Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Criticità dell'adozione e protezione del minore. Il problema del semi abbandono permanente e le sue possibili soluzioni (di Lucia Bozzi, Professoressa ordinaria di Diritto privato – Università degli Studi di Foggia)


Il contributo esamina criticamente le ragioni solitamente poste a fondamento dell’esigenza di una riforma dell’adozione e le conseguenti soluzioni proposte. In questo quadro viene dedicato un particolare spazio alla cd. “adozione mite”, della quale vengono messe in luce le non poche criticità sul piano applicativo, che inducono a dubitare della sua idoneità a rappresentare una soluzione davvero efficace al problema del semi abbandono permanente. In ultimo, si propone una riflessione priva di pregiudizi sull’affidamento, accennando anche alla possibilità e alle modalità di una eventuale protezione del soggetto che abbia appena compiuto la maggiore età.

Critical issues about the adoption and protection of the minor. The problem of semi-permanent abandonment and its possible solutions

The essay examines critically the grounds which are usually placed for explaining the need for adoption reform and the consequent proposed solutions. In this framework, a particular space is dedicated to the “adozione mite“, whereof the many critical issues on the application level are highlighted. These critical issues lead the author to doubt “adozione mite“ suitability to represent a truly effective solution to the problem of semi-permanent abandonment. Finally, the article proposes a reflection without prejudices on custody, also hinting at the possibility and modalities of possible protection of the subject who has just reached the age of majority.

SOMMARIO:

1. Crisi dell’adozione e soluzioni riformatrici - 2. Il problema del semi abbandono permanente e la soluzione/seduzione dell’adozione mite … e i suoi limiti - 3. Adozione e (desiderio di) genitorialità - 4. Protezione del minore e “valorizzazione” dell’affidamento. Il “prosieguo amministrativo” - NOTE


1. Crisi dell’adozione e soluzioni riformatrici

L’adozione non è affatto un tema negletto nel dibattito attuale. Di adozione si parla anzi molto e da tempo, auspicandone con forza una riforma. Tuttavia, prima di ragionare in merito alla opportunità e, soprattutto, al contenuto di una eventuale riforma, sembra opportuno tentare di chiarire i termini della questione, partendo da una analisi, per quanto assai sommaria, della situazione “concreta”. Con una premessa. Ogni intervento normativo in un ambito come quello della protezione del minore “sconta” – molto più che in altri settori, come per esempio il diritto dei contratti – il limite ontologico e quindi non emendabile della sua necessaria astrattezza. Il legislatore, in altri termini, non può che limitarsi ad indicare soluzioni generali, fondate su parametri valutativi inevitabilmente generici (come il superiore, o migliore, interesse del minore [1]) che poi il giudice dovrà declinare nel caso concreto, con una discrezionalità che non può essere solo tecnica ma (inesorabilmente) finisce con l’essere influenzata dalla sensibilità del giudicante e dal sentire sociale (che a sua volta influenzerà la sensibilità del giudicante). Le aspettative di una definitiva, o per lo meno ragionevolmente duratura, risoluzione in via legislativa dei molti problemi che attraversano gli strumenti a protezione del minore rischiano pertanto di rimanere deluse. Dell’adozione, istituto ritenuto “in crisi” – sia per la progressiva e costante diminuzione dei minori adottabili come pure degli aspiranti genitori, sia per la ormai venuta meno corrispondenza dell’istituto al comune sentire sociale – si auspica, come detto, una riforma [2]. Il contenuto della stessa dovrebbe, tra l’altro, riguardare una estensione dei soggetti che possono richiedere di adottare, una apertura verso la c.d. adozione mite, uno snellimento della procedura. Per valutare la idoneità delle innovazioni proposte a risolvere (o almeno, at­tenuare la portata delle) ragioni di crisi appare necessario accennare, sia pure molto brevemente, a queste ultime. In primo luogo occorre muovere dalla constatazione che il numero delle coppie di aspiranti genitori adottivi, per quanto in diminuzione, risulta tuttavia ancora largamente superiore al numero di bambini adottabili. Rimuovere i “paletti” che impediscono a non coniugati [continua ..]


2. Il problema del semi abbandono permanente e la soluzione/seduzione dell’adozione mite … e i suoi limiti

Tornando alla adozione “nazionale”, è facile osservare che l’impostazione “bipolare” che vede da una parte l’adozione piena e dall’altra, ove non ne ricorrano i presupposti, come per esempio in caso di semi abbandono permanente, l’affidamento soffre di una certa rigidità [14] che, anche alla luce della recente sentenza della Consulta sulla adozione in casi particolari deve essere certamente ripensata [15]. In questa prospettiva è stata avanzata dalla dottrina la proposta, come sopra accennato, di “valorizzare” la c.d. adozione mite [16], una adozione cioè “giustificabile” sulla base dell’art. 44 della l. 183/1984 [17], che non recida il rapporto del minore con la famiglia d’origine [18]. Pur nella consapevolezza che sarebbe opportuno lasciare all’interprete l’onere di individuare gli strumenti nel caso concreto più appropriati a realizzare il miglior interesse del minore, senza “preferenze” precostituite [19], riguardo alla idoneità della adozione mite a risolvere il problema del semi abbandono permanente sembra legittimo nutrire qualche dubbio [20]. È sin troppo semplice, infatti, rilevare che perché l’adozione mite abbia un esito soddisfacente è necessario che tutte le parti siano molto disponibili a collaborare tra loro, e che siano in grado di farlo (al di là della buona volontà) senza porsi in competizione [21]. È necessario cioè che la famiglia di origine, pur non recidendo ogni legame con il minore, ma anzi continuando ad avere con lui contatti, sia consapevole che il minore è figlio degli adottanti e non pretenda quindi di inserirsi in scelte educative che magari non condivide e men che meno che tenti di “accaparrarsi” la simpatia del minore prendendo le sue parti in caso di, forse inevitabili, contrasti tra questi e la famiglia adottante. Uno scenario quasi idilliaco, ci si potrebbe chiedere quanto realistico, posto che un simile atteggiamento richiederebbe notevole lucidità, grande consapevolezza (delle proprie capacità, dei propri limiti e della propria inadeguatezza), profonda maturità. Qualità in generale non facili da rinvenire e che forse potrebbe essere illusorio aspettarsi nelle situazioni che danno origine al semiabbandono permanente del minore: [continua ..]


3. Adozione e (desiderio di) genitorialità

Soprattutto, occorre essere consapevoli che, nel caso di adozione mite, alla famiglia adottante sarebbe davvero richiesto uno sforzo enorme. Uno sforzo che solo una famiglia che avesse come unico scopo offrire accoglienza familiare a un minore che ne è privo sarebbe disposta (a provare) a dare. È vero che l’adozione è diretta a dare una famiglia al minore (e che quindi, ogni coppia di aspiranti genitori adottivi dovrebbe avere tale obiettivo) ma è inutile nascondersi che, dal punto di vista di coloro che desiderano adottare, l’adozione rappresenta in primo luogo uno strumento per soddisfare il proprio desiderio di genitorialità [23]. Un desiderio che non deve essere in alcun modo stigmatizzato, non solo più che legittimo e anzi “nobile”, ma soprattutto assolutamente “ancestrale” – legato a ragioni che sul piano personale si possono ellitticamente definire “affettive” e su quello più generale possono essere ricondotte ad una esigenza di perpetuazione della specie – e quindi, in una certa misura, irrazionale e insopprimibile. Un desiderio che, nonostante alcuni ambigui pronunciamenti giurisprudenziali [24], non è né può diventare un diritto ma che è a fondamento della maggior parte delle richieste di adozione. La consapevolezza che, dal punto di vista di chi desidera adottare, l’adozione è in primo luogo strumento per soddisfare il proprio desiderio di genitorialità può forse aiutare ad affrontare problemi e prospettive di riforma dell’adozione con un approccio meno retorico. Collegare la diminuzione delle richieste di adozione (sia per quanto riguarda l’adozione nazionale sia per quanto riguarda quella internazionale) ai costi o alla lunghezza del procedimento non coglie la complessità del fenomeno. Il procedimento adottivo ha sempre presentato dei costi ed è sempre stato lungo, complesso, farraginoso. Ed è sempre stato anche “imprevedibile”, sia relativamente al se e al quando del suo momento costitutivo – ovvero se e quando sarà possibile adottare un bambino – sia nella fase successiva (relativamente cioè successo del procedimento stesso nel lungo termine). Di nuovo sotto il sole c’è invece la crescente diffusione della procreazione medicalmente assistita (pma), che è oggettivamente in [continua ..]


4. Protezione del minore e “valorizzazione” dell’affidamento. Il “prosieguo amministrativo”

A questo punto appare provocatoriamente possibile chiedersi se, piuttosto che ragionare su una riforma dell’adozione non sia preferibile guardare con intenti riformatori alla protezione del minore complessivamente intesa. Non è detto, infatti, che l’adozione sia sempre lo strumento preferibile, o, rectius, realisticamente più praticabile, per garantire tale protezione. Occorrerebbe allora, forse, prestare maggiore attenzione all’esigenza di una revisione, senza pregiudizi, dell’affidamento [30], pur nella consapevolezza che l’istituto non può certo rappresentare “la chiave di volta di tutti i problemi dell’infanzia e della famiglia con problemi” [31]. Una valutazione “spregiudicata” dell’affidamento, invece, rimane spesso “sullo sfondo”. A torto. La “galassia affidamento” necessiterebbe infatti della massima attenzione, se non altro perché, nelle sue varie declinazioni, l’istituto sembra destinato a (quanto meno) mantenere il proprio rilievo, posto che risulta poco realistico ipotizzare che, adozione mite o meno, si riesca ad evitare il suo utilizzo per un ampio numero di minori. In questa prospettiva, una riflessione meriterebbe senz’altro la questione dei minori stranieri non accompagnati. La loro situazione presenta tuttavia caratteri di specificità – si tratta infatti, nella maggior parte dei casi, di “grandi minori” (cioè soggetti assai vicini alla maggior età), spesso non “abbandonati”, ma che anzi mantengono rapporti significativi con la famiglia d’origine, – che ne rendono impossibile una trattazione unitaria con quella dell’affidamento “nazionale”. In questo ambito, fermo restando che sarebbe fortemente auspicabile che l’affido fosse davvero temporaneo – e che per dare un fondamento ragionevole a tale auspicio appare necessario coinvolgere nell’intervento a protezione del bambino anche tutto il “mondo” del bambino, accompagnando quindi la sua famiglia d’origine (in modo sinergico e funzionale all’accompagnamento del bambino stesso) –, sembrerebbe comunque quanto mai opportuno (e anzi indifferibile) riflettere senza pregiudizi sulla necessaria temporaneità dell’affido [32]. È infatti legittimo chiedersi se prevedere (e quindi regolamentare) un affido senza [continua ..]


NOTE