Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Circonvenzione di incapace per testamento: quale invalidità? (di Chiara Sartoris, Assegnista di Diritto privato – Università degli Studi di Firenze)


Il saggio indaga il dibattuto problema delle conseguenze civilistiche del reato di circonvenzione di incapace rispetto al testamento. La difficoltà di individuare il rimedio invocabile dipende non solo dalla scarna disciplina codicistica in tema di invalidità del testamento, ma anche dalla esistenza di molteplici orientamenti interpretativi. Dopo aver analizzato i criteri elaborati dalla giurisprudenza rispetto alle conseguenze del reato sul contratto, il saggio approfondirà le caratteristiche del reato in esame e l'interesse tutelato al fine di chiarire la sorte del testamento. Con l'obiettivo di dimostrare che il rimedio invocabile sia l'annullabilità del testamento redatto dall'incapace circonvenuto.

Circumvention of mentally incapacitated by-means of a will: what is the invalidity?

The essay examines the debated issue of the civil law consequences deriving from the circumvention of mentally incapacitated to a will. The problematic determination of the remedy to apply is due to not only the limited discipline provided by the civil code on matter of invalidity of a will, but also to the existence of several different lines of interpretation. After having analysed the case-law criterion regarding the consequences of crimes for contracts, the essay explores the elements of the crime under exam and the protected interest in order to clarify the destiny of the will. The purpose is to show that the remedy to apply is the annulment of the will drafted by the mentally incapacitated victim of the crime of circumvention.

SOMMARIO:

1. Reato di circonvenzione di incapace e testamento: il problema rimediale - 2. Norma penale e negozio: un rapporto dibattuto - 2.1. Il difficile inquadramento delle conseguenze civilistiche del reato di circonvenzione di incapace - 3. Il testatore incapace alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali - 4. Reato e testamento: spunti di riflessione - NOTE


1. Reato di circonvenzione di incapace e testamento: il problema rimediale

Non vi è dubbio che il soggetto incapace meriti particolare protezione non solo in sede contrattuale, ma anche in occasione della redazione del testamento. Meno chiaro, tuttavia, è il rimedio invocabile nel caso in cui i soggetti interessati riescano a dimostrare che il testamento sia stato redatto da incapace vittima del reato di circonvenzione (art. 643 c.p.). Il riferimento è ai casi, spesso assurti agli onori delle cronache per la loro particolare riprovevolezza, in cui persone incapaci, solitamente anziane, cadono vittime di una condotta induttiva diretta a far compiere un atto produttivo di effetti giuridici dannosi. Il fatto tipico, invero, si concretizza mediante l’abuso della condizione di vulnerabilità del soggetto passivo, funzionale al conseguimento di un profitto a favore dello stesso autore del reato o di terzi (reato di dolo) [1]. Come si anticipava, se certa è la possibilità che la fattispecie incriminatrice in esame possa intrecciarsi con la vicenda successoria di un soggetto incapace, meno chiare sono le conseguenze civilistiche del suo accertamento. La difficoltà di individuare il rimedio invocabile nasce non solo dalla scarna disciplina codicistica in tema di invalidità testamentaria, ma anche dall’assenza di orientamenti interpretativi univoci. Il problema è poi ulteriormente aggravato dalla pluralità di soluzioni elaborate da dottrina e giurisprudenza anche rispetto alla diversa, ma affine, questione del contratto frutto del reato di circonvenzione di incapace [2]. Benché il tema delle conseguenze civilistiche di un illecito penale negli anni sia stato maggiormente vagliato proprio nella materia contrattuale – con la elaborazione del noto criterio discretivo tra reato-contratto e reato-in contratto [3] – numerosi sono ancora i dubbi interpretativi che riguardano lo specifico rapporto tra contratto e reato di circonvenzione di incapace. Quest’ultimo, invero, per la particolare gravità della condotta e l’im­portanza del bene giuridico tutelato, sembra mettere in crisi, come si vedrà, proprio l’operatività del predetto criterio discretivo. Se, per un verso, il disvalore, appuntandosi sul comportamento precedente alla stipulazione del contratto, sembra determinare una ipotesi di annullabilità; per altro verso, non manca chi invoca la nullità virtuale ex art. 1418, [continua ..]


2. Norma penale e negozio: un rapporto dibattuto

L’apparente distanza concettuale tra diritto civile e diritto penale sembra assottigliarsi e trovare un punto di contatto ogniqualvolta ci si interroghi sul trattamento da riservare al contratto contrario a una norma penale. Ben può accadere, infatti, che l’esercizio della libertà negoziale non sia conforme alla norma incriminatrice e tanto si ripercuote non solo sulla rilevanza penale della condotta, ma anche sulla validità del contratto. Ebbene, comprendere i rapporti tra norma penale e negozio significa andare al cuore di una delle questioni interpretative più complesse della disciplina codicistica: la definizione del concetto di norma imperativa e il suo legame con il contratto, o meglio, con la nullità virtuale [4]. Significa, in definitiva, interrogarsi sul­l’inquieto rapporto tra regole di validità/regole di comportamento e sulle conseguenze della loro violazione. Non vi è dubbio che la norma penale sia dotata del carattere della imperatività non solo perché diretta a perseguire interessi di natura pubblicistica, ma anche per via del disvalore particolarmente rilevante delle condotte illecite. Ne dovrebbe conseguire, a rigore, che la violazione della norma penale posta in essere nel­l’esercizio dell’autonomia privata importi la nullità del contratto ai sensi dell’art. 1418, comma 1, cod. civ. Una nullità virtuale, dunque, in quanto la norma (imperativa) penale, di regola, non offre alcuna soluzione al problema della sorte del contratto frutto del reato. Merita soffermarsi subito su tale aspetto. Nell’art. 1418, comma 1, cod. civ. è contenuta una clausola di chiusura del sistema, funzionale a escludere la produzione di effetti giuridici da parte di contratti contrastanti con una norma imperativa, in mancanza di una diversa previsione sanzionatoria [5]. Sicché, in base alla definizione in negativo prospettata dal legislatore, una nullità virtuale non si configura ogniqualvolta la norma imperativa preveda espressamente la nullità del contratto (nullità testuale ex art. 1418, comma 3, cod. civ.) ovvero l’illiceità investa la causa, l’oggetto, il motivo comune determinante o la condizione (nullità strutturale ex art. 1418, comma 2, cod. civ.); ovvero, ancora, disponga una conseguenza rimediale del tutto diversa (“(...) salvo che la legge non preveda [continua ..]


2.1. Il difficile inquadramento delle conseguenze civilistiche del reato di circonvenzione di incapace

L’apparente chiarezza e semplicità operativa del criterio elaborato dagli interpreti, tuttavia, non sopisce ogni dubbio. È noto come proprio con riguardo al reato di circonvenzione di incapace siano emerse le principali criticità circa la sua tenuta. In effetti, la fattispecie menzionata incarna emblematicamente la difficoltà di individuare il rimedio più adeguato sul piano della patologia negoziale. Al fine di comprendere il senso di quanto affermato, merita approfondire la disciplina del reato in esame, muovendo da una riflessione sul bene giuridico tutelato. L’art. 643 c.p. è collocato all’interno del titolo XIII, coerentemente con l’impostazione patrimonialistica originaria del codice penale, tutta diretta a punire la condotta induttiva pregiudizievole per il patrimonio della vittima. Sennonché, la generale tendenza degli interpreti al progressivo superamento di tale impostazione in favore di una lettura personalistica delle norme del diritto penale, in sintonia con le norme costituzionali [17], consente oggi di reputare l’art. 643 c.p. una norma a tutela non esclusivamente del patrimonio, ma anche della libertà di autodeterminazione e, quindi, dell’auto­nomia privata [18]; cioè di un valore garantito e tutelato tanto dall’art. 41 Cost., quanto dell’art. 16 CEDU. Peraltro, l’esatta individuazione del bene giuridico non è un mero esercizio teorico, ma riveste concreta rilevanza ai fini della classificazione del reato in esame come reato di pericolo o di danno: è chiaro, infatti, che quanto più si valorizza l’esigenza di tutela della libertà di autodeterminazione dell’incapace tanto più si sposta il pendolo qualificatorio verso la categoria dei reati di danno. È il pregiudizio per l’incapace l’evento dannoso causalmente riconducibile alla condotta induttiva. Se si sposta lo sguardo sul soggetto passivo del reato, si osserva, altresì, che la platea dei soggetti tutelati è andata progressivamente allargandosi: mentre nei codici preunitari, su imitazione del Code Napoleon del 1810, la tutela era riservata solo ai minori, con un’apertura, da parte del Codice Zanardelli anche agli interdetti e agli inabilitati, è con il Codice Rocco del 1930 che la tutela viene estesa a qualunque persona in stato di infermità o di deficienza [continua ..]


3. Il testatore incapace alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali

Le riflessioni sin qui svolte debbono ora essere calate nell’ambito del tema della invalidità testamentaria. I dubbi interpretativi che accompagnano la definizione delle conseguenze civilistiche del reato di circonvenzione di incapace si fanno ancora più delicati in materia testamentaria. Occorre chiedersi, innanzitutto, se il criterio discretivo tra reati-contratto e reati-in contratto trovi applicazione anche rispetto al testamento e, secondariamente, se il ragionamento che abbiamo svolto circa il rimedio dell’annullabilità possa valere anche in questo caso. Con la consapevolezza che si rende necessario sfuggire da ogni tentativo di automatismo non solo, come è ovvio, perché il testamento è negozio giuridico diverso dal contratto, ma anche perché la disciplina delle invalidità testamentarie presenta specificità sue proprie [27], a cominciare dal fatto che l’art. 591 cod. civ. non qualifica il rimedio invocabile per il testamento redatto da soggetto incapace di intendere o di volere. Merita anticipare che non manca, in dottrina e in giurisprudenza, chi, nel valorizzare la natura pubblicistica dell’interesse tutelato dall’art. 643 c.p., propende per la nullità virtuale in forza dell’applicazione analogica al testamento dell’art. 1418, comma 1, cod. civ. Come si cercherà di dimostrare, non è questa la strada da percorrere sia per le ricordate perplessità che tale teoria suscita già nella materia contrattuale, sia per gli adattamenti che la disciplina della invalidità richiede in ambito successorio. Passaggio indispensabile per comprendere l’esito del ragionamento è, innanzitutto, l’analisi del trattamento del testamento del­l’incapace. Come è noto, l’art. 591, comma 2, n. 3 consente di impugnare il testamento nel caso in cui venga accertata l’incapacità di intendere o di volere del testatore al momento in cui abbia redatto il testamento. È noto che la nozione di incapacità rilevante ai presenti fini tenda a essere interpretata in termini più restrittivi rispetto alla incapacità dell’art. 428 cod. civ. e ciò in considerazione della forte esigenza di tutela della irripetibile volontà del testatore [28]. La giurisprudenza ha chiarito che per impugnare il testamento in queste ipotesi la condizione di [continua ..]


4. Reato e testamento: spunti di riflessione

Chiarito il regime applicabile alla invalidità del testamento redatto da soggetto incapace, si comprenderà anche la direzione in cui muove la presente riflessione sulla sorte del testamento nel caso in cui l’inca­pace sia vittima del reato di circonvenzione. Giova tornare al punto da cui abbiamo avviato la riflessione. Si è detto che l’orientamento giurisprudenziale maggioritario propende per la tesi della nullità virtuale del negozio a valle del reato di circonvenzione di incapace. E qui sta il problema. Come si è più volte evidenziato, in ambito testamentario non è rinvenibile una norma come l’art. 1418 cod. civ. e questo dato già pone un primo interrogativo circa la praticabilità della tesi della nullità virtuale del testamento [35]. Si potrebbe sostenere allora – come pure è stato fatto – l’applica­bilità, in via analogica, dell’art. 1418, comma 1, cod. civ. È il noto problema dei rapporti tra disciplina contrattuale e disciplina testamentaria in caso di vuoti normativi rispetto a quest’ultima. Ed nota, altresì, la tendenza di una parte della dottrina ad ammettere, in generale, l’applicazione analogica al testamento delle regole sul contratto, ivi comprese quelle sulla invalidità. Tanto a patto di riconoscere – come pare preferibile – la natura negoziale del testamento [36]. Ad avviso di chi scrive, tuttavia, tale soluzione interpretativa, prima facie relativamente lineare, richiede di essere maggiormente vagliata alla luce delle specificità della invalidità testamentaria [37]. In questa sede ci si limita a ricordare che, come illustre dottrina ha da tempo messo in evidenza, il tratto caratteristico della invalidità testamentaria è la sua declinazione al plurale, essendo difficile ricondurre le molteplici e variegate ipotesi contemplate dal codice civile alla dicotomia tradizionale tra nullità e annullabilità del contratto [38]. E forse, anzi, più che nella materia contrattuale – per effetto dello sviluppo delle nullità speciali di settore –, è nella materia testamentaria che, già all’interno del codice civile, si assiste a un tendenziale avvicinamento tra i due regimi [39]: si pensi al fatto che la nullità è sanabile mediante conferma, mentre [continua ..]


NOTE