Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La responsabilità del c.d. produttore apparente. Appunti a margine di CGUE 7.7.2022, C-264/21 (di Giacomo Buset, Assegnista di ricerca in Diritto privato – Università degli Studi di Trieste)


La sentenza CGUE 7.7.2022, C-264/21, traccia il perimetro della figura del c.d. produttore apparente, di cui all’art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE. Secondo l'avviso della Corte, ai sensi della predetta disposizione si presenterebbe come produttore, e sarebbe assoggettato al medesimo regime di responsabilità del produttore effettivo, il soggetto che fosse (meramente) titolare di un segno distintivo apposto sul prodotto. Nel contributo, l'autore opera una disamina critica della decisione, prospettando una legittimazione passiva alla domanda risarcitoria del danneggiato confinata al soggetto il quale, propriamente, appaia come produttore sulla base dell'apposizione di un segno distintivo sul prodotto e di circostanze concomitanti.

The apparent producer's liability. Critical remarks on the ECJ's judgement in Case C-264/21

In its judgment of July 7th, 2022, in Case C-264/21, the ECJ deals with the apparent producer’s liability for damage caused by a defective product (Art. 3, par. 1, Directive 85/374/EEC), ruling that the mere fact that a person puts his name, trade mark or other distinguishing feature on the product is sufficient to consider him as its producer. The author criticizes the ECJ's interpretation of Art. 3, par. 1, Directive 85/374/EEC, proposing to consider the apparent producer as the person who objectively gives the impression of being the actual manufacturer of the product.

L'articolo 3, comma 1, della Direttiva 85/374/CEE deve essere interpretato nel senso che la nozione di «produttore», di cui a tale disposizione, non richiede che la persona che ha apposto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto, o che ha autorizzato tale apposizione, si presenti anche come il produttore dello stesso in qualsiasi altro modo.

Corte di Giustizia UE, Sez. X, Sentenza 7 luglio 2022, C-264/21

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Pars destruens: il c.d. produttore apparente (art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE) come soggetto che (meramente) appone il proprio segno distintivo su un prodotto. Critica della impostazione adottata da CGUE 7.7.2022, C-264/21 - 3. Pars construens: tre considerazioni preliminari sul concetto di apparenza giuridica - 4. Segue. Sviluppo di una tesi alternativa: l’apparenza c.d. produttiva come ipotesi di apparenza giuridica in senso proprio - 5. La (ir)rilevanza, in seno alla fattispecie effettuale, della buona fede (in senso soggettivo) del danneggiato, ed il (possibile) ruolo della mala fede. L’applicabilità, in via analogica, della disciplina relativa alla responsabilità del fornitore (art. 3, comma 3, Dir. n. 85/374/CEE) - NOTE


1. Il caso

In Finlandia, un consumatore acquista una macchina da caffè, sulla quale sono apposti due marchi: il primo, riconducibile ad una società operante nel settore (generico) della produzione di dispositivi elettronici (P.); il secondo, riconducibile ad una società operante nel settore (specifico) della produzione di macchine da caffè (S.). Il giorno successivo, un difetto della macchina da caffè innesca un incendio presso la casa di abitazione del consumatore. Il pregiudizio patrimoniale subito da quest’ultimo, a causa dell’incendio, viene indennizzato dall’assicuratore L.F., in esecuzione di una polizza assicurativa perfezionata tempo addietro. L.F., surrogandosi nei diritti attribuiti al danneggiato dalla Dir. n. 85/374/CEE (rectius, dalla corrispondente normativa interna di attuazione, emanata nel 1990) in confronto del produttore del prodotto difettoso, agisce (soltanto) contro la società P., la quale eccepisce di non essere produttrice della macchina da caffè. In effetti, la macchina da caffè – per vero, recante, in aggiunta ai marchi di P. e S., indicazioni ulteriori: segnatamente, un indirizzo in Italia, e la locuzione «made in Romania» – risulta prodotta, presso uno stabilimento romeno, da S., società controllata da P., con sede legale in Italia; e commercializzata, in Finlandia, da una terza società, ancora controllata da P., avente sede legale (proprio) in Finlandia. All’esito di due gradi di giudizio che registrano la prevalenza delle ragioni, rispettivamente, di L.F. e di P., la controversia giunge, alfine, alla cognizione della Corte Suprema finlandese, la quale rileva l’esserci di una dirimente questione interpretativa: quale sia la esatta portata – in precipua funzione, deve reputarsi, del­l’intendimento della omologa disposizione interna – dell’art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE, sotto due profili complementari. Da un lato, se siano richiesti criteri «supplementari», rispetto alla (mera) apposizione di un segno distintivo sul prodotto, per aversi responsabilità di quanti non è produttore effettivo (c.d. produttore apparente); dall’altro, se possano considerarsi rilevanti alcuni «elementi di esclusione della responsabilità», come la circostanza che sul prodotto siano apposte diciture le quali appalesino l’alterità del [continua ..]


2. Pars destruens: il c.d. produttore apparente (art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE) come soggetto che (meramente) appone il proprio segno distintivo su un prodotto. Critica della impostazione adottata da CGUE 7.7.2022, C-264/21

L’interpretazione dell’art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE, operata dalla CGUE nella sentenza in commento, non appare punto condivisibile, esponendosi a plurimi motivi di censura. Cominciando dall’argomento letterale, di là della obiezione (metodologica) che la chiarezza di un enunciato normativo rappresenta il momento finale di un procedimento il quale, se muove dalla lettera, giammai può arrestarsi alla sua contemplazione [2], (nel merito) il testo dell’art. 3 Dir. n. 85/374/CEE neppure si accontenta, ai fini della imputazione della responsabilità, della (mera) apposizione di un segno distintivo sul prodotto, sibbene delinea un soggetto, cui il segno si riferisce, che, altresì, «si presenta come produttore». Asserire che l’apposizione di un segno sul prodotto sia bastevole per aversi responsabilità del titolare, allora, significa, già su un piano formale, obliterare il frammento finale della disposizione, di essa offrendo, in tal guisa, una inaccettabile – essendo una ermeneusi siffatta prospettabile, a tutto concedere, appena come extrema ratio [3] – lettura (parzialmente) abrogante (i.e. la medesima norma avrebbe potuto essere ricavata da un disposto nel quale non figurasse il frammento finale; tuttavia, se il legislatore comunitario tale frammento ha inserito, è necessario provare ad assegnarvi un significato, invece di assumere che un significato non abbia affatto). Su un piano dogmatico, inoltre, la soluzione adottata della CGUE, facendo assurgere l’apposizione del segno su un prodotto sic et simpliciter a fatto costitutivo – positivamente predeterminato, si badi, ed esclusivo – della legittimazione passiva del titolare alla domanda risarcitoria del danneggiato, finisce per riportare la previsione dell’art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE nell’area del formalismo giuridico. Ma il formalismo, inteso con rigore, è un dispositivo di tutela dell’affidamento (in astratto-obiettivo) che si asside, naturaliter, su fatti di significazione per simboli (i.e. su fatti di linguaggio): i quali, come fonti di conoscibilità diretta di fatti significati, ne evocano per rappresentazione, (appunto) direttamente, la struttura ideale [4]. Ciò non sembra attagliarsi alla (mera) apposizione di un segno distintivo su un prodotto, dacché essa: per un verso, non appare [continua ..]


3. Pars construens: tre considerazioni preliminari sul concetto di apparenza giuridica

Esaurita, così, la disamina critica della decisione in commento, è possibile, ora, avanzare una ipotesi di soluzione alternativa: basata, secondo quanto si avrà modo di argomentare, sulla riconduzione della figura del produttore apparente (rectius, della fattispecie di responsabilità di cui all’art. 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE) nell’alveo del concetto di apparenza in senso proprio. In premessa, riesce opportuno svolgere tre (brevi) considerazioni preliminari. La prima: quella dell’apparenza giuridica non è una figura di diritto italiano punto; tutto all’opposto, si rinviene in seno alla tradizione giuridica dei principali sistemi europeo-continentali, e giusto dalle elaborazioni dottrinali d’oltralpe (Rechtsschein; apparence) risulta penetrata in Italia [23]. Il nucleo concettuale è, invero, comune: strutturalmente, l’apparenza giuridica si radica in un fatto significante reale, legato da un rapporto di significazione con un fatto significato – preso in considerazione per gli effetti giuridici che produce – non (perlomeno, non di necessità) [24] reale; funzionalmente, in ciò che comprime l’onere di accertamento preventivo della realtà in situazioni che rendono tale accertamento complesso o dispendioso – e, per converso, al cospetto di circostanze tali da giustificare la possibile illazione collettiva [25] della sussistenza del fatto significato –, l’apparenza giuridica è un dispositivo di protezione dell’affidamento (in astratto-obiettivo) [26]. Muta, piuttosto, la estensione del concetto, ossia il novero di casi (i.e. di fatti significanti, e significati) che si riportano nell’area concettuale. In Germania, tale insieme è sempre stato assai corposo, e diffusamente costituito da fatti significanti, muniti di valore formale, già isolati, con precisione, dal diritto positivo: sicché, anche a trascurare le declinazioni teoretiche più estreme e risalenti (Rechtsschein ist alles) [27], compendiante ipotesi che, ad un vaglio analitico, risultano meglio collocabili nell’area del formalismo, in quanto integrate (appunto) da fattispecie di investitura formale la cui rilevanza giuridica assorbe quella della situazione reale [28]. Numerose risultano pure le fattispecie di operatività dell’apparenza giuridica prospettate [continua ..]


4. Segue. Sviluppo di una tesi alternativa: l’apparenza c.d. produttiva come ipotesi di apparenza giuridica in senso proprio

Alla luce di quanto riferito finora, appare possibile riguardare l’art. 3, comma 1, Dir. n. 85/374/CEE, nella parte in cui fa menzione di un soggetto che (appone il proprio segno distintivo su un prodotto e) «si presenta come produttore», quale disposizione veicolante una fattispecie di apparenza giuridica in senso proprio: una apparenza (per dir così) produttiva, determinante la legittimazione passiva del produttore apparente alla domanda risarcitoria del danneggiato (meglio, in una dimensione tutta sostanziale, determinante la costituzione di una obbligazione risarcitoria in testa al produttore apparente). In altre parole, il frammento finale del disposto sembra suscettibile di rinviare l’interprete alla ricerca di circostanze oggettive, socialmente apprezzabili, del caso concreto (i.e. indeterminate a priori), idonee a far apparire colui, cui il segno distintivo apposto su un prodotto si riferisce, come se ne fosse il produttore. Una impostazione sostanzialmente intonata a quest’ultima risulta, invero, recepita da una parte degli interpreti europei: sia con riferimento alle normative interne di attuazione della Dir. n. 85/374/CEE; sia in immediata relazione, si badi, alla Dir. n. 85/374/CEE. Quanto al primo momento, basti richiamare, a titolo esemplificativo: la riflessione della dottrina italiana in merito alla opportunità di espungere dalla categoria del produttore apparente (già, art. 3, comma 3, D.P.R. 24.5.1988, n. 224; oggi, arg. ex 3, lett. d, 103, comma 1, lett. d, cod. cons. e 3, comma 1, ult. parte, Dir. n. 85/374/CEE) [46] la figura del titolare di un marchio di commercio, quantunque apposto su un prodotto [47]; il distinguo, ricorrente nell’approccio interpretativo tedesco, tra c.d. Quasi-Hersteller (§ 4, comma 1, ult. parte, Produkthaftungsgesetz) e soggetto che, pur apponendo il proprio segno su un prodotto, fosse chiaramente riconoscibile come distributore del medesimo [48]; la esclusione dalla sfera soggettiva d’imputazione della responsabilità del producent, predicata in Olanda da giurisprudenza teorica e pratica, di quanti apponesse bensì il proprio segno su un prodotto (art. 6:187 cpv., ult. parte, BW), ma per mere ragioni pubblicitarie [49]. Quanto al secondo momento, merita segnalare che in un recente contributo scolare, frutto del lavoro congiunto di giuristi autorevoli provenienti da molteplici Paesi membri, la qualità di [continua ..]


5. La (ir)rilevanza, in seno alla fattispecie effettuale, della buona fede (in senso soggettivo) del danneggiato, ed il (possibile) ruolo della mala fede. L’applicabilità, in via analogica, della disciplina relativa alla responsabilità del fornitore (art. 3, comma 3, Dir. n. 85/374/CEE)

In conclusione, resta da affrontare un ultimo aspetto della disciplina della responsabilità del produttore apparente, una volta condotta, secondo quanto si è cercato di argomentare, nell’alveo dell’apparenza in senso proprio. In conformità di tale impostazione, se il titolare del segno distintivo apposto sul prodotto non risultasse essersi presentato come produttore, facendo difetto una situazione di apparenza, la sua responsabilità sarebbe esclusa. Laddove, invece, fosse integrata una situazione di apparenza produttiva, occorrerebbe interrogarsi, ancora, circa il ruolo della buona fede (in senso soggettivo) del danneggiato. In limine esclusa, difatti, una rilevanza della buona fede quale elemento costitutivo della fattispecie effettuale – non davvero reclamata, in termini generali, dalla teoretica dell’apparenza in senso proprio; non richiesta, ad ogni modo, dall’art. 3, comma 1, Dir. n. 85/374/CEE –, ci si deve interrogare, quantomeno, se essa importi in negativo: ossia, se la mala fede (i.e. la conoscenza, da parte del danneggiato, della circostanza che il soggetto, cui il segno apposto si riferisce, non sia effettivamente produttore, nonostante la situazione obiettiva di apparenza) possa fungere da elemento impeditivo dell’effetto-costituzione dell’obbligazione risarcitoria. Elemento impeditivo della cui prova, beninteso, sarebbe onerato il produttore apparente. Al proposito, sembra possibile immaginare varie declinazioni (anche: mutevoli intensità) dello stato gnoseologico dell’utilizzatore-danneggiato, con ovvi risvolti sul piano (della facilità o complessità del raggiungimento, da parte del produttore apparente, del relativo, ipotetico, standard) probatorio. In talune, comunque, la mala fede appare sicura; e, pertanto, la prova della mala fede, da fornire (per presunzioni, ma) rigorosamente, non troppo disagevole da attingere [70]: così, in particolare, nella ipotesi del danneggiato appalesantesi come consapevole che il soggetto cui il segno si riferisce non è produttore, in quanto munito della consapevolezza – per avventura, dimostrabile – della identità del produttore effettivo. In questo caso, si vuol significare, pur essendogli nota l’identità del produttore effettivo, il danneggiato agirebbe contro quanti, per ciò stesso, saprebbe non essere produttore. Ora, ad immaginare una [continua ..]


NOTE