Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

La diffida ad adempiere tra pluralità degli statuti risolutori e fattispecie implicita di risoluzione immediata del contratto (di Antonello Iuliani, Ricercatore di Diritto privato – Università degli Studi di Siena)


Il saggio, dopo aver indagato la struttura e la funzione delle diverse ipotesi di diffida ad adempiere, si interroga sulla possibilità di rinvenire nel sistema una fattispecie implicita di risoluzione che, per l'ipotesi di ritardo di non scarsa importanza, consenta alla parte fedele di sciogliersi immediatamente dal contratto.

Default Notice: Different Ways of Termination of Contract and Implicit Withdrawal

The essay investigates the structure and function of the various forms of the default notice, with the aim to examine the possibility to identify, under Italian law, an implicit case of termination of the contract that, in the event of substantial delay, entitles the faithful party to withdraw immediately from the contract.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La diffida ad adempiere: pluralità degli statuti risolutori - 3. Profili comuni, tratti differenziali e (presunti) elementi tipizzanti: la menzione dell’effetto risolutivo - 4. La persistenza dell’interesse della parte fedele al­l’adempimento quale presupposto della diffida ad adempiere: congruità del termine e valutazione implicita di non scarsa importanza dell’inadempimento - 5. Inutilità dell’adempimento tardivo e scioglimento immediato del contratto: intorno alla definitività e alla non scarsa importanza dell’inadempimento - 6. Conclusione - NOTE


1. Introduzione

Queste pagine, intendono raccogliere alcune minime riflessioni attorno allo statuto della diffida ad adempiere, al fine di indagare, sollecitate dal confronto con l’esperienza riformatrice francese [1], la possibilità di rinvenire nel nostro sistema una fattispecie implicita di risoluzione che, per l’ipotesi di ritardo nel­l’inadempimento, consenta alla parte adempiente di sciogliersi immediatamente dal vincolo contrattuale. Un potere unilaterale di scioglimento dal contratto da far valere in via di azione [2], specularmente a quanto la giurisprudenza già consente di svolgere in via di eccezione, accordando rilievo al rifiuto dell’offerta tardiva del­l’adempimento ed esonerando la parte adempiente, che non abbia interesse a coltivare una domanda restitutoria, dall’onere di domandare la risoluzione in via riconvenzionale [3]; un potere unilaterale di scioglimento dal contratto da riconoscere oltre i confini dei contratti di durata [4] nei quali l’essenzialità temporale della prestazione inadempiuta rende evidente l’irrecuperabilità dell’inadempimento (parziale) [5] e di quelli segnati dagli artt. 1463 [6] e 1385 cod. civ., ove la risoluzione assume, quanto alla forma di esercizio, le sembianze del recesso. Da questo punto di vista, l’art. 1226 code civ. offre una significativa testimonianza dell’evoluzione del sistema dei rimedi contro l’inadempimento verso la stragiudizialità; vi si trovano contemplate due alternative: la prima conduce alla risoluzione mediante un procedimento bifasico. Il creditore che voglia, «à ses risques et périls», risolvere il contratto deve dapprima costituire in mora il debitore, avvertendolo della conseguenza del persistere dell’inadempimento e, successivamente, comunicargli la risoluzione del contratto, menzionando espressamente i motivi che la giustificano. La seconda fattispecie non è compiutamente regolata ma si ricava per riduzione degli elementi della prima: in caso di urgenza, infatti, il creditore può sciogliersi unilateralmente e immediatamente dal contratto. Per apprezzare appieno l’esistenza di un’analoga fattispecie nel nostro ordinamento e rendere così proficuo il confronto con l’esperienza francese, ci sembra opportuno non arrestare l’analisi alla sola disciplina dell’art. 1454 cod. civ. [continua ..]


2. La diffida ad adempiere: pluralità degli statuti risolutori

Si segnalano, da questa prospettiva, una pluralità di statuti risolutori, non omogenei quanto alla disciplina e alla funzione. La vendita di beni mobili annovera, a esempio, l’art. 1517 cod. civ. il quale accorda al venditore e al compratore, che abbiano preventivamente offerto la consegna del bene o il pagamento del prezzo: (a) la facoltà di risolvere il contratto entro otto giorni dalla scadenza del termine fissato per l’adempimento delle obbligazioni di consegna e di pagamento del prezzo, qualora il venditore o il compratore, prima della scadenza del termine stabilito, abbiano offerto preventivamente l’adempimento dell’obbliga­zione e l’altra parte non abbia adempiuto alla scadenza; (b) e, al solo venditore, la facoltà di risolvere il contratto entro otto giorni dalla scadenza del termine fissato per l’adempimento della consegna, nell’ipotesi in cui il termine per il pagamento del corrispettivo non sia ancora scaduto e il compratore non si presenti per ritirare il bene preventivamente offerto, ovvero lo rifiuti. La fisionomia del rimedio in commento sollecita un accostamento ora con l’istituto della diffida ad adempiere (preventiva, giacché l’inadempimento, in entrambi i casi, non è ancora attuale al momento in cui la diffida interviene) alla quale fa seguito, nell’ipotesi prevista dal secondo comma, un potere di risoluzione che è anch’esso anticipato (giacché reagisce ad un pericolo di inadempimento, presunto dalla mancata consegna [7]); ora, limitatamente alla fattispecie recata dal primo comma, un confronto con il termine essenziale, unilateralmente determinato dalla parte nel corso del rapporto; con la peculiarità, in entrambi i casi, di uno scioglimento non automatico del contratto, ma condizionato all’esercizio di un potere unilaterale e stragiudiziale [8]. L’accostamento con la diffida ad adempiere riesce persuasivo, almeno con riferimento alla fattispecie recata dal primo comma dell’art. 1517 cod. civ.: l’offerta di adempimento ha, infatti, la funzione di dialettizzare, in via preventiva, l’essenzialità del termine, mediante un comportamento capace di manifestare, in modo univoco, l’interesse del venditore ad un adempimento temporalmente esatto [9] e da questo punto di vista, perciò, essa svolge la medesima funzione che l’art. 1454 cod. civ. riserva [continua ..]


3. Profili comuni, tratti differenziali e (presunti) elementi tipizzanti: la menzione dell’effetto risolutivo

Le fattispecie alle quali si è fatto sinora cenno presentano elementi comuni e tratti di disomogeneità sui quali è bene fermare l’attenzione: a) la stragiudizialità costituisce un sicuro elemento che accomunare le fattispecie sinora esaminate all’art. 1454 cod. civ.; in dottrina trova, d’altronde, frequente riscontro l’affermazione secondo la quale la diffida ad adempiere rappresenta un «mezzo concesso dalla legge al creditore insoddisfatto per ottenere una rapida risoluzione del rapporto» ed evitare quindi le lungaggini processuali[16]; b) la funzione preventiva: si tratta di un elemento che, se pure può dirsi ricorrente in tutte le fattispecie sinora passate in rassegna, inclusa quella generale contemplata all’art. 1454 c.c., varia in funzione del termine di riferimento. In taluni casi, l’intimazione ad adempiere interviene prima che l’inadempimento si sia verificato e consente di stimolare l’inadempimento e al contempo di prevenirlo; altre volte non solo l’intimazione, ma anche la risoluzione intervengono in un momento in cui l’inadempimento (all’obbligo primario assunto) non è ancora attuale; in ogni caso si può dire che la diffida ad adempiere svolga una generale funzione di prevenzione della compromissione dell’interesse creditorio; c) l’automaticità dell’effetto risolutivo si ritrova nelle fattispecie recate agli artt. 1454 e 1662 cod. civ. ma è estraneo alle ipotesi contemplate dagli artt. 1517 e 2224 c.c.; in questi casi, invero, la risoluzione è l’effetto – successivo all’intimazione ad adempiere – dell’esercizio di un potere unilaterale (oltre che stragiudiziale); d) l’interesse alla prestazione: in tutte le ipotesi di diffida adempiere il creditore, al momento dell’in­timazione, ha ancora interesse – entro un termine stimato dal creditore oltre il quale risulterebbe compromessa (o seriamente pregiudicata) la realizzazione del proprio interesse – a che la prestazione venga eseguita dal­l’altra parte; il presupposto sui cui si fonda questo strumento di risoluzione è che l’adempimento sia tuttora utile, ma che questa utilità possa venire a mancare entro un certo lasso di tempo, più o meno breve; d) la tipologia di inadempimento: le diverse ipotesi di diffida ad adempiere non trovano [continua ..]


4. La persistenza dell’interesse della parte fedele al­l’adempimento quale presupposto della diffida ad adempiere: congruità del termine e valutazione implicita di non scarsa importanza dell’inadempimento

f) la non scarsa importanza dell’inadempimento: testualmente, né l’art. 1454 c.c., né le altre norme prese in considerazione sinora, menzionano espressamente tale requisito. Ciononostante, la dottrina maggioritaria[24] e la giurisprudenza prevalente lo annoverano tra i requisiti della diffida ad adempiere, sul presupposto che quest’ultima si limiti ad apprestare uno strumento di definizione stragiudiziale delle controversie relative all’applicabilità del rimedio risolutorio, e si dividono unicamente sul momento al quale riferire il giudizio di gravità, se quello della ricezione della diffida ovvero quello della scadenza del termine. Tale opinione parrebbe ricevere ulteriore conforto dalla lettera dell’art. 1224 code civ. che, come noto, pone espressamente a fondamento della risoluzione per atto unilaterale prevista dall’art. 1226 code civ. un inadempimento sufficientemente grave. Meno univoche appaiono, invece, le norme convenzionali: sia gli artt. 49 e 64 della CISG, sia gli artt. 114, 115,134 e 135 CESL nel distinguere tra la risoluzione immediata, conseguente a un inadempimento grave, e la risoluzione mediante diffida ad adempiere in caso di ritardo nella consegna, parrebbero far ritenere che in questa seconda ipotesi la gravità dell’inadempimento sia quantomeno implicita nell’inutile decorso del tempo concesso dalla parte adempiente. L’opinione maggioritaria non è, tuttavia, incontrastata [25]: un’autorevole dottrina reputa, a esempio, che la funzione della diffida ad adempiere si risolva nell’offrire ai contraenti un rimedio attraverso il quale fuoriuscire dall’incertezza di una situazione in cui non si sa ancora se il contratto avrà esecuzione o rimarrà definitivamente ineseguito [26]. La centralità che nell’opinione in commento riveste la funzione di superamento del­l’incertezza rende irrilevante il giudizio sulla gravità dell’inadempimento, nel senso che si prescinde da esso, e la diffida ad adempiere diviene strumento necessario anche al creditore che abbia definitivamente perso l’interesse a ricevere la prestazione. Secondo una diversa opinione [27], l’irrilevanza del giudizio di gravità dell’inadempimento discenderebbe dalla funzione complessa che è destinata ad assolvere la diffida ad adempiere nella sequenza procedimentale che [continua ..]


5. Inutilità dell’adempimento tardivo e scioglimento immediato del contratto: intorno alla definitività e alla non scarsa importanza dell’inadempimento

Le considerazioni che precedono sollecitano un più generale interrogativo: nell’ipotesi in cui il creditore non abbia interesse a ricevere la prestazione in ritardo, egli può sciogliersi immediatamente dal contratto (giudizialmente o stragiudizialmente), o, viceversa, è necessario che costituisca preventivamente in mora il debitore? Si potrebbe, anzitutto, pensare di fondare una distinzione sulla natura della prestazione: se la prestazione è di dare, nella specie dell’obbligo di consegna, si darebbe la possibilità di una risoluzione immediata; là dove, invece, la prestazione è di fare, il ritardo non sarebbe di per sé grave, dovendo il debitore costituire necessariamente in mora il debitore. La distinzione poggerebbe su un fondamento incerto: nell’appalto, a esempio, il ritardo nella consegna non consente all’appaltatore di liberarsi dal contratto con la stessa facilità con la quale il compratore può risolvere il contratto, sicché parrebbe più persuasivo fondare la distinzione sull’esistenza o meno di costi rilevanti per il debitore nell’esecuzione della prestazione. Uno spunto in tal senso parrebbe provenire dall’art. 61 cod. cons. [34], giacché si potrebbe reputare che l’obbligo, (previsto dal comma 3) in capo al compratore che voglia sciogliersi dal contratto, di concedere al venditore un termine supplementare per adempiere, sussista – come suggerisce il considerando n. 52 della dir. 2011/83 – soltanto nell’ipotesi in cui il professionista abbia confezionato o acquistato appositamente per il consumatore i beni venduti, sostenendo perciò costi rilevanti; con la conseguenza, allora, di ammettere il consumatore a risolvere immediatamente il contratto, anche oltre le ipotesi contemplate dal comma 4. Le caratteristiche del contratto d’appalto e la specificità della qualità di consumatore, che parrebbero limitare l’inte­resse del creditore ad uno scioglimento immediato in caso di semplice ritardo, lasciano spazio una disciplina del contratto di vendita assai più elastica, perlomeno a livello codicistico. I testi normativi internazionali, nei quali la risoluzione figura come potere stragiudiziale unilaterale, anche in reazione ad un inesatto adempimento, contengono, infatti, norme meno univoche: se l’art. 64 CISG distingue tra un inadempimento [continua ..]


6. Conclusione

Le riflessioni maturate sinora consentono di raccogliere alcune brevi conclusioni: la disciplina dei contratti tipici di vendita e di appalto lascia scorgere una dialettica tra una risoluzione che consegue al­l’in­timazione ad adempiere ed una risoluzione immediata per atto unilaterale; l’intimazione ad adempiere sorregge l’interesse del creditore all’adempimento tardivo e là dove non è prospetticamente rivolta a palesare il pericolo del futuro inadempimento, svolge la funzione di oggettivare il disinteresse del creditore alla esecuzione della prestazione oltre un certo termine, offrendo prova implicita della gravità dell’inadempimento; qualora il ritardo nell’adempimento pregiudichi (ancorché senza comprometterlo) l’interesse alla prestazione del creditore, quest’ultimo ha interesse a sciogliersi immediatamente dal vincolo; l’inadempimento, sotto il profilo temporale, è di non scarsa importanza anche là dove circostanze sopravvenute, ma prevedibili al momento della conclusione del contratto, rendano intollerabile un adempimento tardivo. Emerge, dunque, quella fattispecie immediata di risoluzione che può dirsi implicitamente contenuta nell’art. 1454 c.c.: ancorché non dialettizzato, l’interesse del creditore a liberarsi immediatamente dal vincolo diviene meritevole di tutela, ogniqualvolta il semplice ritardo abbia gravemente pregiudicato il suo interesse alla permanenza del vincolo [52]. Si tratta di una conclusione che potrebbe ricevere conforto, oltre che dalla disciplina dei singoli tipi negoziali esaminati, proprio dall’art. 1226 code civ.: vero è che la norma solleva il creditore dall’onere della costituzione in mora soltanto in caso di urgenza, là dove, in presenza di un inadempimento sufficientemente grave lo scioglimento del vincolo è subordinato alla concessione di un termine di dilazione; tuttavia, la dottrina – in linea con la giurisprudenza precedente e successiva [53] – è concorde nel parificare all’urgenza anche l’inutilità di una prestazione tardiva; inutilità – ci sembra – che altro non rappresenta che la declinazione soggettiva dell’interesse della parte fedele alla prestazione [54]. Ci sembra, piuttosto, da rimarcare, tornando alla fattispecie esplicita, come la variabile di una messa in mora che non [continua ..]


NOTE