Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Le fonti contrattuali nel rinnovato contesto pluralistico interpretativo (di Gerardo Villanacci, Professore ordinario di Diritto privato – Università Politecnica delle Marche)


È un dato incontrovertibile che la pandemia ha avuto un impatto rilevante oltre che sul piano sociale ed economico, anche sul versante del sistema delle fonti. La letteratura che si è sviluppata in proposito, comprova la circostanza ponendo in evidenza il sempre maggiore protagonismo dell’attività interpretativa. Si tratta di problematiche che aprono nuovi orizzonti anche per quanto concerne il contratto, la cui interpretazione non può prescindere dalla necessità di una concreta correlazione con la realtà nella piena consapevolezza del rapido decadimento normativo.

Contractual sources in the renewed pluralistic and interpretative context

What is certain is that the pandemic has had a relevant impact on both the social point of view and the economical, moreover, even on the source system. The doctrine that has devoloped concerning that, assure this circumstance  underlining the increasing value of the interpretation. It deals with the issues that open up to new possibilities even on the contract side, whose interpretation cannot exist without the necessity of a concrete relationship with the reality, in full awareness of the rapid normative decadence.

SOMMARIO:

1. La rilevanza della trazione costituzionale ed eurounitaria nella interpretazione evolutiva e sistematica - 2. La metamorfosi metodologica della meritevolezza degli interessi - 3. La variegata composizione dei rimedi contrattuali alla luce dei canoni costituzionali ed eurounitari - 4. La forma dei contratti nella sua rilettura assiologica e sostanzialista - 5. Le clausole negoziali e la corretta identificazione ed interpretazione del loro contenuto - 6. La complessità della ricostruzione sistematica della buona fede: criterio primario dell’interpretazione - 7. L’incidenza dell’elemento testuale nella valutazione interpretativa - NOTE


1. La rilevanza della trazione costituzionale ed eurounitaria nella interpretazione evolutiva e sistematica

Nel complesso panorama contemporaneo, l’attività interpretativa è sempre più protagonista. La globalizzazione e le emergenze, dapprima sanitaria e poi bellica, hanno determinato rapidi cambiamenti sociali ed economici dei quali il diritto deve tenere conto per mantenere una salda connessione con la realtà, nella consapevolezza delle limitazioni poste dall’attività del legislatore spesso tardiva e farraginosa. Il contrasto alla repentina obsolescenza normativa, senza dubbio influenzata anche dal ritmo frenetico che scandisce l’incedere delle odierne vicende umane, deve essere affidato all’esegesi e, in particolare, ad un metodo che, nel tracciato dei principi della Carta fondamentale e del diritto sovranazionale, sempre più rilevante in ambito domestico, consenta di attualizzare le disposizioni legislative conferendo loro un significato più moderno, lasciandone però immutata la formulazione testuale ma anche di rintracciare la regola del caso concreto in enunciati non più isolatamente considerati, bensì posti in raffronto sistematico con altre regole del settore di riferimento e col panorama dei valori fondamentali dell’ordinamento giuridico. L’opera che il giurista contemporaneo è chiamato a svolgere deve, pertanto, svilupparsi secondo due direttrici fondamentali: evolutiva e sistematica. Del primo canone manca un’univoca definizione così come un’analisi dettagliata dei presupposti teorici. Queste carenze di uniformità hanno dato luogo a diverse modalità applicative, nelle quali è possibile tuttavia individuare uno schema di base connotato dalla presenza di un fattore esterno che determina la necessità di adottare un’interpretazione evolutiva, e, al contempo, del referente oggetto della stessa; cioè l’originaria intenzione dell’autore della regola [1] che potrebbe anche essere superata se oramai priva di qualsiasi rilevanza fattuale. Nell’orizzonte pluralistico del sistema delle fonti [2], tracciato dagli artt. 117, comma 1, Cost. [3] e 1 disp. prel. cod. civ. [4], l’interpretazione sistematica viene ad assumere un ruolo centrale, essendo strumento che, tramite l’impiego di alcune figure argomentative (ad es. combinato disposto, sedes materiae, costanza terminologica), permette di desumere il significato di una data disposizione [continua ..]


2. La metamorfosi metodologica della meritevolezza degli interessi

Espressione della metamorfosi metodologica delineata è quella della meritevolezza (artt. 1322, comma 2 e 2645-ter cod. civ.) [10], rispetto alla quale lo sforzo esegetico è confluito nella sua identificazione quale “criterio distintivo tra interessi apprezzabili e scopi voluttuari, favorendo un più intenso controllo del giudice che – acclarata la conformità del contratto a norme di legge – potrà in ogni caso ritenere il negozio e più in generale la pretesa immeritevole, dunque non tutelabile” [11]. Ciò nella prospettiva di una netta affermazione di autonomia ontologica e funzionale dal vaglio di liceità (ex artt. 1343 e 1344 cod. civ.). Un approdo interpretativo non sempre condiviso. Ed infatti, all’indomani dell’entrata in vigore del Codice civile, al fine di neutralizzare letture del sistema di carattere social-tipologico improntate al primato dell’ordine sociale sulla libertà privata di autoregolamentazione [12], la linea prevalente è stata quella della sovrapposizione della meritevolezza alla liceità [13]. In senso contrario si sono posti coloro che, nell’ottica di far assurgere ad interessi degni di tutela quelli supportati da una incontestabile volontà di assunzione del vincolo alla stregua delle regole giuridiche, hanno riservato al giudizio di meritevolezza un controllo sul tipo, ossia la verifica della impegnatività, e dunque della effettiva giuridicità, dello schema atipico elaborato dai privati [14]. Ma anche quanti hanno condiviso, a partire dagli anni ’60 e ’70, un’intensa e profonda opera di rinnovamento del diritto civile, nel segno dell’incisiva duplice angolazione costituzionale e sovranazionale [15]. A tale ultimo ambito deve innanzitutto ricondursi la posizione di chi ritiene, fermi i limiti della dannosità sociale (derivanti dall’art. 41, 2° comma, Cost.) e della illiceità, che la meritevolezza abbia valore positivo quale riconoscimento dell’autonomia privata, ossia della libertà della persona di esplicare la propria capacità di agire per la realizzazione di qualsiasi interesse economico o personale costituzionalmente rilevante [16]. E ancora, la prospettiva di quanti sono inclini ad attribuire alla meritevolezza funzione di conciliazione degli interessi individuali delle parti con quelli [continua ..]


3. La variegata composizione dei rimedi contrattuali alla luce dei canoni costituzionali ed eurounitari

Posto che la nullità è la forma più grave di invalidità [34] dalla quale discende un’inefficacia assoluta e radicale del contratto [35] la disciplina che il Codice civile vi dedica fa riferimento all’art. 1418 il quale, rubricato “Cause di nullità del contratto” ne dispone che è nullo il contratto “contrario a norme imperative” (comma 1), ovvero quello affetto da problemi relativi ai suoi elementi costitutivi (comma 2), e, infine, “negli altri casi stabiliti dalla legge” (comma 3). Alle nullità testuali dell’ultimo comma si contrappongono quelle “virtuali”, “fattispecie in cui l’interprete ricava che il contratto è nullo, pur in assenza di una norma che lo dichiari espressamente tale, applicando taluno dei criteri di cui ai primi due commi dell’art. 1418” [36]. A detta categoria sono riconducibili “due grandi famiglie di nullità contrattuali: quella delle nullità strutturali, cui si collegano i contratti nulli perché insensati o incompleti; o le nullità politiche relative ai contratti nulli perché disapprovati” [37]. Le nullità strutturali sono tali poiché consistono in difetti relativi agli elementi che compongono la struttura del contratto, che lo rendono insensato, foriero di un’operazione giuridicamente ed economicamente paradossale. Sono “politiche”, invece, quelle che colpiscono i contratti sensati e completi, ma disapprovati dall’ordinamento perché contrastanti con i canoni e le scelte politiche fatte dallo stesso. Tuttavia, una rinnovata impostazione esegetica in senso assiologico, ha riguardato l’istituto della nullità di protezione, introdotto in ambito domestico ad opera di legislazioni speciali di matrice euro-unitaria. La principale fattispecie che viene in rilievo è quella contemplata dall’art. 36 cod. cons., secondo cui, da un lato, le clausole vessatorie sono nulle ma il contratto rimane valido per il resto (1° comma), mentre, dall’altro, il rimedio opera soltanto a vantaggio del consumatore ed è sottoposto al rilievo d’ufficio ad opera del giudice (comma 3). Degne di rilievo sono anche le ipotesi contemplate dall’art. 2 del d.lgs. n. 122/2005, il quale ricollega la nullità, «che può essere fatta valere [continua ..]


4. La forma dei contratti nella sua rilettura assiologica e sostanzialista

In senso generale, la forma è il veicolo attraverso il quale la volontà negoziale si esteriorizza, divenendo in tal modo conoscibile ai terzi [43]. Nel Codice civile, la disciplina contenuta nel IV Libro si occupa della specie della forma scritta, considerata nel capo dedicato ai requisiti essenziali del contratto (art. 1325, n. 4)) e in tre articoli contenuti in un’apposita sezione (artt. 1350-1352), per cui le operazioni negoziali concernenti diritti immobiliari, siano esse definitive o preliminari, devono stipularsi con atto pubblico o scrittura privata, a pena di nullità [44]. L’individuazione della forma da adottarsi è rimessa non solo alla legge, ma anche ai privati. L’art. 1352 cod. civ. stabilisce, infatti, che, se le parti hanno convenuto per iscritto una determinata forma per la futura conclusione di un contratto, si deve presumere che ciò sia stato espressamente voluto per la validità di questo. La disposizione ha suscitato un vivace dibattito con riguardo a tre aspetti. Quanto alla natura giuridica della convenzione, non potrebbe trattarsi di un preliminare [45], posto che con la sottoscrizione della stessa le parti si obbligano esclusivamente ad impiegare per la stipula una forma prestabilita, con lo scopo di evitare incertezze sull’esistenza e sul contenuto dell’accordo [46]. Facendo leva sulla Relazione al codice, si tratterebbe di un contratto normativo e quindi sarebbe correttamente riconducibile tra le pattuizioni con cui i privati, in previsione di futuri rapporti, ne determinano antecedentemente la disciplina [47]. È stato inoltre precisato che il negozio ex art. 1352 cod. civ. avrebbe carattere bilaterale. Ed infatti, l’as­sunzione unidirezionale del vincolo si risolverebbe in una limitazione della libertà d’agire non motivata da un interesse rilevante per l’ordinamento giuridico [48]. Persistono dubbi, poi, nella possibilità di stipulare contratti in forme diverse da quelle contemplate dal Codice civile, anche se è prevalente l’opinione che le parti possano farlo purché ciò risponda al canone di meritevolezza [49]. Onde tale ambito, alla luce di quanto sopra affermato in ordine all’intimo legame tra il principio sancito dall’art. 1322, comma 2, cod. civ. ed il sistema dei valori tracciato dalla Carta fondamentale, rappresenterebbe un loro [continua ..]


5. Le clausole negoziali e la corretta identificazione ed interpretazione del loro contenuto

L’interpretazione del contratto [71] può definirsi quale operazione di accertamento della portata semantica delle clausole negoziali, tesa alla identificazione del loro contenuto [72], dei loro effetti e del regime applicabile, imprescindibile prodromo dell’(eventuale) attività di integrazione (art. 1374 cod. civ.) [73]. Interpretare il contratto, atto di autonomia per eccellenza mediante il quale le parti dispongono della loro sfera giuridica, significa accertare il significato di ciò che le parti hanno disposto, ossia accertare il contenuto sostanziale del contratto [74], e dunque l’intento pratico da loro perseguito [75]. Il procedimento consta di una serie di indagini da compiersi in virtù degli artt. 1362 ss. del Codice civile, di talché il relativo vaglio sembrerebbe connotato da discrezionalità tecnica. Tale operazione è, senza dubbio, condizionata dalla riconduzione del contratto ad un dato tipo negoziale, valutazione da svolgersi in via ufficiosa e, talvolta, in senso contrario a quanto ipotizzato dalle parti. Come anticipato, l’interpretazione, da un lato, e l’integrazione del contratto, dall’altro, sono attività contigue. Con riferimento a quest’ultima, si suole distinguere tra integrazione suppletiva [76], diretta a colmare eventuali lacune nel regolamento contrattuale, ed integrazione cogente [77], tesa invece alla sostituzione delle clausole negoziali contrarie a norme imperative con quelle imposte dalla legge (artt. 1339, 1419 cod. civ.) [78]. Fondamento normativo dell’integrazione è l’art. 1374 cod. civ. per il quale: «Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità». Nell’ordine disegnato dall’enunciato, lo spazio riservato all’equità è residuale, essendo la stessa collocata in posizione subordinata alla legge, contro la quale non può mai operare. Il Codice civile non specifica in cosa essa consista, limitandosi a stabilire che il giudice, chiamato a svolgere una valutazione secondo tale canone, sia tenuto ad adottare, nel quadro del sistema assiologico tracciato dalla Carta fondamentale, la soluzione meno gravosa per l’obbligato, se il contratto è gratuito, ovvero, [continua ..]


6. La complessità della ricostruzione sistematica della buona fede: criterio primario dell’interpretazione

Per l’art. 1366 cod. civ. il contratto deve essere interpretato secondo buona fede [98], canone che risulta, in virtù della sua natura e collocazione intermedia nell’ambito dei criteri di interpretazione, di non agevole ricostruzione sistematica [99]. L’interpretazione secondo buona fede costituisce primaria regola che nella prospettiva della “solidarietà contrattuale”, si specifica «nel significato di lealtà, che si sostanzia nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte» [100]. L’impiego della buona fede nell’interpretazione del contratto implica, in primo luogo, assegnare alle clausole negoziali una portata semantica conforme a lealtà, al precipuo scopo di non suscitare falsi affidamenti e tutelare quelli già ingenerati reciprocamente tra le parti del contratto [101], con il limite della diligenza dell’uo­mo medio [102]. In questo senso, la “buona fede interpretativa” in quanto connotato di un approccio “interno”, è indissolubilmente legata alla volontà reale delle parti ed al significato obiettivo dell’accordo, pur se socialmente anomalo [103]. Una differente opinione, incentrata sulla valorizzazione della “ragionevolezza” e sulla sua identificazione con la buona fede interpretativa, «interpretare il contratto secondo buona fede o correttezza, vuol dire che il contratto deve essere interpretato secondo ragionevolezza, cioè, esplicitando il contenuto tenendo conto che esso risponde – o deve rispondere – ad equità e giustizia. Interpretare il contratto secondo buona fede, in definitiva, significa attribuire al contratto un contenuto equo e giusto, nei limiti in cui la forma e ancor più il comportamento complessivo dei contraenti, lo consenta» [104]. In altri termini viene evocata una concezione squisitamente oggettiva di “ragionevolezza”, che si pone in termini eccentrici rispetto alla volontà delle parti. Pur intervenendo nell’operazione esegetica di ricostruzione della volontà dei contraenti, condotta secondo buona fede, la ragionevolezza non può essere intesa esclusivamente quale limite di rilevanza, in termini di meritevolezza, dell’affidamento coltivato. In [continua ..]


7. L’incidenza dell’elemento testuale nella valutazione interpretativa

L’interpretazione del contratto possiede notevoli risvolti pratici. Fulcro dell’indagine ermeneutica della convenzione privata è la comune intenzione delle parti, pertanto all’interprete, e in primo luogo al giudice, sarebbe precluso arrestarsi alla sua portata letterale. Secondo una più evoluta prospettiva esegetica, il testo costituisce un punto di partenza che, però, deve essere raccordato con ulteriori elementi, quale, ad esempio, la condotta tenuta dalle parti prima, durante e dopo la stipula (arg. ex art. 1362, comma 2, cod. civ.). Questa impostazione metodologica è stata ribadita dalla giurisprudenza di legittimità in occasione di una recente pronuncia [119]. L’arresto concerne un procedimento ex art. 2932 cod. civ. intrapreso per ottenere l’ese­cuzione in forma specifica di un preliminare di compravendita immobiliare. Nel delineare la soluzione della controversia, la Suprema Corte ha preliminarmente offerto dei chiarimenti sull’ambito applicativo dell’art. 1362 cod. civ., sciogliendo il dubbio se la chiarezza prima facie del documento contrattuale impedisse, o meno, al giudice di condurre l’analisi interpretativa su piani diversi da quello testuale. In linea con le precedenti decisioni intervenute in materia, la Cassazione ha affermato che l’art. 1362 cod. civ. impone di ricostruire la volontà delle parti muovendo dal testo contrattuale e verificando che questo sia coerente non solo con la causa, ma anche con le dichiarate intenzioni dei contraenti. Orbene, – aggiunge la Corte – è necessario seguire «un percorso non semplicemente lineare che muova dal testo per risalire all’in­tenzione, ma un processo circolare, il quale impone all’interprete di compiere l’esegesi del testo; ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti; verificare se l’ipotesi di comune intenzione ricostruita in base al testo sia coerente con le parti restanti del contratto e con la condotta delle parti». Il significato delle dichiarazioni negoziali non è un prius, ma l’esito di un processo ermeneutico che non può arrestarsi alla ricognizione del tenore letterale delle parole, dovendosi piuttosto estendere alla considerazione di tutti gli ulteriori elementi – testuali ed extra-testuali – indicati dal legislatore. Ciò anche quando le espressioni appaiano di per [continua ..]


NOTE