Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Servitù coattive e applicabilità dell'art. 1333 cod. civ. (di Maria Teresa Nurra, Ricercatrice di Diritto privato – Università degli Studi di Sassari)


Il saggio si occupa di approfondire la tematica della costituzione delle servitù coattive, a partire dal concetto di obbligatorietà che le contraddistingue rispetto alle servitù volontarie. Viene, in particolare, analizzata la funzione dell'indennità a favore del titolare del fondo servente e la possibilità di procedere alla costituzione contrattuale attraverso lo schema di cui all'art. 1333 c.c., che disciplina il contratto con obbligazioni del solo proponente. L'analisi si conclude con alcune riflessioni sull'applicabilità in sede giurisprudenziale dell'art. 1411 c.c. nella costituzione delle servitù volontarie e sugli elementi di distinzione tra tale fattispecie e l’art. 1333 c.c.

Compulsory easements and application of article 1333 c.c.

The essay examines the acquisition of compulsory easements and, in particular, the payment of compensation to the owner of servient land and the application of article 1333 c.c. (the offeror is the only party with a contractual obligation). It analyses also the jurisprudential application of 1411 c.c. (third party contract) in the acquisition of voluntary easements and the distinction between unilateral contracts and third party contracts.

SOMMARIO:

1. La costituzione delle servitù coattive ex art. 1032 cod. civ. L’obbligo di costituzione della servitù in capo al proprietario del fondo servente: criticità - 2. La costituzione delle servitù coattive tra sentenza e contratto - 3. La corresponsione dell’indennità - 4. Servitù coattive su base contrattuale e art. 1333 c.c. - 5. L’applicabilità dell’art. 1411 cod. civ. alle servitù volontarie - NOTE


1. La costituzione delle servitù coattive ex art. 1032 cod. civ. L’obbligo di costituzione della servitù in capo al proprietario del fondo servente: criticità

È opinione diffusa che la distinzione tra servitù volontarie e servitù coattive [1] debba essere identificata nella obbligatorietà o non obbligatorietà rispetto alla costituzione del diritto di servitù. La servitù coattiva, infatti, si costituisce in adempimento di un preciso obbligo di legge [2]. Non rilevano, ai fini di tale distinzione, i mezzi scelti dalle parti per la costituzione dei diritti. Infatti, come previsto dall’art. 1032 cod. civ. [3], le servitù coattive possono costituirsi, sia mediante contratto, dunque, attraverso un atto costitutivo di natura negoziale, sia, in mancanza di contratto, per effetto di una sentenza giudiziale e, nei soli casi stabiliti dalla legge, con l’emanazione di un atto amministrativo [4]. Detto ciò, il fatto che anche le servitù coattive possano trovare la propria fonte in un atto di autonomia negoziale non incide sulla distinzione tra servitù coattive e servitù volontarie [5]. Nello specifico, la costituzione mediante contratto non modifica o trasforma la servitù da coattiva a volontaria [6]. Il contratto, infatti, non fa altro che attuare quanto stabilito dalla legge, realizzando, in questo modo, una situazione di corrispondenza tra la fattispecie concreta e la fattispecie astratta prevista dalla legge [7]. Riprendendo il concetto iniziale di obbligatorietà o non obbligatorietà, è possibile, perciò, affermare che la distinzione tra servitù volontarie e servitù coattive sia strettamente connessa al concetto di volontarietà o involontarietà rispetto alla costituzione del diritto [8], posto che la realizzazione di una servitù coattiva rappresenta esclusivamente l’adempimento di un obbligo di natura legale [9]. Come specificato da una parte della dottrina [10], l’obbligo legale di costituzione è connesso ad una situazione di necessità in cui viene a trovarsi il fondo dominante [11]. Tale situazione può profilarsi nei casi in cui la limitazione del diritto sul futuro fondo servente possa essere considerata imprescindibile [12]. Il concetto di imprescindibilità si riferisce ad una condizione differente rispetto alla nozione di mera utilità, che si ritrova nell’ambito delle servitù volontarie. La necessità o imprescindibilità [continua ..]


2. La costituzione delle servitù coattive tra sentenza e contratto

Come più volte accennato, ai sensi dell’art. 1032 cod. civ. le servitù coattive possono costituirsi mediante contratto e, in mancanza di contratto, mediante sentenza. È importante sottolineare, come sostenuto da una parte della dottrina, che il riferimento al mezzo negoziale o al provvedimento giudiziale non deve essere concepito in via alternativa. L’obbligato, titolare del fondo servente, potrebbe, infatti, decidere di non prestare il proprio consenso e, in questa ipotesi, dovrà subire le conseguenze derivanti dall’emanazione di una sentenza costitutiva da parte del Giudice [26]. Sotto il profilo meramente strutturale è, però, importante evidenziare che l’obbligato non è mai libero di concludere il contratto, sebbene tale atto sia espressione dell’autonomia privata. Ciò significa che il consenso manifestato dal titolare del fondo servente non rappresenta una libera manifestazione della propria libertà negoziale, ma un atto dovuto in base ad un obbligo di legge [27]. Seguendo questa linea, si potrebbe, però, sostenere che il contratto abbia il valore di adempimento di un obbligo previsto dalla legge [28] e, al contempo, come qualsiasi atto di adempimento, la sua conclusione rientri nella libertà propria del soggetto obbligato. In quest’ottica, la mancata prestazione del consenso contrattuale da parte del­l’obbligato costituirà un’ipotesi di mancato adempimento e determinerà, attraverso l’esercizio dell’azione giudiziaria da parte dell’avente diritto, l’emanazione della sentenza costitutiva da parte del Giudice [29]. Nello specifico, con la manifestazione del proprio consenso, il titolare del fondo servente esprime unicamente la libertà di soggiacere all’imposizione proposta, là dove siano presenti tutti i requisiti previsti dalla legge. Tale consenso, però, non costituisce l’attuazione spontanea dell’obbligo di contrarre né una libera volontà costitutiva, che consenta di superare o annullare la coattività della servitù [30]. Alla luce di tali considerazioni, sembrerebbe sussistere una vera e propria contraddizione in termini, posto che il contratto rappresenta l’espressione della libertà negoziale del soggetto privato, ma, in questo caso, si traduce nell’adempimento di un obbligo [continua ..]


3. La corresponsione dell’indennità

Una delle questioni maggiormente dibattute in materia di servitù coattive è rappresentata dalla previsione dell’indennità [39]. Come stabilito dal secondo comma dell’art. 1032 c.c., con l’emanazione della sentenza il Giudice deve determinare le modalità di esercizio della servitù e, al contempo, la misura dell’indennità dovuta. Inoltre, il comma 3 dell’articolo sopra indicato, afferma che il proprietario del fondo servente possa opporsi all’esercizio della servitù da parte del titolare, nel caso in cui l’indennità non sia ancora stata corrisposta. Prima di analizzare le maggiori questioni in tema di indennità, è molto importante evidenziare che, sebbene la previsione dell’indennità sia circoscritta all’art. 1032 cod. civ. e sembri, perciò, riguardare esclusivamente le servitù giudiziarie, si tratta di una regola di carattere generale. Di conseguenza, la previsione in materia di indennità deve essere applicata anche nell’ipotesi in cui la costituzione della servitù coattiva sia realizzata contrattualmente. In virtù di ciò, si deve ritenere che l’indennità sia dovuta per tutte le servitù di carattere coattivo, considerando, tra l’altro che sussistono alcune disposizioni specifiche di indennità in tale contesto, come, ad esempio, nell’indennità di acquedotto (artt. 1038 e 1039 c.c.); nell’ap­poggio e infissione di chiusa (art. 1047 c.c.) e, infine, nell’ipotesi di passaggio coattivo di cui all’articolo 1053 cod. civ. [40]. È possibile riscontrare due filoni principali per quanto concerne l’inquadramento dell’indennità sotto il profilo dogmatico. Una prima linea di pensiero muove dalla constatazione per cui il contratto, costitutivo del diritto, produrrebbe effetti reali ed effetti obbligatori. In particolare, dalla conclusione del contratto scaturirebbe l’obbligo in capo al titolare del fondo servente di mettere a disposizione il bene per consentire l’esercizio del diritto di servitù da parte del titolare del fondo dominante. Tale obbligazione, come testimoniato dal comma 3, del­l’art. 1032 cod. civ., si troverebbe in un rapporto di sinallagmaticità rispetto alla prestazione dell’indennità da parte del titolare del fondo [continua ..]


4. Servitù coattive su base contrattuale e art. 1333 c.c.

Nell’illustrare la costituzione delle servitù coattive si è detto che il contratto produce effetti di carattere reale, perché immediatamente costitutivo del diritto. In virtù di tali considerazioni, la dottrina ha messo in luce la necessità che la convenzione rispetti il requisito della forma scritta ex art. 1350 n. 4 cod. civ. e sia soggetta alla trascrizione ai sensi di quanto sancito dall’art. 2643, n. 4. e 2644 cod. civ. In assenza di trascrizione, infatti, il contratto costitutivo della servitù non potrà produrre i propri effetti nei riguardi dei terzi, che abbiano acquistato i propri diritti sul fondo servente sulla base di un atto, che sia stato trascritto oppure iscritto in data anteriore rispetto alla trascrizione del contratto di cui sopra [55]. Il carattere di realità degli effetti pone il problema di verificare se, in questa specifica ipotesi, le parti possano ricorrere all’art. 1333 c.c., disciplinante il contratto con obbligazioni del solo proponente. Si tratta di una questione che da sempre solleva un ampio dibattito e che, in questo specifico caso, necessita di ulteriori considerazioni. Le servitù coattive sono, infatti, previste per legge e il consenso alla stipulazione del contratto da parte del proprietario del fondo servente rappresenta l’adempimento ad un obbligo di legge. Per comprendere la problematica in oggetto è necessario, innanzitutto, analizzare sotto il profilo prettamente strutturale tale istituto. Ai sensi di quanto sancito dall’art. 1333 cod. civ. [56], la proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni per il solo proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza del destinatario, che può rifiutare la proposta nel termine stabilito dalla natura degli affari o dagli usi. In mancanza di rifiuto, il contratto è concluso. La prima considerazione che emerge dall’analisi della norma è che il contratto con obbligazioni del solo proponente presenta una struttura che si potrebbe definire anomala rispetto alla definizione di contratto, di cui all’art. 1321 c.c., basato sull’accordo di due o più parti e finalizzato alla produzione di effetti giuridici e, altresì, in relazione all’art. 1326 c.c., che delinea lo schema tipico di formazione del contratto attraverso lo scambio tra proposta e accettazione [57]. Ai sensi [continua ..]


5. L’applicabilità dell’art. 1411 cod. civ. alle servitù volontarie

Rispetto a quanto finora analizzato, la situazione si presenta totalmente differente per quanto concerne l’applicabilità dell’art. 1411 cod. civ. – riguardante il contratto a favore di terzo – alle ipotesi di costituzione di servitù aventi carattere volontario. Innanzitutto, si è in presenza di un contratto a favore di terzo nel momento in cui una parte, definita stipulante, designa un soggetto terzo quale avente diritto alla prestazione dovuta dalla controparte, che assume la denominazione di promittente. Il terzo acquista il diritto nei confronti del promittente per effetto del contratto, ma lo stipulante conserva, comunque, la possibilità di revocare o modificare la disposizione a favore del terzo fino al momento in cui quest’ultimo dichiara di volerne profittare [83]. Analogamente a quanto avvenuto per il contratto con obbligazioni del solo proponente, anche in questa fattispecie si è posto il problema di applicabilità rispetto ai contratti con effetti reali [84], considerata l’operatività del consenso traslativo di cui all’articolo 1376 del Codice civile. In virtù di tale disposizione, infatti, non è ammessa la produzione di effetti reali nei confronti dei soggetti che non abbiano fatto parte del contratto. Vi sarebbero, anche, alcuni ostacoli di ordine letterale rispetto all’applicabilità dell’art. 1411 cod. civ. a tali fattispecie. Infatti, nella disciplina codicistica in materia di contratto a favore di terzo, il legislatore utilizza in maniera costante il termine “prestazione” e, in riferimento al primo periodo dell’art. 1411 cod. civ., si parla espressamente di «acquisto contro il promittente per effetto della stipulazione» [85]. Secondo Alcuni, inoltre, la produzione di effetti reali da parte dell’art. 1411 cod. civ. determinerebbe l’ammissibilità al­l’interno del nostro ordinamento giuridico dei c.d. negozi traslativi astratti. Infatti, mentre il promittente aliena il proprio diritto in base ad un valido rapporto causale – costituito dal contratto concluso con lo stipulante – l’acquisto da parte del terzo sarebbe privo di giustificazione sotto il profilo causale [86]. A ciò si aggiunge l’idea per cui il contratto a favore di terzo ha un’efficacia di carattere costitutivo. Ciò comporta, secondo i [continua ..]


NOTE