Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Veicoli autonomi e responsabilità civile: una prospettiva funzionale, intenzionale e cibernetica (di Luca Strazzera, Dottorando – Università degli Studi di Cagliari)


Il rapido progresso tecnologico nel campo dell’automotive pone il giurista di fronte a problematiche inedite, quali quelle sollevate dai veicoli a guida automatizzata. Con il presente contributo si intende fare luce sulla responsabilità civile per i danni cagionati dalla circolazione di tali veicoli: un’attenzione specifica viene dedicata, in primo luogo, all’osservazione del piano tecnico ed empirico, indispensabile al fine di apprezzarne la peculiarità rispetto alle fattispecie già note. A seguire, si procede a qualificare giuridicamente il fenomeno, con riguardo sia ai profili sistematici che a quelli applicativi. Si evidenzia, dunque, come i sistemi informatici complessi rendano necessario un cambio di paradigma nello studio giuridico del loro funzionamento, col passaggio da una concezione di tipo strumentale-causalista a una prospettiva funzionale, intenzionale e cibernetica.

Autonomous vehicles and civil liability: a functional, intentional, and cybernetic perspective

The swift technological progress in the field of automotive challenges jurists with new issues, such as those raised by automated driving vehicles. This paper is intended to shed light on the civil liability for damages caused by using such vehicles: specific attention is paid, firstly, to the observation of the technical and empirical plan, which is essential to appreciate its peculiarity compared to the cases that are already well known. The phenomenon is then legally qualified, in relation to both systematic and practical profiles. It is shown, therefore, how complex computer systems make necessary a change of paradigm in the legal analysis of their functioning, via the transition from an instrumental-causal conception to a functional, intentional, and cybernetic perspective.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Sistemi di sicurezza attiva e ruolo del conducente - 3. Sistemi di guida semiautomatizzata - 4. Sistemi di guida automatizzata – Automated driving systems (ADS) - 5. La normativa in tema di veicoli a guida automatizzata e semiautomatizzata - 6. L’individuazione del conducente del veicolo dotato di sistemi di guida automatica - 6.1. – Segue: il Sistema di guida come mero strumento secondo una prospettiva “causalista” - 6.2. Segue: il software come (co)­con­du­cente del veicolo; la prospettiva funzionale, intenzionale e cibernetica - 7. La responsabilità per i danni cagionati dal veicolo a guida automatica secondo la prospettiva funzionale - 7.1. La responsabilità del proprietario del veicolo - 7.2. La responsabilità del produttore e del manutentore del sistema automatico di guida - 7.3. La responsabilità del (co-)conducente umano e dell’utilizzatore del veicolo - 7.4. La responsabilità della “smart road”: cenni - 8. Scelte etiche dei software e responsabilità giuridica - 9. La tutela dei danneggiati, l’accountability e la ripartizione “interna” della responsabilità - 9. La tutela dei danneggiati, l’accountability e la ripartizione “interna” della responsabilità - 10. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

L’evoluzione costante nella tecnologia automobilistica – come è noto – è oramai giunta a sviluppare sistemi di supporto alla guida sempre più incisivi, fino al punto di condurre in totale autonomia un veicolo. I vantaggi di tale progresso sono diffusamente preconizzati dalle istituzioni e dalla letteratura specializzata [1]: si prevede una drastica riduzione nel numero complessivo di incidenti, i quali sono, nella maggior parte dei casi, frutto di errori, distrazioni, imperizia (o finanche deliberata assunzione del rischio o dolo) da parte dei conducenti umani. Pur essendo vero che, al contempo, l’introduzione di sistemi di guida automatici possa comportare la creazione di nuovi rischi, legati alle caratteristiche intrinseche dei software, quali malfunzionamenti, attacchi hacker o limiti di programmazione, l’innovazione tecnologica farà sì che il bilancio complessivo dei sinistri stradali vada progressivamente a ridursi, con enormi vantaggi sociali ed economici [2]. Non irrilevanti, inoltre, sono i possibili effetti positivi relativi alla sostenibilità ambientale dei trasporti [3], al­l’ac­cessibilità a nuove forme di mobilità anche per soggetti affetti da patologie e disabilità [4], oltre allo sviluppo a forme di mobilità condivisa e pubblica che consentano una maggiore inclusione anche per le fasce più povere della popolazione. Non se, dunque, ma come e quando le forme più avanzate di conduzione automatica dei veicoli si diffonderanno è la domanda da porsi oggi, e il giurista è già chiamato a ragionare sui profili giuridici rilevanti in considerazione di questa evoluzione, tra cui spicca la responsabilità civile, ambito della quale intende occuparsi la presente riflessione [5]. Al fine di analizzare al meglio il fenomeno dei veicoli a conduzione automatica, è utile innanzitutto individuare i diversi livelli di automazione, ricavabili in funzione delle tipologie di sistemi che possono intervenire nella guida, la cui relazione con l’utilizzatore umano del veicolo è suscettibile di assumere, come si vedrà, una differente e progressiva rilevanza giuridica. Grande riscontro, in tal senso, ha avuto la classificazione operata dalla Society of Automotive Engineers International (SAE International), la quale ha individuato sei livelli di [continua ..]


2. Sistemi di sicurezza attiva e ruolo del conducente

 I veicoli moderni sono già oggi dotati di numerosi software che incidono sulla guida, al fine di incrementarne la sicurezza e migliorare l’efficienza dell’azione del conducente sul veicolo, così potenziando il controllo da costui esercitato [9]. Osservando tali sistemi, sembra possibile distinguere (pur senza pretese di rigore tecnico) due tipologie: la prima ricomprenderebbe quegli strumenti di segnalazione, avviso e allerta, finalizzati a mettere il conducente nella condizione di possedere una cognizione la più ampia possibile della strada e dei possibili ostacoli, nonché a mantenerne attiva la concentrazione durante la guida. In tal senso opererebbero i sistemi quali i sensori di parcheggio (park distance control – PDC), gli allarmi di fuoriuscita dalla corsia stradale (lane departure warning – LDW) o di potenziale collisione (front collision warning – FCW), il rilevamento di pedoni, l’alcolock (ossia il sistema che non consente di avviare il motore qualora rilevi un tasso alcolemico superiore alla norma), il cruise control (limitato al mantenimento di una velocità fissa, eliminando la necessità di un intervento costante sull’acceleratore), i sensori di rilevamento degli angoli ciechi e di potenziali ostacoli (lane keeping assistance – LKA), i sistemi di controllo intelligente dei fari e, infine, gli avvisi anti-sonnolenza e anti-distrazioni (Driver Monitor System) e di riconoscimento della segnaletica stradale (Traffic Sign Recognition). In una seconda tipologia, invece, si potrebbe inserire quegli strumenti che intervengono sui comandi del veicolo. A loro volta, essi potrebbero essere distinti in due sottospecie: una prima, ricomprendente i sistemi finalizzati ad agevolare l’esercizio manuale dei comandi e aumentare così il comfort e l’efficacia dei gesti di guida, come il servosterzo, il sistema di ausilio alla partenza in salita (“hill holder”), il servofreno e il cambio automatico; una seconda, invece, formata da quei meccanismi volti a impedire il verificarsi di incidenti o di condizioni critiche, le quali cagionino una perdita del controllo sulla stabilità e sull’andatura del veicolo (quali slittamenti e rollii). In tal senso opererebbero il sistema di frenata di emergenza automatica (automatic emergency breaking – AEB), che si attiva in caso di rilevata [continua ..]


3. Sistemi di guida semiautomatizzata

Considerazioni differenti, invece, varrebbero per quei sistemi capaci di intervenire sulla conduzione del veicolo, e quindi sulle funzioni di guida dinamica (DDT), sostituendo in misura crescente l’umano nel controllo attivo del veicolo in un intervallo di tempo continuativo [23]. Conseguentemente, dal momento in cui il software è in grado di eseguire autonomamente almeno parte di tali funzioni si può iniziare a parlare, sul piano tecnico, di “driving automation systems”, ossia di sistemi di automatizzazione della guida in senso proprio [24]. Con il progredire dei livelli di automazione, i sistemi possono svolgere automaticamente sempre più funzioni nell’ambito della DDT e in contesti di guida sempre più ampi. Questi ultimi vengono indicati con la terminologia “operational design domain” (ODD), e per ciascun tipo di software automatico di guida ricomprendono quelle situazioni ambientali, geografiche e strutturali (si pensi al livello di traffico, alla tipologia di strada, alla presenza di determinate infrastrutture o segnaletiche, etc.) entro le quali il sistema è in grado di operare automaticamente [25]. Al livello 1 di automazione (“Driver Assistance”), il sistema è in grado di eseguire un singolo compito specifico, agendo alternativamente sulla velocità o sulla direzione del veicolo (e, quindi, non su entrambe contemporaneamente), mentre il conducente umano esegue le restanti azioni di guida. Rientrano in tali ipotesi: il controllo adattivo della velocità (adaptive cruise control – ACC), che consente di selezionare e mantenere automaticamente una velocità di crociera del veicolo e una distanza di sicurezza (il sistema, quindi, può accelerare fino alla velocità impostata e, a differenza del cruise control di base, anche decelerare, frenare e fermarsi per mantenere la distanza di sicurezza), l’assistenza al mantenimento della corsia (lane keeping assist – LKA), che corregge la direzione del veicolo per mantenerlo all’interno della corsia stradale, e il sistema di parcheggio assistito (park assist – PA), che effettua le manovre di parcheggio intervenendo sul volante, mentre il conducente umano aziona l’acceleratore e il freno [26]. Incrementando l’incidenza quantitativa e qualitativa sulle funzioni di guida, si identifica un secondo livello di [continua ..]


4. Sistemi di guida automatizzata – Automated driving systems (ADS)

A partire dal liv. 3 (“Conditional Driving Automation”), i sistemi di guida effettuano continuativamente tutte le funzioni di guida dinamica (DDT) in contesti progressivamente più estesi; l’ampliamento dell’ambito operativo (ODD), dunque, è ciò che caratterizza il passaggio ai successivi livelli 4 e 5. Questa caratteristica (ossia, lo svolgimento automatico dell’intera DDT) è ciò che consente di distinguere questi livelli da quelli inferiori, di guida semiautomatizzata, passando così al concetto di guida automatizzata tout court. Da questo punto in poi si parla, dunque, di Automated driving systems (ADS), concetto distinto da quello generale di driving automation system, che ricomprende anche i livelli 1 e 2. I sistemi di liv. 3 esistenti svolgono una conduzione automatizzata sia in caso di traffico intenso, incrementando la velocità massima raggiungibile dal software a 60 km/h (traffic jam chauffeur), sia in autostrada, potendo raggiungere il limite standard di velocità di 130 km/h (highway chauffeur) [27]. In queste ipotesi, dunque, l’utilizzatore (a questo livello di automazione si parla tecnicamente di “user”, non più di “driver”) cessa di intervenire direttamente sulla guida in specifici contesti tipizzati, nei quali il software è in grado di svolgere tutte le ordinarie funzioni di guida. L’intervento umano, dunque, potrà essere richiesto dal sistema in caso di necessità, oppure si renderà doveroso in situazioni peculiari, in relazione alle quali è richiesto perciò l’esercizio di un’attenzione costante, finalizzata a subentrare al software quando il caso concreto lo richieda. In quest’ultima situazione, l’utilizzatore del veicolo dovrà immediatamente riassumere il controllo diretto del mezzo, onde proseguire nella guida o, in caso di avaria, compiere le conseguenti azioni necessarie per raggiungere una situazione di sicurezza (ad esempio, accostare al lato della carreggiata e accendere i segnali di emergenza). Si parla, in tal senso, di “DDT fallback” (ossia “ripiego” o “ritirata”), per identificare l’attività consistente nell’interruzione della guida dinamica da parte del software e nella conseguente riassunzione totale della guida da parte dell’umano [28]. Tale [continua ..]


5. La normativa in tema di veicoli a guida automatizzata e semiautomatizzata

La circolazione dei veicoli automatizzati in Italia è oggetto di una normativa multilivello, internazionale e interna. In ambito internazionale, l’Italia ha aderito alla Convenzione di Vienna del 1968, la quale è stata recentemente novellata proprio al fine di consentire la circolazione di veicoli dotati di sistemi di guida automatici. All’art. 8 della convenzione, infatti, si prevede che “ogni veicolo in movimento o ogni complesso di veicoli in movimento deve avere un conducente” (comma 1), e che questi debba “avere costantemente il controllo del proprio veicolo” (comma 5). La presenza di un conducente umano, dotato di un effettivo e costante controllo sul veicolo, dunque, costituisce un requisito necessario affinché esso possa circolare [32]. L’ammissibilità dei sistemi automatici di guida è stata introdotta con il nuovo comma 5-bis dell’art. 8, il quale prevede due ipotesi: innanzitutto si consente l’u­ti­lizzo di software “conformi alle disposizioni in materia di costruzione, montaggio e utilizzo previste negli strumenti giuridici internazionali riguardanti i veicoli a ruote e gli equipaggiamenti e componenti montati e/o utilizzati sugli stessi”; a seguire, in via generale e in assenza di specifiche disposizioni internazionali che li ammettano, sono fatti comunque salvi i sistemi che “possono essere neutralizzati o disattivati dal conducente”. Si può ritenere, dunque, che la Convenzione di Vienna consenta in generale l’impiego di sistemi automatizzati di guida, purché disattivabili, e che preveda inoltre la possibilità che specifiche disposizioni normative internazionali individuino i requisiti di costruzione, montaggio e utilizzo di software non disattivabili da chi si trova a bordo del veicolo [33]. Inoltre, ancora più di recente [34] è stato introdotto un nuovo art. 34-bis, il quale consente a ciascun paese aderente alla Convenzione di autorizzare al proprio interno (e con effetto limitato a tale ambito) la circolazione di veicoli dotati di sistema di guida ancora non omologati a livello internazionale. La conformità alla normativa nazionale, infatti, fa sì che debba essere ritenuto “soddisfatto il requisito della presenza di un conducente”. Per quanto concerne l’ambito comunitario, allo stato non si è ancora giunti a adottare una [continua ..]


6. L’individuazione del conducente del veicolo dotato di sistemi di guida automatica

Passando ora all’esame dei profili propri del Diritto Civile, si impone innanzitutto la riflessione su chi sia, ai sensi dell’art. 2054, c 1, c.c., il “conducente” del veicolo a guida automatizzata: ciò, infatti, costituisce una premessa fondamentale per poter delineare l’ambito di applicazione, con riferimento ai veicoli automatizzati, della disciplina codicistica sulla responsabilità civile per la circolazione di veicoli privi di rotaie [42]. Sul piano giuridico, il conducente di un veicolo può essere identificato in “colui che ha la direzione e la responsabilità della guida di un veicolo e si trovi quindi nella possibilità di compiere tutte quelle manovre che sono necessarie per la guida” [43]. Osservando dapprima i livelli inferiori di automazione (c.d. semi-automazione), la dottrina si mostra sostanzialmente concorde nel continuare a incardinare tale ruolo nell’umano, il quale sia deputato allo svolgimento di parte delle funzioni di guida (pur in misura decrescente all’aumentare del livello di automazione) e alla sorveglianza costante del software di bordo, onde poter riassumere prontamente il pieno controllo del veicolo in qualsiasi situazione di necessità [44]. In buona sostanza, il potere effettivo o potenziale, anche parziale, sulle funzioni dinamiche del veicolo giustificherebbe un mantenimento della qualifica di conducente in capo all’umano che si trovi in tale situazione [45]. In relazione alla tesi del mantenimento della qualifica giuridica di conducente del veicolo in tale soggetto umano, pur progressivamente esonerato dallo svolgimento diretto delle funzioni di guida, non sembra siano opponibili ragionevoli contestazioni. Egli, infatti, continua a dover essere necessariamente presente a bordo del veicolo e, anche nei casi di conduzione totalmente automatizzata, ha il dovere di intervenire manualmente e con la massima prontezza esigibile, al fine di riassumere il totale controllo diretto del veicolo e impedire il verificarsi di sinistri stradali [46]. Da un lato, dunque, la nozione di conducente appare ancora compatibile con il ruolo dell’umano, per quanto ridotto dall’intervento dei sistemi di guida; dall’altro lato, la ratio della norma poc’anzi citata, consistente nell’impedire che da un’attività pericolosa [47] possano derivare danni, ponendo in capo [continua ..]


6.1. – Segue: il Sistema di guida come mero strumento secondo una prospettiva “causalista”

Esaminato il ruolo dell’umano cui sia riferibile l’utilizzo del veicolo, occorre ora interrogarsi sulla qualificazione giuridica del sistema di guida. L’approccio comunemente adottato in dottrina consiste nel considerare il software in chiave puramente strumentale e causalista, quale longa manus di altri agenti (umani) [58]. Di conseguenza, si esclude che il software possa essere qualificato come conducente, poiché esso non agit sed agitur. L’osservazione, allora, si concentra usualmente sulle condotte umane, allo scopo di individuare i “veri” autori degli errori o dei malfunzionamenti del sistema e, in ultima istanza, attribuire loro la responsabilità giuridica per i danni cagionati da tali deficienze. Le posizioni giuridiche e le condotte esaminate, perciò, consistono sostanzialmente in quelle del conducente (umano), del proprietario del veicolo e del produttore o programmatore del software, osservate singolarmente e mediante la valutazione della sfera di controllo da essi esercitata o esercitabile sul sistema di guida. Un motivo di fragilità di questo metodo è rappresentato dal livello di complessità cui sono giunti i sistemi informatici, i quali elaborano informazioni provenienti da diverse fonti contemporaneamente e secondo criteri e procedimenti articolati, che non sempre è possibile ricostruire con precisione ex post: è il c.d. “effetto black box”, dove la “mente” del software complesso appare come una scatola nera, imperscrutabile [59]. Soprattutto, ciò che diventa particolarmente complesso da ricostruire diviene l’effettivo contributo causale degli umani che esercitano a vario titolo un controllo o una influenza sul software, dal momento che tali azioni si mescolano e tendono a produrre risultati che non sono più in rapporto di stretta dipendenza e prevedibilità rispetto a ciò che l’agente umano si è potuto rappresentare. Questo si ripercuote non solo sul piano dei nessi causali ma, in misura ancora più evidente, su quello dell’elemento soggettivo e della diligenza esigibile. La conseguenza, evidentemente, è che diviene estremamente arduo ricostruire le condotte (e, perciò, le corrispondenti responsabilità) degli umani coinvolti, in quanto gli eventi di danno cagionati dal software (rectius, secondo questa [continua ..]


6.2. Segue: il software come (co)­con­du­cente del veicolo; la prospettiva funzionale, intenzionale e cibernetica

Adottando una prospettiva radicalmente differente da quella fin qui descritta, si potrebbe tentare di considerare direttamente il software quale (co)conducente del veicolo. Un’interpretazione, questa, che pure sembra suggerita dagli stessi studi ingegneristici del settore [81], se non addirittura dal legislatore [82], e che a volte viene osservata anche in dottrina, ma spesso scartata quasi a priori [83]. Il tema affonda le radici in quello, più ampio, della natura giuridica dei software complessi (ambito che, a sua volta, include la riflessione sulla soggettività giuridica delle Intelligenze Artificiali) [84]. Trattasi di una problematica che aveva riscontrato ampio interesse in passato, per poi essere sostanzialmente accantonata, in un atteggiamento di reazione nei confronti di alcune prospettive oltranziste (e spesso scarsamente argomentate sul piano giuridico) che hanno trovato il loro culmine nella Risoluzione del Parlamento Europeo del 2017, dove si suggeriva la prossima creazione di una personalità giuridica elettronica per i robot dotati di IA. In questo modo, tuttavia, non sono state sufficientemente approfondite talune prospettive, alternative a quella “tradizionale” causalista, che sembrano consentire una più proficua qualificazione giuridica dei fenomeni tecnologici che si sta osservando. Il riferimento, in particolare, è a quella parte di dottrina che ha proposto di studiare i sistemi informatici complessi adottando una chiave di lettura fondata su un’osservazione di tipo intenzionale e funzionale delle azioni dei software: si osserva, in particolare, come i sistemi complessi si inseriscano nel tessuto socioeconomico quali entità che svolgono autonomamente funzioni analoghe a quelle umane, rivestendo il ruolo di ausiliari degli esseri umani e sostituendosi a questi ultimi in determinate attività [85]. In tal senso, una prima premessa fondamentale sul piano empirico e sociologico è costituita dalla presenza di un fenomeno sociale complesso, in cui i fattori ambientali e le azioni di diversi attori sociali convergono e si mescolano, dando luogo a un risultato che non è più formato dalla mera somma di tali contributi, bensì culmina in qualcosa di nuovo. Ciò, evidentemente, riduce (o finanche elimina) la possibilità di ricondurre concretamente quel risultato all’azione di un determinato soggetto [continua ..]


7. La responsabilità per i danni cagionati dal veicolo a guida automatica secondo la prospettiva funzionale

È possibile da subito osservare come nell’attuale contesto di diritto positivo non vi siano le basi minime per ipotizzare una responsabilità posta direttamente in capo ai software complessi, dal momento che essi non sono titolari di un proprio patrimonio con cui far fronte a eventuali obbligazioni risarcitorie. Il tema, perciò, si interseca con il problema della soggettività giuridica delle entità non umane (tra cui, appunto, rientrano i sistemi informatici “intelligenti”). Com’è stato condivisibilmente osservato da molteplici Autori, infatti, discutere di una piena soggettività giuridica di un’Intelligenza Artificiale richiederebbe quantomeno l’assegnazione a essa di un patrimonio, con cui possa far fronte alle obbligazioni, incluse quelle risarcitorie. De jure condito, perciò, non vi sono le necessarie basi normative per poter ragionare in una siffatta prospettiva. Ciò non si pone, peraltro, in contraddizione con la possibilità, riconosciuta anche da autorevole dottrina, di ritenere che alcuni software particolarmente avanzati possano essere titolari di una soggettività giuridica parziale, consistente nella capacità di porre in essere specifici atti giuridici [97]. Si tratterebbe, perciò, di una capacità giuridica e di agire strettamente limitata al compimento di tali atti, e per di più non nell’interesse proprio (i.e. del software), bensì sempre nell’interesse altrui, ossia degli utilizzatori umani. Ad ogni modo, anche ammettendo una siffatta capacità giuridica parziale in capo al software, resterebbe comunque insuperato il problema della mancanza di un patrimonio, che evidentemente non consente di ipotizzare una responsabilità diretta del sistema informatico. Sul piano della titolarità passiva dell’obbligazione risarcitoria, dunque, occorrerebbe sempre e comunque individuare un soggetto giuridico (in ogni caso, diverso dal software), il quale possa essere chiamato a rispondere dei danni. Anche in questo caso emergerebbe l’utilità della prospettiva intenzionale e funzionale, la quale mette in luce come, sul piano empirico e sociale, tra determinati soggetti e i software si instauri un rapporto fondato, da un lato, sull’interesse perseguito mediante le azioni cibernetiche, e, dall’altro lato, sulla possibilità di esercitare [continua ..]


7.1. La responsabilità del proprietario del veicolo

Prendendo dapprima in considerazione la figura del proprietario del veicolo dotato di sistemi automatizzati di guida, il dato normativo che viene senz’altro in considerazione è ancora una volta l’art. 2054, c.c., il quale prevede che egli risponda sia per il danno cagionato dal conducente, sia per i danni verificatisi a causa di difetti di progettazione o manutenzione del veicolo. La ratio deve essere ravvisata nel ruolo di garanzia del proprietario (c.d. deep pocket) a tutela dei terzi danneggiati [111], e si giustifica in base al fatto che egli possa esercitare una forma di controllo e prevenzione sull’uso e sulla manutenzione del veicolo, oltre al fatto che dall’utilizzo (diretto o indiretto) dello stesso egli tragga godimento (cuius commoda, eius et incommoda). Ne consegue che la sua posizione venga posposta rispetto a quella del terzo danneggiato, il quale invece diviene destinatario di una tutela forte, giustificata dalla intrinseca pericolosità dell’attività di conduzione di veicoli senza rotaie. Con riguardo al risultato pratico (economico e sociale) della allocazione dei costi (i.e. dei danni) della circolazione di veicoli automatici in capo ai proprietari sono state rilevate alcune criticità in dottrina: in particolare, è stata evidenziata l’incoerenza di rendere responsabile un soggetto che non ha creato il software, né ha, di norma, un significativo potere di intervenire su di esso, soprattutto sul piano tecnico-informatico (sia per mancanza di conoscenze e strumenti tecnici, sia per limiti giuridici, derivanti dai diritti d’autore e industriali dei produttori) [112]. A queste osservazioni è possibile opporre la considerazione che il dato normativo esprime con sufficiente precisione la scelta di allocare in capo al proprietario del veicolo anche quei costi socioeconomici che pure non hanno alcuna connessione con la sua condotta, né, a fortiori, con la sua diligenza, trattandosi di una chiara fattispecie di responsabilità oggettiva [113]. L’introduzione di sistemi di guida automatizzata, pertanto, non sembra consentire una deroga al dato normativo e non evidenzia un discostamento dalla ratio che già traspare dalla disposizione [114]. Lo scopo, in altri termini, è quello della tutela dei terzi danneggiati, con una preferenza assiologica della posizione di questi rispetto a [continua ..]


7.2. La responsabilità del produttore e del manutentore del sistema automatico di guida

 A seguire, occorre ora focalizzarsi sul rapporto che lega tra loro il produttore del veicolo dotato di un sistema di guida automatizzato e quest’ultimo. Come si è anticipato, questo soggetto è destinatario di particolare attenzione da parte della dottrina, la quale spesso lo considera come il sostanziale artefice delle azioni del software, in quanto suo creatore, ergo il principale responsabile. Al tempo stesso, alcuni Autori si preoccupano di come una responsabilità eccessivamente stringente rischi di disincentivare la progettazione e la realizzazione di tecnologie che consentirebbero di raggiungere i già richiamati benefici sociali, giungendo così a interpretare il dato normativo di conseguenza [116]. Il più delle volte, comunque, la riflessione della dottrina finisce col riscontrare insufficienze del dato normativo, il quale non consentirebbe di fondare una disciplina sufficientemente responsabilizzante nei confronti del produttore, e perciò renderebbe necessario un intervento del legislatore [117]. Adottando ancora una volta la prospettiva funzionale, tuttavia, si può notare come il quadro cambi notevolmente. L’interrogativo principale, infatti, diventerebbe non tanto chi abbia prodotto originariamente il software o il veicolo, bensì chi eserciti nei confronti di esso un certo ruolo di controllo e di influenza al momento del sinistro. Detto in altri termini, la figura che viene maggiormente in rilievo, in questo caso, non sembra essere il produttore in quanto tale, bensì colui che esercita una forma di controllo sulla condotta del software, anche indirettamente, e in particolare attraverso un’azione di monitoraggio della corretta funzionalità del sistema, onde intervenire sugli eventuali errori o difetti di programmazione. In un certo senso, ciò che viene in considerazione in questo caso è ancora una volta un rapporto assimilabile a quello di “preposizione”, il quale si estrinseca in poteri e doveri di controllo e indirizzo, oltre a corrispondere a una posizione di interesse nei confronti dell’attività del software. Peraltro, occorre fare chiarezza sulla figura di tale soggetto responsabile. Si può osservare come sia ormai estremamente comune, per quanto riguarda i beni incorporanti software interconnessi, una continua attività di aggiornamento e miglioria dei programmi [continua ..]


7.3. La responsabilità del (co-)conducente umano e dell’utilizzatore del veicolo

Occorre ora esaminare il complesso rapporto tra il conducente o utilizzatore umano, da un lato, e il sistema di guida automatico, dall’altro. Anche in questo caso, in base alla prospettiva funzionale e intenzionale, l’umano risulterebbe qualificabile come un “preponente” del sistema di guida, e perciò risponderebbe dei danni cagionati dal software ex art. 2049 c.c. [120]. Tuttavia, occorrerebbe anche valutare se egli assuma al medesimo tempo anche la funzione di co-conducente, e quindi possa rispondere ex art. 2054, c. 1, c.c. [121]. Un primo chiarimento può essere agevolmente fornito con riguardo al caso della guida totalmente automatizzata, in cui non vi siano doveri di supervisione: in questo caso, come si è visto, l’utilizzatore del veicolo non sarebbe qualificabile come conducente, perché non svolgerebbe alcuna delle funzioni di conduzione dinamica (DDT). Da ciò deriva la non condivisibilità della tesi, secondo cui il conducente debba continuare a essere identificato con il passeggero che ha il potere di attivare o disattivare il veicolo: la sua estraneità alle operazioni dinamiche di guida, infatti, pone immediatamente in evidenza come un tale approccio si fondi, sostanzialmente, su una mera finzione giuridica, volta a imputare oggettivamente a tale soggetto delle azioni che lui non ha compiuto. Peraltro, un simile percorso argomentativo potrebbe scontrarsi col fatto che egli possa (salvo, anche in questo caso, il ricorso a ulteriori finzioni giuridiche) dimostrare agevolmente che non avrebbe potuto fare niente per evitare il danno, non avendo egli il controllo diretto del mezzo. Sarebbe, quindi, preferibile identificare il sistema di guida come l’unico conducente del veicolo completamente automatizzato, le cui azioni diventano l’esclusivo riferimento comportamentale cui applicare la valutazione normativa della condotta di guida ai sensi dell’art. 2054 c.c., secondo la prospettiva funzionale. Quanto ai casi di co-conduzione umana e cibernetica, ciò che viene in rilievo è un’attività sostanzialmente sinergica e complessa, in cui l’umano e il software controllano il veicolo contemporaneamente e in misura inversamente proporzionale l’uno rispetto all’altro [122]. Da evidenziare, comunque, come in questo caso il ruolo del co-conducente umano non si limiti all’esecuzione di quelle funzioni [continua ..]


7.4. La responsabilità della “smart road”: cenni

Una delle caratteristiche peculiari e innovative dei veicoli dotati di sistemi avanzati di automatizzazione è data dall’interconnessione, ossia della possibilità di scambiare informazioni con gli altri veicoli (comunicazione veicolo-veicolo, indicata con la sigla V2V) e con le infrastrutture ad essi dedicate (comunicazione veicolo-infrastruttura, indicata con la sigla V2I), ossia le “smart road” [125]. A livello terminologico, per sottolineare questa particolare dimensione della futura mobilità, si usano i concetti di Veicoli Connessi e Autonomi (“Connected and Autonomous Veichles” – CAV) e di Sistemi di Trasporto Cooperativi Intelligenti (“Cooperative Intelligent Transport Systems” – C-ITS) [126]. Il profilo dell’interconnessione rende necessario riflettere, dunque, anche sulla posizione giuridica del gestore dell’infrastruttura. a livello di ipotesi sembrerebbe dirimente, ancora una volta, esaminare il rapporto tra questo ulteriore soggetto e il software, onde comprendere se vi sia un nesso qualificabile come “preposizione”, nei termini descritti supra. Occorrerebbe, in buona sostanza, verificare le caratteristiche concrete del servizio di mobilità smart [127], ovvero se esso si limiti alla fornitura di dati e informazioni, oppure si estrinsechi in una forma di (co-)controllo sui veicoli, mediante istruzioni “cogenti” impartite ai software di bordo. Solo in quest’ultimo caso sembrerebbe possibile affermare la sussistenza di una posizione di responsabilità nei confronti dei danneggiati dalla circolazione dei veicoli automatizzati, nelle forme già viste [128].


8. Scelte etiche dei software e responsabilità giuridica

Un ultimo profilo relativo alla responsabilità per i danni cagionati dai software, e oggetto di molteplici analisi e preoccupazioni in dottrina, è rappresentato dal problema delle scelte etiche che stanno dietro alle azioni del software. Ci si interroga su come debba agire un sistema di guida che si trovi dinanzi a potenziali sinistri inevitabili, e che si trovi dunque costretto a decidere in merito a quali interessi sacrificare e quali, al contrario, salvare. Il caso tipico è offerto dall’esperimento mentale del c.d. “trolley problem” (letteralmente, il “dilemma del carrello”): un carrello ferroviario si trova dinanzi a un bivio senza poter frenare, e il conducente (o, in altre versioni dell’esperimento, un uomo posto ai comandi di un selettore di direzione) si accorge che in entrambi i binari sono legate delle persone, in numero differente (ad esempio, una persona sola in un binario, e cinque persone nell’altro). Il protagonista, dunque, si trova inevitabilmente a dover scegliere chi sacrificare. Analogamente, ci si chiede allora come debba essere impostato il sistema di guida in situazioni di questo tipo, posto che il software è in grado di calcolare gli eventi e assumere decisioni in tempi estremamente rapidi. In altri termini, ci si interroga su quali scelte etiche debbano essere incorporate nel software e a quali responsabilità possa portare un’impostazione eticamente riprovevole [129]. Il problema, in realtà, seppur interessante dal punto di vista etico e filosofico, sembra assai meno rilevante dal punto di vista giuridico, come osservato condivisibilmente da alcuni Autori [130]: il sacrificio di un determinato interesse a favore di un altro, proprio o altrui, nel nostro ordinamento è sostanzialmente disciplinato in due ipotesi, e cioè la legittima difesa e lo stato di necessità, e in entrambi i casi la responsabilità è esclusa. Quando si tratti di scegliere quale interesse sacrificare, dunque, l’agente potrà senz’altro assumere la decisione che ritenga eticamente più corretta, senza peraltro che questa risulti illecita sul piano giuridico. Salvare sé stessi sacrificando altri, o salvare qualcuno sacrificando un terzo, infatti, sono tutte scelte giuridicamente neutre (salvo l’ipotesi in cui si sia colposamente dato origine alla situazione di pericolo). Anche con specifico [continua ..]


9. La tutela dei danneggiati, l’accountability e la ripartizione “interna” della responsabilità

Il quadro appena delineato, ricostruito dal punto di vista dei singoli soggetti chiamati a rispondere dei danni cagionati dai sistemi automatici di guida, può essere ora osservato dal punto di vista del danneggiato, nonché nei rapporti interni tra i soggetti responsabili. Di immediata evidenza è come, secondo la prospettiva adottata, il danneggiato goda di una tutela ampia e agevole. Coerentemente con quanto già avviene in qualsiasi sinistro stradale, egli avrà sostanzialmente l’onere di dimostrare l’esistenza del danno e il nesso causale con la circolazione del veicolo, ricadendo sulle controparti l’onere di dimostrare che, nella conduzione del veicolo, sia stato fatto tutto il possibile (dal conducente, sia esso umano o software) per evitare l’evento dannoso. Nei casi di guida automatizzata, ciò significa immedesimarsi nella condotta del software di guida e dimostrare che, se un umano si fosse comportato allo stesso modo, quest’ultimo sarebbe andato esente da responsabilità (i.e. fornendo la prova liberatoria ex art. 2054, c. 1, c.c.). Nell’individuazione dei soggetti danneggiati, un profilo peculiare e innovativo della guida automatizzata consiste nel fatto che anche gli stessi co-conducenti umani o utilizzatori possano subire danni dalla condotta dei software [134]. Ciò può dare luogo a situazioni complesse, nelle quali si renda innanzitutto necessario valutare il distinto contributo causale e il grado della colpa, con riguardo sia alla condotta umana, sia a quella cibernetica; inoltre, occorrerà anche valutare il ruolo dell’utilizzatore con riguardo agli altri “preponenti”, per comprendere quale percentuale di danno (cagionato dal software) debba essergli imputata. Anche in questo caso, l’adozione di una prospettiva di tipo causalista comporterebbe serie difficoltà interpretative e rischierebbe di dare esito a soluzioni fortemente eterogenee e sbilanciate. In un’ottica tradizionale, infatti, posto che il software di guida non potrebbe essere considerato come conducente, le alternative sarebbero sostanzialmente due: o si ritiene che l’utilizzatore debba essere comunque qualificato come conducente, per il solo fatto di aver azionato il veicolo (in base a quella che supra è stata definita come una finzione giuridica), oppure lo si equipara a un mero passeggero di un veicolo privo di [continua ..]


9. La tutela dei danneggiati, l’accountability e la ripartizione “interna” della responsabilità

 Il quadro appena delineato, ricostruito dal punto di vista dei singoli soggetti chiamati a rispondere dei danni cagionati dai sistemi automatici di guida, può essere ora osservato dal punto di vista del danneggiato, nonché nei rapporti interni tra i soggetti responsabili. Di immediata evidenza è come, secondo la prospettiva adottata, il danneggiato goda di una tutela ampia e agevole. Coerentemente con quanto già avviene in qualsiasi sinistro stradale, egli avrà sostanzialmente l’onere di dimostrare l’esistenza del danno e il nesso causale con la circolazione del veicolo, ricadendo sulle controparti l’onere di dimostrare che, nella conduzione del veicolo, sia stato fatto tutto il possibile (dal conducente, sia esso umano o software) per evitare l’evento dannoso. Nei casi di guida automatizzata, ciò significa immedesimarsi nella condotta del software di guida e dimostrare che, se un umano si fosse comportato allo stesso modo, quest’ultimo sarebbe andato esente da responsabilità (i.e. fornendo la prova liberatoria ex art. 2054, c. 1, c.c.). Nell’individuazione dei soggetti danneggiati, un profilo peculiare e innovativo della guida automatizzata consiste nel fatto che anche gli stessi co-conducenti umani o utilizzatori possano subire danni dalla condotta dei software [134]. Ciò può dare luogo a situazioni complesse, nelle quali si renda innanzitutto necessario valutare il distinto contributo causale e il grado della colpa, con riguardo sia alla condotta umana, sia a quella cibernetica; inoltre, occorrerà anche valutare il ruolo dell’utilizzatore con riguardo agli altri “preponenti”, per comprendere quale percentuale di danno (cagionato dal software) debba essergli imputata. Anche in questo caso, l’adozione di una prospettiva di tipo causalista comporterebbe serie difficoltà interpretative e rischierebbe di dare esito a soluzioni fortemente eterogenee e sbilanciate. In un’ottica tradizionale, infatti, posto che il software di guida non potrebbe essere considerato come conducente, le alternative sarebbero sostanzialmente due: o si ritiene che l’utilizzatore debba essere comunque qualificato come conducente, per il solo fatto di aver azionato il veicolo (in base a quella che supra è stata definita come una finzione giuridica), oppure lo si equipara a un mero passeggero di un veicolo privo [continua ..]


10. Conclusioni

Con la riflessione che ci si accinge a concludere si è tentato di esaminare e affrontare le problematiche sollevate dai veicoli a guida automatizzata, procedendo dapprima a ricostruire le caratteristiche tecnologiche per poi valutarne la specifica rilevanza giuridica. Si è così potuto osservare come il rapporto tra l’uomo e la macchina rappresenti un filo rosso capace di guidare nell’interpretazione e nella qualificazione giuridica dei fenomeni cibernetici, ove i sistemi informatici complessi sono in grado di riprodurre i comportamenti umani mediante una sfera di autonomia sempre più ampia e incisiva. Al fine di fornire una adeguata mediazione giuridica ai problemi della responsabilità civile, oggetto specifico della presente trattazione, è stata proposta e valutata, alla luce degli interessi coinvolti e delle implicazioni pratiche, una prospettiva di tipo intenzionale e funzionale, o cibernetica, in base alla quale il software cessa di essere un mero strumento passivo, per assumere invece il ruolo di ausiliario e sostituto degli umani. La bussola che si è cercato di utilizzare per valutare l’idoneità di una tale prospettiva è stata calibrata in ragione dell’interpretazione sistematica delle norme vigenti e dell’individuazione degli interessi coinvolti e meritevoli di tutela: si è così proceduto a soppesare le posizioni coinvolte e a salvaguardare in primis la posizione del danneggiato, senza però sacrificare le sfere di interessi dei soggetti coinvolti a vario titolo nell’utilizzo e nella realizzazione dei sistemi automatici di guida [143]. Il risultato è stato quello di valorizzare la portata interpretativa delle disposizioni vigenti, senza dar luogo a vuoti di tutela o lacune normative – le quali, invece, tendono a emergere qualora si adotti una prospettiva tradizionale, di tipo causalista e strumentale, sulla rilevanza giuridica dei software complessi – e realizzando così un equilibrato bilanciamento delle differenti posizioni giuridiche. A ciò si aggiungono, peraltro, il valore sistematico e l’efficacia pratica della continuità nel regime giuridico applicabile alla circolazione di veicoli manuali ed automatizzati, senza dunque creare condizioni di discontinuità nel dato normativo [144].


NOTE
Fascicolo 2 - 2024