Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Possesso ad usucapionem ed espropriazione (di Fabrizio Ponzù Donato, Dottore di ricerca in Diritto civile – Università degli Studi di Messina)


La Corte di Cassazione mediante la Sentenza delle Sezioni Unite n. 651 del 13.01.2023 ha analizzato il rapporto intercorrente tra gli effetti del decreto di esproprio della Pubblica Amministrazione ed il possesso rilevante ad usucapionem esercitato da parte di una società privata con riferimento al medesimo immobile.

In particolare la vicenda riguardava un caso in cui, a seguito dell'emanazione e della notifica del decreto di espropriazione, la P.A. non poneva in essere comportamenti rilevanti al fine di dar seguito alla dichiarazione di pubblica utilità né si immetteva nel possesso dell’immobile.

Bisogna dunque comprendere se, il possesso esercitato dal privato sul bene possa essere rilevante ad usucapionem e come si relaziona con l'eventuale acquisto della proprietà del bene da parte della P.A.

Viene a porsi la questione degli effetti del decreto di espropriazione notificato al possessore. Fa venire meno il possesso? Si trasforma in detenzione? Tale valutazione va condotta anche distinguendo il soggetto proprietario – possessore che riceve la notifica del decreto di espropriazione dal soggetto terzo che esercita un potere di fatto sulla res senza che possieda il diritto di proprietà e che non abbia ricevuto la notifica del decreto di espropriazione.

Possession ad usucapionem and expropriation

The Court of Cassation through the Sentence of the United Sections n. 651 of 01.13.2023 analyzed the relationship between the effects of the expropriation decree of the Public Administration and the significant possession ad usucapionem exercised by a private company with reference to the same property.

In particular, the matter concerned a case in which, following the issuance and notification of the expropriation decree, the Public Administration did not engage in relevant behavior in order to follow up on the declaration of public utility nor did he enter into possession of the property.

It is therefore necessary to understand whether the possession exercised by the private individual on the asset can be relevant ad usucapionem and how it relates to the possible purchase of ownership of the asset by the Public Administration.

The question of the effects of the expropriation decree notified to the owner arises. Does it make possession disappear? Does it turn into detention? This assessment must also be conducted by distinguishing the owner-possessor who receives notification of the expropriation decree from the third party who exercises de facto power over the estate who possesses the property right and who has not received notification of the expropriation decree.

Nelle controversie soggette ratione temporis al T.U. n. 327 del 2001, l’esecuzione del decreto di esproprio con l’immissione in possesso del beneficiario dell’espropriazione nel termine perentorio di due anni costituisce condizione sospensiva di efficacia del decreto di esproprio, con la conseguenza che esso, se non è tempestivamente eseguito, diventa inefficace e la proprietà del bene si riespande immediatamente in capo al proprietario, perdendo rilevanza la questione dell’usucapione, salvo il potere del­l’autorità espropriante di emanare una nuova dichiarazione di pubblica utilità entro i successivi tre anni, nel qual caso dovrà essere emesso un nuovo decreto di esproprio, eseguibile entro l’ulteriore termine di due anni di cui all’art. 24, comma 1. Nel caso in cui il decreto di esproprio sia tempestivamente eseguito con la tempestiva redazione del verbale di immissione in possesso ma il precedente proprietario o un terzo continuino ad occupare o utilizzare il bene, si realizza una situazione di mero fatto non configurabile come possesso utile ai fini dell’usucapione.

 

Cass. civ., SS. UU., sent. 12 gennaio 2023, n. 651

SOMMARIO:

1. Il caso per condurre nuove riflessioni sul tema - 2. Decreto di espropriazione e possesso: normative a confronto - 3. Ipotesi di possesso ad usucapionem in rapporto al decreto di espropriazione - 4. Interruzione del possesso mediante decreto di espropriazione - 5. Decreto di espropriazione ed efficacia traslativa della proprietà a favore della P.A. - 6. Effetti del decreto di espropriazione sulle situazioni sussistenti sul bene - 7. Segue. Degrado del possesso in detenzione - 8. Caratteri del possesso - 9. Conclusioni - NOTE


1. Il caso per condurre nuove riflessioni sul tema

Con la sentenza n. 651 del 13.01.2023 [1] le Sezioni Unite della Corte di Cassazione analizzano il rapporto intercorrente tra gli effetti del decreto di esproprio di un immobile da parte della Pubblica Amministrazione ed il possesso rilevante ad usucapionem [2] esercitato da una società privata con riferimento allo stesso. La vicenda si riferisce all’espropriazione di un terreno e del sovrastante fabbricato effettuata da parte del Comune di Roma. Peraltro la procedura espropriativa si arrestava perché la P.A., dopo l’emanazione e la notifica del decreto, non poneva in essere comportamenti rilevanti al fine di dar seguito alla dichiarazione di pubblica utilità né si immetteva nel possesso dell’immobile. Successivamente, la società citava in giudizio il Comune davanti al Tribunale di Roma [3] anche per l’ac­co­glimento della domanda di avvenuta usucapione in suo favore in ragione del possesso utile ai fini dell’ac­quisto della proprietà. Possesso realizzatosi in capo a detta società con la maturazione del ventennio in quanto cumulato con quello di altra società sua dante causa, che non aveva mai smesso di avere la disponibilità materiale dei beni poiché l’ente espropriante non aveva mai provveduto ad occuparli. I giudici di merito in primo ed in secondo grado rigettavano le richieste avanzate dalla società. La controversia giungeva poi dinanzi alla Suprema Corte [4] che rimetteva la soluzione alle Sezioni Unite dal momento che in ordine al rapporto tra possesso ad usucapionem ed espropriazione si danno in giurisprudenza diverse tesi. Secondo un orientamento tra gli effetti del decreto di espropriazione di un immobile da parte della P.A. vi sarebbe quello dell’estinzione del possesso esercitato da un privato, mentre secondo un altro, il possesso del privato verrebbe meno solo in presenza di un comportamento attivo del Comune con il quale si manifesti l’animus possidendi [5]. Le Sezioni Unite si sono pronunciate, al fine di dirimere la questione interpretativa, affermando due principi di diritto. Secondo il primo, nelle controversie soggette al regime normativo antecedente all’entrata in vigore del T.U. n. 327/2001 [6] il decreto di esproprio validamente emesso e a cui non ha fatto seguito alcuna immissione in possesso o notifica dello stesso, comporta la perdita dell’animus [continua ..]


2. Decreto di espropriazione e possesso: normative a confronto

Al fine di determinare la disciplina applicabile alla materia occorre premettere che nel 2001 si è avuta la riforma della materia dell’espropriazione, in precedenza regolata dalla legge del 1865. Prescindendo ora dall’analisi della fattispecie, è importante mettere a confronto le due disposizioni per intendere correttamente il significato e la portata delle previsioni vigenti. La legge 2359 del 22 giugno 1865 [7] prevedeva le modalità inerenti la procedura di espropriazione nel­l’ambito del capo V, sezione I rubricata “Decreto che pronuncia l’espropriazione e l’occupazione dei beni: suoi effetti rispetto al proprietario espropriato”. L’art. 50 statuiva espressamente che la proprietà dei beni soggetti ad espropriazione per causa di pubblica utilità passava in capo all’espropriante dalla data del decreto emanato dal prefetto che pronuncia l’espropriazione, mentre l’art. 52 statuiva che una volta pronunciato il decreto di espropriazione tutti i diritti reali sussistenti non si potevano far valere sul bene espropriato, bensì solo sull’indennità. Il D.P.R. 327 dell’08.10.2001 all’art. 24 comma I e VII, prevede invece il termine di due anni per dare esecuzione al decreto di espropriazione su iniziativa dell’autorità espropriante o del suo beneficiario mediante il verbale di immissione in possesso. Decorso tale termine, entro i successivi tre anni può essere emanato un ulteriore atto che comporta la dichiarazione di pubblica utilità. È dunque disposto che l’efficacia del decreto di espropriazione è condizionata al rispetto di un termine perentorio ed alla necessità di redigere un verbale di immissione in possesso previo espletamento di comportamenti concludenti. La pronuncia della Cassazione del 2023 riprende una vicenda regolata dalla legge del 1865. L’analisi che verrà condotta, pur tenendo conto anche della disciplina previgente, è focalizzata ovviamente sulla normativa in vigore, d’altra parte considerata per più aspetti anche nella decisione delle Sezioni Unite.


3. Ipotesi di possesso ad usucapionem in rapporto al decreto di espropriazione

La circostanza che il possesso ad usucapionem si perfeziona dopo un dato tempo previsto dalla legge consente invero di distinguere svariate ipotesi nel rapporto con la procedura espropriativa. E così può darsi che: a) il possesso sia sorto e si sia perfezionato prima del decreto di espropriazione, dovendosi poi distinguere il caso, di particolare rilievo, in cui ricorre un possessore diverso dal proprietario, al quale il decreto di espropriazione viene oppure non viene notificato, dal caso, più semplice, del proprietario – possessore destinatario di tale notifica; b) il possesso sia iniziato prima del decreto di espropriazione e però la disponibilità del bene permanga successivamente e il tempo per l’usucapione si sia perfezionato dopo la notifica di tale decreto e però anteriormente o successivamente (due diverse ipotesi) all’immissione in possesso da parte della P.A. Ed anche in questo caso dovendosi ulteriormente distinguere l’eventualità in cui il possessore sia lo stesso proprietario al quale è notificato il decreto, dal caso che il possessore sia persona diversa dal proprietatrio; c) il possesso sia iniziato e si sia perfezionato successivamente alla notifica del decreto di espropriazione al proprietario e /o all’immissione in possesso, possesso di un soggetto di regola ovviamente diverso dal proprietario stesso, ma anche in ipotesi dello stesso proprietario. Venendo all’esame dei tre casi, nell’ipotesi sub a non si può dubitare che il possessore ad usucapionem, se diverso dal proprietario del bene, sia a sua volta per il decorso del termine divenuto proprietario. Cosicché se la P.A. notifica il decreto di espropriazione al proprietario formale, chi ha posseduto per il tempo richiesto per l’usucapione già prima del decreto può senz’altro far valere tale suo diritto, destinato poi eventualmente a decadere se la P.A. gli notifichi il decreto di esproprio [8]. L’ipotesi sub b si atteggia in termini più complessi. In questo caso il possessore (persona diversa dal proprietario) non ha perfezionato l’acquisto per usucapione al tempo del decreto di esproprio, che viene quindi notificato al solo proprietario (soggetto diverso dal possessore). L’acquisto del diritto di proprietà per usucapione si perfeziona infatti solo nel momento in cui si completa la fattispecie, ovvero alla [continua ..]


4. Interruzione del possesso mediante decreto di espropriazione

La circostanza che il possesso ad usucapionem si perfeziona dopo un dato tempo previsto dalla legge consente invero di distinguere svariate ipotesi nel rapporto con la procedura espropriativa. E così può darsi che: a) il possesso sia sorto e si sia perfezionato prima del decreto di espropriazione, dovendosi poi distinguere il caso, di particolare rilievo, in cui ricorre un possessore diverso dal proprietario, al quale il decreto di espropriazione viene oppure non viene notificato, dal caso, più semplice, del proprietario – possessore destinatario di tale notifica; b) il possesso sia iniziato prima del decreto di espropriazione e però la disponibilità del bene permanga successivamente e il tempo per l’usucapione si sia perfezionato dopo la notifica di tale decreto e però anteriormente o successivamente (due diverse ipotesi) all’immissione in possesso da parte della P.A. Ed anche in questo caso dovendosi ulteriormente distinguere l’eventualità in cui il possessore sia lo stesso proprietario al quale è notificato il decreto, dal caso che il possessore sia persona diversa dal proprietatrio; c) il possesso sia iniziato e si sia perfezionato successivamente alla notifica del decreto di espropriazione al proprietario e /o all’immissione in possesso, possesso di un soggetto di regola ovviamente diverso dal proprietario stesso, ma anche in ipotesi dello stesso proprietario. Venendo all’esame dei tre casi, nell’ipotesi sub a non si può dubitare che il possessore ad usucapionem, se diverso dal proprietario del bene, sia a sua volta per il decorso del termine divenuto proprietario. Cosicché se la P.A. notifica il decreto di espropriazione al proprietario formale, chi ha posseduto per il tempo richiesto per l’usucapione già prima del decreto può senz’altro far valere tale suo diritto, destinato poi eventualmente a decadere se la P.A. gli notifichi il decreto di esproprio [8]. L’ipotesi sub b si atteggia in termini più complessi. In questo caso il possessore (persona diversa dal proprietario) non ha perfezionato l’acquisto per usucapione al tempo del decreto di esproprio, che viene quindi notificato al solo proprietario (soggetto diverso dal possessore). L’acquisto del diritto di proprietà per usucapione si perfeziona infatti solo nel momento in cui si completa la fattispecie, ovvero alla [continua ..]


5. Decreto di espropriazione ed efficacia traslativa della proprietà a favore della P.A.

Una questione sicuramente centrale nella tematica è quella concernente il momento in cui il decreto di espropriazione ha efficacia traslativa della proprietà a favore della P.A [16]. Ora, mentre vigente la legge del 1865, era pacifico che il trasferimento della proprietà si realizzasse in forza ed al tempo del decreto di espropriazione, dopo l’entrata in vigore della riforma della materia del 2001 si assiste ad un rovesciamento di prospettiva nel senso che la proprietà del bene non passa all’Autorità espropriante al tempo del decreto di esproprio bensì successivamente, quando viene effettuata l’immissione in possesso. La legge prevede infatti che l’efficacia del decreto è sospesa condizionatamente sino alla redazione del verbale di immissione, che deve essere posta in essere entro due anni dal decreto a pena di decadenza dei suoi effetti. Se dunque la P.A. non diventa proprietaria se non con l’immissione in possesso, anteriormente a tale momento e quindi anche successivamente al decreto di esproprio, la proprietà permane in capo all’espropria­to e di conseguenza anche il possesso del bene. Sul punto le Sezioni Unite non si soffermano espressamente ma dalla loro ripetuta affermazione che il decreto di esproprio è condizionato sospensivamente non può non ricavarsi la persistenza della situazione proprietaria in capo all’espropriato. Si tratta naturalmente di una titolarità precaria, destinata con tutta probabilità a venir meno con il prodursi della condizione (il verbale di immissione in possesso), ma comunque tale e comportante il diritto al godimento del bene. Ove non segua nel biennio al decreto di esproprio la formale immissione in possesso la legge dispone che entro il successivo triennio possa essere emanata un’ulteriore dichiarazione di pubblica utilità con successivo decreto di esproprio. Si conferma così che con il primo decreto di espropriazione non seguito dal­l’immissio­ne la proprietà è rimasta all’espropriato; le Sezioni Unite discorrono al riguardo ma impropriamente di “ripristino automatico” in capo al proprietario e però, come si è visto, questi non perde mai la titolarità del diritto che, in assenza dell’immissione in possesso da parte della P.A., può essere esercitato in tutte le sue [continua ..]


6. Effetti del decreto di espropriazione sulle situazioni sussistenti sul bene

La Cassazione nell’ordinanza 19758 del 2022, e con riferimento alla situazione vigente la legge del 1865, in relazione al problema del degrado del possesso in mera detenzione afferma che la notifica del decreto di esproprio determini la perdita dell’animus nonostante il precedente proprietario o un diverso soggetto continuino ad esercitare sulla res delle attività che corrispondano all’esercizio del diritto di proprietà. Le Sezioni Unite nella pronuncia resa recentemente dimostrano di voler condividere tale orientamento sia con riferimento al regime applicabile prima dell’entrata in vigore del T.U. che per il periodo successivo. Il decreto di espropriazione per pubblica utilità ha, infatti come si è già detto, nella legge del 1865 un’efficacia traslativa della proprietà in favore del soggetto espropriante e tra gli effetti vi è quello del­l’estinzione di tutti i diritti reali e personali vantati dal precedente proprietario o dai terzi [17], compreso – si afferma – il venir meno del possesso con la conseguenza che chiunque sia intenzionato ad usucapire la cosa dovrebbe compiere un atto di interversio possessionis. Nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, la Suprema Corte [18] ha sostenuto che il soggetto che abbia una relazione con il bene nel momento in cui sia stato destinatario della notifica del decreto di espropriazione per pubblica utilità, non potrebbe non acquisire la consapevolezza dell’alienità dello stesso e del­l’im­possibilità di utilizzarlo come se fosse proprio anche nell’ipotesi in cui dovesse rimanergli la disponibilità materiale. In conclusione sul punto, secondo questo orientamento giurisprudenziale, l’acquisto della proprietà in capo all’espropriante avviene a titolo originario, con la pienezza dovuta alla necessità di utilizzare il bene per realizzare l’opera di utilità pubblica di modo che la res transiti nel patrimonio indisponibile dell’ente per tutto il tempo necessario per il compimento di tale opera [19]. In conformità a questo orientamento è stato precisato [20] che tale passaggio di proprietà determina come conseguenza il mutamento dell’animus in capo al soggetto proprietario, anche nel caso in cui alla manifestazione del consenso non faccia seguito la consegna. Con [continua ..]


7. Segue. Degrado del possesso in detenzione

Con riguardo al problema del degrado del possesso in mera detenzione, sembra, però, necessario distinguere il soggetto proprietario possessore che riceve la notifica del decreto di espropriazione dal soggetto terzo che esercita un potere di fatto sulla res e che non abbia ricevuto la notifica del decreto di espropriazione. Giova premettere come le Sezioni Unite sul punto abbiano accennato alla questione, senza però diversificare espressamente la posizione del soggetto terzo esercente una situazione di fatto sul bene oggetto della procedura di espropriazione. Nel caso in cui al soggetto venga notificato il decreto, questi viene a conoscenza della probabile sussistenza di una situazione proprietaria della P.A. sul bene [21] e pertanto la relazione con il bene si potrebbe tramutare in detenzione [22]. Nel caso in cui invece si faccia riferimento alla presenza di un soggetto terzo possessore di fatto del bene oggetto del provvedimento di espropriazione ma che non riceve la notifica dello stesso, si andrebbe incontro ad effetti diversi a seconda delle disposizioni normative applicabili. Ove la disciplina applicabile ratione temporis sia quella del D.P.R. 327 del 2001, nella quale è previsto il termine di due anni per dare esecuzione al decreto di espropriazione su iniziativa dell’autorità espropriante o del suo beneficiario mediante il verbale di immissione in possesso, ciò comporta verosimilmente che la P.A venga a conoscenza della sussistenza del possesso da parte di un terzo del bene durante le operazioni prodromiche alla redazione del verbale. Cosicché potrebbe provvedere a notificare il decreto a quest’ultimo e conseguentemente il terzo tramuterebbe la sua situazione da possesso in detenzione. Nell’evenienza in cui, invece, si applicasse la normativa del 1865, come nel caso dell’ordinanza dalla quale si è preso spunto per la riflessione sul tema, non è prevista alcuna procedura di immissione in possesso e pertanto ben potrebbe darsi che la P.A. non venga a conoscenza della sussistenza del possesso di fatto di un terzo. Per ciò che concerne il rapporto tra l’interesse pubblico e l’interesse del privato, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato [23] ha chiarito come la condizione per la legittimità del potere amministrativo di acquisto di un bene sia la sussistenza di un formale atto della P.A. che esteriorizzi una [continua ..]


8. Caratteri del possesso

La Cassazione afferma, come si è visto, che la notifica del decreto di espropriazione, comportando la consapevolezza dell’acquisto della proprietà da parte della P.A., trasformerebbe la situazione di fatto sul bene da possesso in detenzione. Si è già rilevato come tale trasformazione riguarda solo il possesso del proprietario espropriato e non certo quello di un mero possessore al quale il decreto non è stato notificato. Occorre, però, ora aggiungere su un piano più generale, che l’impostazione seguita dalle Sezioni Unite sembra connessa ad una concezione tralaticiamente ripresa ma inadeguata, della rilevanza dell’elemento piscologico– volontaristico del possesso. In realtà, come è stato autorevolmente affermato in dottrina [35], la ricorrenza dell’animus e la sua rilevanza come momento di carattere volontaristico, se non si vuole rimanere ancorati ad un’affermazione puramente teorica, di principio, che non ha alcuna conseguenza da un punto di vista pratico, dovrebbe comportare correlativamente che rilevino quei momenti interni e psichici che caratterizzano qualsiasi determinazione di stampo volontaristico. Ma l’analisi della disciplina del possesso dimostra come non si applichi la disciplina dei vizi della volontà o dell’incapacità di agire e pertanto nel momento in cui non è possibile constatare con riferimento al comportamento possessorio che sia viziato perché il soggetto era incapace, non si giustifica la rilevanza di questa componente soggettivistica. Ed in effetti anche parte della giurisprudenza [36] recentemente ha abbandonato il ricorso al criterio soggettivo dell’animus quale fondamento del possesso, per dare rilevanza all’estrinsecazione oggettiva del potere di fatto esercitato sul bene in difetto di un titolo che legittimi l’attribuzione di un diritto su quest’ultimo. Ed anche in dottrina si è identificato l’animus quale elemento di “incerta natura psichica o spirituale” [37], che non trova riscontro in alcun dato normativo vigente. Da altra dottrina si conferma invece la tesi [38] secondo cui rileverebbe ai fini possessori anche l’animus possidendi, il quale richiama un momento di carattere psicologico– soggettivo-volontaristico di carattere essenziale e costitutivo del possesso, rappresentando una sorta di [continua ..]


9. Conclusioni

In conclusione una moderna concezione oggettiva del godimento di fatto non sembra coerente con l’affermazione secondo cui il decreto di espropriazione comporterebbe la trasformazione della situazione di fatto ricorrente sul bene da possesso a detenzione. Anche ponendosi in una prospettiva psicologico – soggettiva, si è già notato come nell’ipotesi in cui il possessore sia persona diversa dal proprietario al quale il decreto è notificato, non venendo tale possessore a conoscenza dell’espropriazione, non si può affermare che il suo animus sia mutato. Ma anche riferendosi alla posizione del proprietario – possessore al quale è notificato il decreto di espropriazione, si è già visto come non si verifichi l’acquisto del possesso in capo alla P.A. ed il venir meno del possesso del proprietario o del terzo. La normativa vigente richiede, infatti, come si è constatato, che entro due anni dal decreto di espropriazione l’autorità espropriante ne dia esecuzione mediante un verbale di immissione in possesso, il che lascia intendere che anteriormente a tale verbale la P.A. non ha acquisito il possesso [41]. Diversamente deve opinarsi per il caso in cui la P.A. si immetta materialmente ed effettivamente nel godimento del bene. Nel qual caso il possesso dell’espropriato o anche del terzo di fatto possessore deve ritenersi suscettibile di essere considerato interrotto. L’interruzione e lo stesso venir meno del possesso si verificano in particolare – si potrebbe ritenere – solo se la P.A. dopo il verbale di immissione in possesso in fatto utilizzi il bene per le finalità previste (ad esempio avviando la costruzione dell’opera pubblica). Ove viceversa nonostante il verbale di immissione rimanga inattiva e assente e il possessore, invece, riprenda e continui entro l’anno la relazione oggettiva di godimento del bene, l’interruzione giuridicamente non si realizza. La permanenza del possesso, nei casi e alle condizioni sinora previste, è utile ai fini dell’usucapione, che può perciò realizzarsi anche successivamente e in presenza di un decreto di espropriazione, quando la P.A. rimanga inattiva e non persegua di conseguenza la finalità pubblica per la quale l’espropriazione è stata disposta.


NOTE