Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La sequenza preliminare-definitivo nel prisma dell'azione revocatoria (di Elena Guardigli, Assegnista di ricerca – Università degli Studi di Bologna)


Il saggio si sofferma sul problema della tutela dei creditori al cospetto della sequenza contratto preliminare-contratto definitivo (con speciale riguardo ai trasferimenti immobiliari). In particolare, nel dialogo critico con gli orientamenti della giurisprudenza, si evidenzia come il contratto preliminare, nonostante produca solo effetti obbligatori e non stricto sensu dispositivi, possieda autonoma rilevanza lesiva del credito e sia perciò assoggettabile a revocatoria. Con le eccezioni illustrate e ferma la revocabilità dell’intera operazione economica, si nega che, generalmente, i creditori possano impugnare autonomamente il contratto definitivo, rappresentando il medesimo attuazione dell’obbligo a contrarre assunto con il preliminare.

The sequence preliminary contract-final agreement in the perspective of actio pauliana

The essay focuses on the problem of the protection of creditors in respect of the sequence preliminary contract-final agreement (especially with regard to real estate purchase transactions). In particular, critically analysing the relevant case-law, the article highlights how the preliminary contract, although it creates only obligations and not stricto sensu disposes of parties’ rights, could be in itself detrimental to creditors and is therefore subject to actio pauliana. With the exceptions outlined and while the economic transaction could be challenged by creditors as a whole, it is denied that they may generally challenge the final contract only, since it implements the obligation undertaken with the preliminary agreement.

COMMENTO

Sommario:

1. L’azione revocatoria al cospetto della sequenza preliminare-definitivo: lo stato della giurisprudenza e la necessità di una rivisitazione critica del problema - 2. La sequenza “incompleta”: l’autonoma lesività del contratto preliminare non seguito dal definitivo - 3. L’operazione traslativa completata in via negoziale: l’irrevocabilità del contratto definitivo in quanto atto solutorio necessitato - 4. Revocatoria concorsuale e sequenza preliminare-definitivo - 5. L’operazione traslativa ultimata in via giudiziale: l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre e l’oggetto della revocatoria - 6. Il momento di apprezzamento degli stati soggettivi rilevanti ai fini della revocatoria - 7. Note finali: il definitivo difforme, il preliminare occultato e la persistenza dell’eventus damni - 8. A mò di conclusione - NOTE


1. L’azione revocatoria al cospetto della sequenza preliminare-definitivo: lo stato della giurisprudenza e la necessità di una rivisitazione critica del problema

La scissione dell’operazione traslativa che il ricorso alla sequenza preliminare [1] – definitivo realizza solleva una serie di delicati problemi in relazione alla posizione dei creditori, i quali possono andare incontro a quel pregiudizio alla garanzia patrimoniale generica di cui fa parola l’art. 2901 cod. civ. La riprova che il coordinamento tra tutela dei creditori, tramite l’azione revocatoria, e trasferimento della proprietà [2], mediato dalla conclusione di un contratto preliminare, presenta peculiari profili di complessità si trae dall’esame della giurisprudenza in materia. La presente indagine può utilmente prendere le mosse proprio dal dato giurisprudenziale, in quanto il lavoro delle Corti consente non solo di percepire l’importanza pratica del problema, bensì pure di evidenziarne i tratti salienti. Osservando in chiave diacronica la giurisprudenza della Corte di legittimità sul tema, si può constatare come sia avvenuto un significativo mutamento di posizione in relazione al possibile oggetto dell’azione revocatoria al cospetto della sequenza che prende avvio con il contratto preliminare e si conclude con quello definitivo. Invero, fino agli albori del nuovo millennio l’orientamento invalso in Cassazione (senza prendere posizione sulla autonoma revocabilità del preliminare) era nel senso di ritenere non soggetti ad azione revocatoria i contratti conclusi in esecuzione di un preliminare, salva la prova che quest’ultimo fosse stato stipulato con “frode”. L’esclusione dall’orbita della revocatoria veniva argomentata a partire dal carattere giuridicamente “dovuto” della conclusione del definitivo, dunque dall’operare dell’eccezione compendiata nel comma terzo dell’art. 2901 cod. civ. Coerentemente con l’idea che la conclusione del contratto preliminare segna la consumazione dei margini entro i quali può esplicarsi l’autonomia privata del debitore, la giurisprudenza più antica riteneva che l’indagine circa l’elemento soggettivo in capo al debitore e al terzo, rilevante per l’accoglimento della revocatoria, ove ammissibile, dovesse concentrarsi con riferimento a quel momento e non già a quello di conclusione del definitivo [3]. A partire dai primi anni del duemila, di contro, la Suprema Corte ha consolidato un differente indirizzo [continua ..]


2. La sequenza “incompleta”: l’autonoma lesività del contratto preliminare non seguito dal definitivo

La specificazione, operata dall’art. 2901 cod. civ., giusta la quale suscettibili di impugnazione mediante l’azione revocatoria sono gli «atti di disposizione del patrimonio», ha imposto agli interpreti di riflettere in quale rapporto una siffatta locuzione si collochi rispetto alle note sistemazioni concettuali del diritto civile. Secondo accreditate ricostruzioni dottrinali, infatti, il concetto di “disposizione” di diritti, segnatamente patrimoniali, abbraccia tutti gli atti che ne importano la perdita (si pensi ai negozi di rinuncia, sia essa traslativa o puramente abdicativa) o una limitazione (ad esempio la costituzione di diritti reali minori), così come quelli che producono un effetto di destinazione (inter vivos o mortis causa) [6]. Ne rimarrebbero esclusi – giusta una dicotomia che si ritrova espressa altrove nel codice (ad esempio, in materia di donazione, nell’art. 769 cod. civ.) – i negozi o comunque gli atti idonei a produrre effetti soltanto obbligatori [7]. Parte della dottrina ha fatto leva, valorizzandola, sulla predetta contrapposizione, tra atti dispositivi e atti (meramente) obbligatori, in sede di interpretazione della disposizione dell’art. 2901 cod. civ., per limitare il campo di applicazione dell’istituto in esame ai primi, sulla scorta del rilievo che solo l’adempimento e non già la costituzione del rapporto obbligatorio sarebbe idoneo a realizzare una diminuzione patrimoniale rilevante nell’ottica della conservazione della garanzia patrimoniale [8]. Per contro, nei contributi più recenti in materia di pauliana, si suggerisce di leggere in chiave estensiva la nozione di disposizione del patrimonio impiegata nell’articolo citato, al fine di includervi anche gli atti con cui il debitore assume (solo) obbligazioni. Ciò per la ragione che le stesse rappresentano un “peso” sul suo patrimonio, una “disposizione” di esso concretantesi in un aumento del passivo, il quale può essere idoneo a rendere incapiente la garanzia generica su cui i creditori potevano fare affidamento [9]. Una conferma della correttezza di tale tesi viene da taluno desunta dall’assoggettabilità a revocatoria degli atti costitutivi di garanzie (art. 2901, comma 2, cod. civ.), tra le quali devono ricomprendersi anche quelle personali, che hanno effetto meramente obbligatorio [10]. E non [continua ..]


3. L’operazione traslativa completata in via negoziale: l’irrevocabilità del contratto definitivo in quanto atto solutorio necessitato

Dalle considerazioni appena svolte circa la revocabilità del preliminare emerge, anche per quanto riguarda i peculiari profili di lesività connessi alla sua trascrizione, che il pregiudizio ai creditori si apprezza nella prospettiva del fallimento oppure del completamento della sequenza negoziale cui lo stesso preliminare dà avvio. Ed è con riguardo a questa seconda eventualità che si pone l’alternativa tra un’impugnazione pure del definitivo ovvero di quest’ultimo atto soltanto. Invero, sotto il profilo oggettivo, l’ammissibilità di un’azione revocatoria dell’atto che rappresenta esecuzione del contratto preliminare deve passare attraverso il vaglio dell’eccezione compendiata nel comma terzo dell’art. 2901 cod. civ. La questione richiede senz’altro approfondimento, sia sul versante dell’actio pauliana, sia su quello dell’oggetto di questa, ossia il contratto preliminare, nei suoi rapporti con il c.d. definitivo. Com’è noto, una delle più autorevoli e accreditate spiegazioni dell’esenzione da revocatoria ordinaria contenuta nell’art. 2901, comma 3, cod. civ., pone in luce come la stessa si fondi sul carattere necessitato, dovuto, dell’atto di adempimento, a prescindere dalla sua discussa natura (negoziale oppure no) [26]. Non si tratta, peraltro, dell’unica spiegazione possibile: tale adempimento, si è sostenuto, «eliminando contemporaneamente una posta attiva ed una pari posta passiva del patrimonio del debitore, potrebbe essere considerato pregiudizievole solo nel senso che lede la par condicio creditorum», principio che non trova però cittadinanza nel campo dell’insolvenza civile [27]. Volendo assecondare quest’ultimo modo di pensare, si potrebbe però far rilevare come sia dubbia la neutralità (ossia l’essere un gioco a somma zero) della scelta del debitore. La “trasformazione” di un cespite facilmente aggredibile, qual è un immobile, in denaro, le cui caratteristiche intrinseche ne decretano facile dispersione ed occultabilità, determina una sostanziale alterazione negativa del patrimonio del debitore (sempreché, beninteso, non ne risulti con certezza la capienza) [28]. Ragion per cui, dal punto di osservazione degli altri creditori (altri rispetto al promissario acquirente), la scelta del [continua ..]


4. Revocatoria concorsuale e sequenza preliminare-definitivo

La tesi qui sostenuta non si risolve in una critica all’orientamento giurisprudenziale alla cui stregua, nell’ambito della revocatoria nascente dal fallimento (oggi liquidazione giudiziale), in caso di compravendita stipulata in adempimento di contratto preliminare, l’accertamento dei relativi presupposti va compiuto con riferimento al momento del contratto definitivo, in quanto «l’art. 67 legge fall. ricollega la consapevolezza dell’insolvenza al momento in cui il bene, uscendo dal patrimonio, viene sottratto alla garanzia dei creditori, rendendo irrilevante lo stato soggettivo con cui è assunta l’obbligazione, di cui l’atto finale comporta esecuzione, salvo che ne sia provato il carattere fraudolento». Affermazione, cui si accompagna quella per cui «qualora nel momento fissato per la stipulazione del contratto definitivo sussista pericolo di revoca dell’acquisto per la sopravvenuta insolvenza del promittente venditore, il promissario acquirente ha la facoltà di non addivenire alla stipulazione, invocando la tutela dell’art. 1461 c.c.» [65]. Proprio tenendo presente che il problema va impostato a partire dall’ambito di operatività dell’esenzione codicistica non si può che condividere appieno la regola di diritto appena ricordata. Invero, com’è noto, la revocatoria di matrice concorsuale può essere rivolta dalla curatela non solo contro i negozi aventi ad oggetto l’assunzione di obbligazioni, bensì, pure, nei confronti dei “pagamenti” (v. art. 67 ss. l. fall. e, oggi. art. 166 ss. CCII), quantunque relativi a debiti scaduti, salvo l’operare delle esenzioni introdotte nel tessuto del diritto fallimentare nel 2005 [66]. L’assoggettamento anche dei predetti pagamenti all’azione revocatoria concorsuale si giustifica, in particolar modo nel quadro della preponderante concezione distributiva dell’istituto [67], alla luce dell’esigenza di garantire, seppur tendenzialmente e con significative eccezioni, la par condicio creditorum [68] (esigenza che, per contro, come si è detto, non è rilevante, per sé, fuori dalla logica concorsuale). Da tale disciplina si ricava che il contraente in bonis non è protetto contro il rischio che l’atto di adempimento del contratto preliminare, ossia il contratto definitivo, venga [continua ..]


5. L’operazione traslativa ultimata in via giudiziale: l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre e l’oggetto della revocatoria

Prima di volgere l’attenzione ai profili soggettivi, occorre considerare la non infrequente ipotesi in cui il completamento della sequenza preliminare-definitivo avvenga, non attraverso la spontanea esecuzione del programma negoziale, bensì mediante il ricorso all’autorità giudiziaria, alla stregua del rimedio compendiato nell’art. 2932 cod. civ., volto a supplire all’assenza di cooperazione della controparte contrattuale. La circostanza che il trasferimento sia operato ope iudicis, attraverso una sentenza la quale, secondo l’opi­nione maggioritaria, ha natura costitutiva, si presta ad incidere sul regime di tutela dei creditori. Invero, l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 cod. civ., giusta l’orientamento che sembra prevalere presso la Corte di legittimità, non sarebbe esperibile da parte del creditore del promittente venditore, avverso le sentenze emesse, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., nei confronti del debitore, quantunque sulla base di un preliminare stipulato preordinatamente o scientemente in suo danno, essendo il creditore medesimo, come ogni altro terzo, soggetto all’efficacia della sentenza. Il creditore sarebbe nondimeno legittimato a svolgere, in base all’orientamento in parola, intervento adesivo autonomo nel giudizio instaurato in vista dell’adempimento coattivo degli impegni assunti nel preliminare, al fine di paralizzare, nei propri confronti, gli effetti depauperativi dell’emananda pronuncia; ovvero, in mancanza di detto intervento, ad esperire l’opposizione di terzo ex art. 404, comma 2, c.p.c., per rimuovere l’efficacia della sentenza nei suoi confronti [72]. La dottrina prevalente si mostra critica verso la soluzione elaborata dalla giurisprudenza. Si rileva, infatti, che la revocatoria incide non sul piano dell’atto che ha prodotto il trasferimento, che in tal caso è un provvedimento giudiziale, bensì sul distinto piano del rapporto sostanziale, concernente la vicenda traslativa, il quale rimane identico a prescindere dal meccanismo di completamento del programma negoziale originariamente fissato nel preliminare [73]. A conforto della posizione della dottrina, ora richiamata, si può osservare che l’individuazione dell’og­get­to dell’iniziativa del creditore, leso dalla pronuncia ex art. 2932 cod. civ., nel rapporto giuridico originato da tale [continua ..]


6. Il momento di apprezzamento degli stati soggettivi rilevanti ai fini della revocatoria

La possibilità, da guardarsi altresì alla stregua di un onere, di impugnare il contratto preliminare (salvo quanto si dirà nel prossimo paragrafo) appare coerente, come già in precedenza sottolineato, con l’idea, accolta in seno all’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità da cui il presente scritto ha preso le mosse, che è il perfezionamento del preliminare il momento a cui guardare ai fini della valutazione dello stato soggettivo delle parti. Aspetto sul quale occorre ora porre l’attenzione, sulla scorta delle riflessioni condotte in precedenza sull’oggettiva revocabilità dei segmenti della sequenza preliminare-definitivo. Per vero, nell’abbandonare la propria più antica posizione, giusta la quale il definitivo non può essere revocato autonomamente, la Corte di Cassazione aveva in un primo tempo affermato che tutti i presupposti soggettivi devono essere accertati con esclusivo riguardo al momento della stipula del definitivo, giusta l’assunto che il preliminare, privo del carattere “dispositivo” richiesto dall’art. 2901 cod. civ., sarebbe inidoneo a provocare pregiudizio ai creditori [78]. Senonché, nella pronuncia che appare sul punto più approfondita, resa pochi anni dopo, si è precisato (ma a ben vedere si è trattato di un vero e proprio revirement passato sotto silenzio [79]) che una siffatta soluzione avrebbe sacrificato l’esigenza di tutelare la posizione del terzo di buona fede al momento dell’assunzione dell’impegno di contrarre. In particolare, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che occorre «garantire l’operatività della tutela revocatoria solo in quanto essa sia in grado di rispettare la tutela dell’affidamento del terzo nella possibilità di obbligarsi con la stipulazione di un contratto cui ha interesse» [80]. Il richiamo alla tutela dell’affidamento del terzo contraente sulla situazione esistente al momento in cui «le parti consumano la propria libertà di scelta» [81], onde porre un limite alla revocabilità in via autonoma del contratto definitivo, presenta taluni profili problematici. In particolare, non è chiaro quale sia l’oggetto di siffatto affidamento. Si può ipotizzare che esso investa la conclusione del definitivo o, [continua ..]


7. Note finali: il definitivo difforme, il preliminare occultato e la persistenza dell’eventus damni

Questa stessa corrispondenza, ossia l’essere il definitivo la realizzazione dell’operazione economica avviata con il preliminare, segna, tuttavia, anche il limite della tutela del terzo contraente. Le parti, infatti, possono liberamente decidere, oltre che di risolvere il contratto preliminare, anche semplicemente di discostarsi dalle sue previsioni, modificandone in varia misura i contenuti, e dando così luogo ad un nuovo ed effettivo esercizio di autonomia [86]. L’aspetto rilevante di questo fenomeno nella prospettiva dell’azione revocatoria attiene alla inconciliabilità tra modifiche liberamente accettate dal terzo all’assetto di interessi divisato nel preliminare ed esenzione ex art. 2901, comma 3, cod. civ. La rinnovata valutazione sui contenuti dell’operazione economica, quando compiuta nella consapevolezza dei suoi effetti pregiudizievoli per la garanzia patrimoniale su cui i creditori dell’altro contraente facciano affidamento, osta a ritenere che il definitivo sia atto dovuto, frutto di una già consumata libertà negoziale. Non si tratta, beninteso, dell’ipotesi in cui i contraenti si limitino ad adattare il definitivo a sopravvenienze che incidono oggettivamente sul contenuto dello scambio: si pensi, esemplificativamente, ad una riduzione del prezzo di vendita fondato sul sopravvenire (o sull’accertamento) di un vizio di cui il promittente venditore è tenuto a “rispondere” o, ancora, al verificarsi di un perimento parziale del bene promesso, di modo che lo scambio non possa che attuarsi per la parte residua. Le variazioni quantitative o qualitative della cosa promessa che corrispondono a effetti legali o al contenuto di rimedi a disposizione del terzo (tale nella prospettiva della revocatoria) non alterano la funzione (anche) solutoria dell’impegno assunto con il preliminare. Per contro, ogniqualvolta le modificazioni del contenuto del rapporto siano espressione di ripensamenti e/o di adeguamenti frutto di autonoma discrezionalità, appare indiscutibile, nella logica dell’art. 2901, comma 3, che il terzo che le pattuisce si esponga al “rischio” della revocatoria. Per premunirsi contro tale eventualità, sul medesimo incombe l’onere di accertamento preventivo, se del caso pretendendo garanzie di adempimento aggiuntive o in alternativa, semplicemente, rifiutando di addivenire a tali [continua ..]


8. A mò di conclusione

Tirando le fila del discorso sin qui svolto, sembra possibile affermare che, in termini generali, il contratto preliminare sia autonomamente revocabile; anzi, che la sua impugnazione mediante l’actio pauliana costituisca per i creditori un autentico onere, se desiderano conservare integre le aspettative di soddisfazione dei loro crediti, tanto nella ipotesi in quella in cui lo stesso rimanga inadempiuto, quanto in quella in cui ad esso facciano seguito il definitivo ovvero una sentenza ex art. 2932 cod. civ. Invero, l’adempimento (una volta scaduto il relativo termine) del preliminare mediante la stipulazione del definitivo, ovvero anche attraverso la domanda e, quindi, la sentenza ex art. 2932 cod. civ., nella misura in cui si limitano a realizzare, pur recependo eventuali sopravvenienze (ad es., introducendo le variazioni di prezzo conseguenti alla scoperta di vizi nella cosa), il diritto delle parti all’acquisto del bene promesso in vendita, non appare impugnabile, ostandovi l’eccezione compendiata nel terzo comma dell’art. 2901 cod. civ. Pertanto, solo dimostrando la sussistenza di tutti i presupposti per la declaratoria d’inefficacia del contratto preliminare, con particolare riferimento all’eventus ed alla scientia damni, al momento della sua conclusione, i medesimi creditori potranno soddisfarsi esecutivamente sull’immobile promesso in vendita e trasferito, ex contractu od ope iudicis, impugnando tanto il negozio costitutivo dell’obbligazione di contrarre, quanto il suo adempimento. L’unitarietà del­l’operazione economica, che pur si articola nella sequenza preliminare-definitivo, impone di valutare la posizione del terzo contraente revocando, come del resto ammette la giurisprudenza di legittimità più recente, al momento del suo concepimento e non del suo completamento. Restano, coerentemente, al di fuori della regola appena ricostruita tutte le ipotesi in cui i termini di quella stessa operazione vengano mutati, in virtù di un deliberato accordo tra debitore e terzo. Si tratta, come si è osservato, dei casi in cui il contratto definitivo compendi un regolamento contrattuale differente, sotto i più svariati profili (dell’oggetto, dei termini di pagamento, ecc.). Analogamente, la stipulazione del contratto definitivo intervenuta prima della scadenza del termine previsto dalle parti non può essere osservata alla stregua di un [continua ..]


NOTE