negozi giuridici intercorsi fra le stesse parti.
First and foremost, the techniques for concluding a conciliation agreement are analyzed, with particular attention to cases in which it is intended to be recorded in public land registries. The technique of punctuation (especially when the parties agree on binding punctuations) allows the mediator to refer the parties to the final meeting where the detailed aspects will be clarified; a time frame during which the appointed professionals, especially the notary, can conduct the necessary checks to arrive at the said meeting with the simultaneous execution of the deed, following one of the drafting techniques commonly used in practice, in a form suitable for transcription in land registries or registration in the business register.
Furthermore, attention is given to the legal nature of the agreement, generally attributable to the paradigm of a transaction characterized by the mutual concessions. It cannot be said, however, that it presents its own contractual typology, as "the mediation agreement is not a contractual type in itself, but only the external container, the occasion on which the contract is concluded, which therefore retains its own typology and does not transform just because it is concluded in mediation into something else, with the only peculiarity that, for its transcription, the authentication of the signatures by a notary is expressly required for the verification of the conformity of the contract content to legal requirements." It is also possible that one of the parties in mediation fully acknowledges the merits of the other's reasons, and therefore, the agreement concludes without any mutual concessions because one of the parties recognizes in favor of the other: i) a right to credit, producing exclusively the procedural effect of reversing the burden of proof under Article 1988 of the Civil Code; ii) the right of ownership or other real right to an immovable property due to the prolonged possession for the time required by law for the completion of adverse possession, as now allowed by Article 2643 no. 12 bis of the Civil Code; iii) the right of ownership or other real right based on a previous title constituting the constitutive source of the same right.
Particular complexity arises in the conciliation agreement when the parties intend to ascertain pathologies of previous legal transactions between them.
1. La conclusione dell’accordo di conciliazione e sua opportuna contestualità rispetto all’atto notarile necessario a fini pubblicitari. - 2. Natura giuridica dell’accordo di conciliazione. - 3. Il problema dell’accertamento di patologie negoziali in mediazione. - 4. Aspetti formali dell’accordo di mediazione. - 5. L’accordo di mediazione nella mediazione telematica alla luce dell’art. 8 bis del D.lgs. 28/2010. - 6. L’esecuzione dell’accordo di mediazione: cenni. - 7. NOTE
La conclusione dell’accordo di conciliazione, espressione dell’autonomia negoziale generalmente – ma non necessariamente – riconducibile al paradigma della transazione, costituisce l’epilogo di un percorso spesso lungo e travagliato che si caratterizza per la tendenziale non istantaneità delle reciproche concessioni di cui esso consta. Si verifica molto spesso che le parti non abbiano chiarito, nel corso della sessione di mediazione in cui è raggiunto l’accordo di massima, tutti i punti dello stesso o, pur avendoli chiariti, non vi sia la possibilità di rivestire nell’immediatezza l’accordo della forma idonea per l’accesso alla pubblicità immobiliare o commerciale (atto pubblico o scrittura privata autenticata). Può utilmente soccorrere, a tal fine, e ciò costituisce una best practice da valorizzare, la tecnica della puntuazione, di particolare significatività nella progressione del percorso conciliativo, che può essere connotato da uno o più pre-accordi finalizzati a porre le basi per potenziali accordi futuri definitivi. Potrà, poi, trattarsi, di puntuazioni vincolanti o non vincolanti, secondo l’insegnamento della sentenza della Cassazione a sezioni unite [1] secondo cui le mere puntuazioni (non vincolanti) sono quelle in cui le parti hanno solo iniziato a discutere di un possibile affare e senza alcun vincolo fissano una possibile traccia di trattative, mentre la puntuazione diventa vincolante quando, pur mancando l’accordo su tutti i punti essenziali, su alcuni profili l’intesa contrattuale è irrevocabilmente raggiunta, restando da comporre secondo buona fede ulteriori aspetti conflittuali della controversia. La tecnica della puntuazione (in particolare quando le parti convengano puntuazioni vincolanti) consente al mediatore rinviare le parti all’incontro finale nel quale si chiariranno gli aspetti di dettaglio; lasso di tempo durante il quale i professionisti incaricati – in particolare il notaio – potranno effettuare i necessari controlli per arrivare al detto incontro con la contestuale stipula dell’atto, secondo una delle tecniche redazionali in uso nella prassi, nella forma idonea alla trascrizione nei registri immobiliari o all’iscrizione al registro delle imprese. Questo iato temporale fra la definizione delle puntuazioni [continua ..]
L’accordo di conciliazione è sempre espressione dell’autonomia negoziale delle parti, anche quando ciò avvenga a seguito dell’accettazione della proposta del mediatore. A differenza delle procedure eteronome di risoluzione stragiudiziale delle controversie, il tratto dell’eteronomia della decisione è sempre fisiologicamente assente nel procedimento di mediazione, sia nella declinazione della “mediazione facilitativa” che in quella della “mediazione valutativa”, all’esito del quale nel primo caso il mediatore aiuta semplicemente le parti a ricercare i loro interessi attraverso la conclusione di un accordo di conciliazione, trasfuso in un negozio tipico o atipico, il cui contenuto è comunque esplicazione della loro autonomia negoziale, mentre nel secondo le parti recepiscono nel proprio accordo di conciliazione il contenuto della proposta formulata dal mediatore ex art. 11 D.lgs. 28/2010. Nel caso di “mediazione facilitativa” le parti non hanno neanche l’onere di operare all’interno delle pretese e delle posizioni originarie della parte istante (o delle deduzioni della parte invitata), non incontrando quindi il limite del petitum, che invece caratterizza l’attività del giudice e dell’arbitro. Con l’aiuto del mediatore le stesse potranno pienamente esplicare la propria autonomia negoziale attraverso un accordo di conciliazione che incide su rapporti anteriori o futuri, o comunque estranei rispetto alla materia del contendere e, quindi, dar luogo alla particolare figura negoziale della transazione novativa riconducibile al disposto dell’art. 1965 comma 2 c.c. Anche nella mediazione “valutativa” o “aggiudicativa” in cui il mediatore formula la proposta, con un meccanismo apparentemente eteronomo, ora potenziato dal nuovo art. 11 D.lgs. 28/2010, come modificato dal D.lgs. 149/2022, che consente al mediatore di formulare la proposta anche indipendentemente dalla richiesta delle parti e con l’indicazione di un termine per l’accettazione anche superiore ai sette giorni originariamente previsto, in realtà si rimane sempre nell’ambito di un accordo espressione del potere di autodeterminazione delle parti. La funzione del mediatore nella “mediazione valutativa” potrebbe essere prima facie ricondotta a quella dell’arbitratore, il [continua ..]
Molto più delicata è la verifica se, nell’ipotesi in cui l’istante instauri una mediazione avente ad oggetto l’accertamento di una patologia negoziale e l’invitato non si opponga, sia possibile[14] che la mediazione si concluda con un accertamento convenzionale della nullità, annullabilità, revocazione, rescissione di precedenti negozi giuridici. Il tema classico, e trasversale, del negozio di accertamento, a cui va ricondotta la questione dell’ammissibilità degli accordi di mediazione che accertino patologie negoziali, verrà marginalmente toccato in questa sede solo in via strumentale all’obiettivo di trarne i dovuti corollari per verificare i margini di ammissibilità di un accertamento negoziale che non ha ad oggetto fatti, diritti o rapporti giuridici, ma vizi di precedenti negozi. Superando la tradizionale diffidenza che ha tralatiziamente circondato il negozio di accertamento, dovuta alla difficoltà di ammettere che ai privati fosse data la possibilità di accertare situazioni giuridiche [15] per l’immanente potere dispositivo e non accertativo di diritti e rapporti concesso dall’ordinamento all’autonomia privata, è ormai condivisa in dottrina e giurisprudenza l’idea della meritevolezza di tutela dell’interesse posto a fondamento del negozio di accertamento [16]. La funzione accertativa di tale negozio ha riguardo a fatti e situazioni giuridiche già avvenuti e, naturalmente, ad esso va riconosciuta efficacia retroattiva fra le parti [17], quale tratto necessariamente distintivo della fattispecie negoziale, che cristallizza, per convenzione, il fatto o il diritto accertati sin dal momento in cui il primo si è avverato o il secondo è sorto, salvo ovviamente che le parti non abbiano espressamente pattuito una deroga a questo principio, stabilendo che la determinazione del loro rapporto valga soltanto a far data da un certo momento, così lasciando impregiudicata la questione per il tempo anteriore [18]. Tale retroattività incontra, ovviamente, il limite dell’inopponibilità nei confronti dei terzi i cui diritti non possono essere pregiudicati da accordi inter alios che hanno accettato consensualmente di stare a una certa configurazione della realtà preesistente. Si considerino i seguenti [continua ..]
Una volta raggiunto l’accordo, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo (art. 11 comma e D.lgs. 28/2010). La distinzione fra verbale e accordo è netta [38], sia che quest’ultimo venga allegato al primo che nell’ipotesi in cui l’accordo faccia parte integrante del verbale; così come altrettanto evidente è la differente imputazione soggettiva dei due documenti: il verbale è atto proprio ed esclusivo del mediatore, l’accordo fa capo alle parti, le quali lo redigeranno – se del caso – con l’ausilio dei rispettivi avvocati [39]. Il verbale conclusivo della mediazione, costituente espressione dell’epilogo della mediazione, è redatto esclusivamente dal mediatore ed “è sottoscritto dalle parti, dai loro avvocati e dagli altri partecipanti alla procedura nonché dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere” (art. 11 comma 4 d.lgs. cit.). Nonostante il tenore letterale dell’art. 11 comma 4 D.lgs. 28/2010 sembri orientare per una lettura che imponga la sottoscrizione dell’accordo anche da parte del mediatore (il verbale contenente l’accordo è sottoscritto..), la distinzione fra verbale e accordo – anche sul piano delle sottoscrizioni – va mantenuta ferma, nel senso che il potere di certificazione dell’autografia delle sottoscrizione da parte del mediatore è limitato solo al verbale (anche quando esso contenga nel suo corpo l’accordo) e non può mai estendersi al contenuto negoziale dell’accordo, anche quando lo stesso non sia destinato alla pubblicità immobiliare o commerciale [40]. Il potere certificativo del mediatore, cui la legge non ha assolutamente attribuito il ruolo di pubblico ufficiale, rimane confinato all’autenticità delle sottoscrizioni delle parti in calce al verbale-documento, quale scrittura privata ricognitiva del fatto storico dell’esito del procedimento di mediazione, senza alcuna valenza di autentica in senso formale, propria degli artt. 2702, 2703 c.c. e dell’art. 72 della legge notarile [41]. Ne è conferma proprio l’art. 11 comma 7 del D.lgs. 28/2010 il quale, con tecnica legislativa migliorata rispetto alla precedente formulazione (che [continua ..]
Conclusa la fase emergenziale, durante la quale la previsione normativa di cui all’art. 83, comma 20-bis, delD.L. 17 marzo 2020, n. 18 convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 (d’ora in avanti art. 83, comma 20-bis) aveva superato la necessità che lo svolgimento della mediazione a distanza fosse prevista nel regolamento dell’organismo, come fino a quel momento prescritto dall’art. 3, comma 4, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28, la mediazione c.d. telematica [43] – ormai a regime – è ora disciplinata dall’art. 8 bis del D.lgs. 28/2010 che, pur con il meritevole fine di dare spinta propulsiva alla mediazione a distanza, introduce alcuni requisiti formali sul piano della verbalizzazione ai quali prestare attenzione. Nel precedente regime il documento (composto dal verbale con allegato accordo o dal verbale contenente nel proprio corpo l’accordo) veniva sottoscritto in maniera analogica dalla parte e inviato con modalità telematiche all’avvocato (se la parte e l’avvocato non fossero stati presenti nel medesimo luogo), il quale doveva dichiarare autografa la sottoscrizione della parte, sottoscrivere con propria firma digitale il verbale (anche ai fini dell’esecutività dell’accordo di mediazione ex art. 12 d. lgs. 28/2010), inviarlo all’avvocato o agli avvocati di controparte, i quali avrebbero dovuto operare con le medesime modalità e inviare il verbale (con l’accordo) al mediatore ai fini dell’apposizione della firma digitale di quest’ultimo. Con la nuova disposizione è, invece, previsto che quando la procedura di mediazione telematica si conclude positivamente, l’accordo raggiunto dalle parti è documentato nel verbale, costituito da un unico documento informatico nativo digitale redatto dal mediatore, il quale lo invia alle parti per la sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata. Nonostante il tenore letterale dell’art. 8 bis faccia riferimento all’unico documento digitale che incorpora il verbale e l’accordo, mentre l’art. 11 comma 1 – nel regolare la forma dell’accordo annesso al verbale analogico – ne preveda l’allegazione, può ritenersi che le due modalità di annessione siano, sul piano sostanziale, equipollenti; da un lato, in quanto non è da [continua ..]
Le parti possono rafforzare il carattere cogente degli obblighi convenuti in via principale con l’accordo di conciliazione attraverso la pattuizione dell’obbligo di pagamento di una somma di denaro in caso di violazione o inosservanza nell’adempimento dei primi, giusta la facoltà contemplata all’art. 11, comma 7, del D. Lgs. n. 28/2010 (il cui contenuto riproduce quello dell’originario comma 3 del medesimo articoloante riforma ex D.Lgs. 149/2022) [47]. Agevolmente riconducibile nella categoria della clausola penale, può ritenersi che anche in assenza di espressa previsione normativa la quale, pertanto, nulla aggiunge ad una regolamentazione delle condizioni contrattuali conseguibili attraverso le categorie generali dell’autonomia privata, le parti avrebbero comunque potuto inserire nell’accordo conciliativo una clausola siffatta, in applicazione dell’art. 1382 c.c. Fino alla riforma del processo civile di cui al D.Lgs. n. 149/2022 si riteneva che tali obblighi ulteriori, configurando una normale clausola penale, necessitassero del previo accertamento giudiziale in ordine all’inadempimento [48] ai fini della loro esecutività e se ne escludeva, pertanto, la riconducibilità alle misure di coercizione indiretta di cui all’art. 614-bis c.p.c., comminabili solo giudizialmente insieme al provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi “diversi dal pagamento di somme di denaro”. Con la riformulazione dell’art. 614 – bis c.p.c. ad opera del D.Lgs. n. 149/2022 è ora prevista la possibilità di chiedere la determinazione di queste misure al giudice dell’esecuzione, anche per titoli esecutivi diversi dai provvedimenti di condanna, purché relativi a crediti non pecuniari (art. 614-bis c.p.c.). In tal modo si sono resi all’evidenza molto più “appetibili gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie” [49]. L’accordo concluso in mediazione, anche con le modalità di cui all’articolo 8-bis [50], costituisce, inoltre, titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 12 D.lgs. 28/2010). Condizioni necessarie [continua ..]