Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

In suo hactenus facere licet, quatenus nihil in alienum immittat: la resistibile reviviscenza di un'antica massima (di Mauro Tescaro, Professore associato di Diritto privato – Università degli Studi di Verona)


Lo studio mira (non ad abbandonare ma) a ridimensionare la diffusa reinterpretazione dell’art. 844 c.c. in chiave di tutela dei diritti della personalità, auspicando altresì un cambiamento di approccio con riguardo ai parametri pubblicistici e alla loro rilevanza anche per i rapporti di vicinato.

In suo hactenus facere licet, quatenus nihil in alienum immittat: the resistible revival of an ancient maxim

The study aims (not to abandon but) to scale back the widespread reinterpretation of article 844 of the Italian Civil Code in terms of protection of personality rights while also hoping for a likewise change in approach with regard to public law rules and their relevance to neighborhood relations as well.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La fase della tutela privatistica proprietaria (inibitoria): il diritto romano e la tradizione romanistica medioevale - 3. Segue. Le moderne esperienze giuridiche francese e tedesca nonché considerazioni di sintesi - 4. Segue. il diritto italiano precedente la codificazione del 1942 - 5. La fase dell’affermazione della tutela privatistica pecuniaria (risarcitoria e soprattutto indennitaria): l’esempio emblematico del diritto tedesco - 6. Segue. Altre esperienze giuridiche e considerazioni di sintesi - 7. Segue. Il diritto italiano successivo alla codificazione del 1942 - 8. La fase, spiccatamente italiana, della tutela anche inibitoria della salute e di altri diritti della personalità attraverso la disciplina sulle immis-sioni: stato dell’arte - 9. Segue. Critica - 10. La fase della tutela pubblicistica e della sua crescente in-fluenza (diretta principalmente a contenere il rimedio inibitorio) sul diritto privato: l’esempio emblematico del diritto tedesco - 11. Segue. Altre esperienze giuridiche e considerazioni di sintesi - 12. Segue. Stato dell’arte del diritto italiano e sua critica - 13. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione

La materia delle immissioni, cioè della indiretta e involontaria propagazione di fattori disturbanti tra vicini, è definita, in una delle più diffuse opera accademiche di common law [1], una giungla impenetrabile, forse la più impenetrabile in ambito giuridico. Una simile definizione, come verificheremo, non è inadeguata pure per ordinamenti giuridici di civil law [2] e specialmente per il diritto italiano. Nella nostra materia, si verificano, infatti, mutamenti talvolta non lineari né agevoli da ricondurre a sistema, venendo in rilievo nuove esigenze concrete connesse alla evoluzione della società e dell’economia così come impostazioni concettuali, se non ideologiche [3], su istituti centrali del diritto civile, innanzi tutto la proprietà [4] ma in tempi più recenti anche la salute e altri diritti della personalità. Si potrebbe immaginare che nei Paesi dotati di un’apposita disciplina, come quella di cui all’art. 844 c.c., il giurista positivo abbia di fronte a sé un compito semplificato, consistente principalmente nell’esegesi della stessa, ma non è affatto così, in quanto in tema di immissioni, più che in relazione ad altre questioni privatistiche, ha storicamente pesato e continua a essere centrale il ruolo della giurisprudenza, oltre e persino a prescindere dai testi scritti [5]. A complicare ulteriormente il quadro [6], si aggiunge la crescente rilevanza di leggi speciali di ambito pubblicistico, la cui esatta interazione con i rimedi civilistici va collocata nel contesto delle generali novità concernenti il rapporto tra i due settori dell’ordinamento giuridico, senza contare la a sua volta sempre più frequente incidenza di atti normativi sovranazionali. Orientando l’indagine civilistica in prospettiva storico-comparatistica (con particolare riguardo ai principali Paesi di civil law) e al tempo stesso rimediale è peraltro possibile individuare, sia pure non senza un certo livello di approssimazione, tre tappe fondamentali. Innanzi tutto vi è la fase più tradizionale, che affonda le sue radici nel diritto romano e si protrae fino all’età moderna, incentrata sulla tutela privatistica squisitamente proprietaria, ovverosia inibitoria. Segue una ulteriore fase, affermatasi indicativamente al tempo della seconda rivoluzione industriale, [continua ..]


2. La fase della tutela privatistica proprietaria (inibitoria): il diritto romano e la tradizione romanistica medioevale

Sebbene non sembri possibile individuare con certezza l’assetto del diritto romano in tema di immissioni nelle sue varie fasi storiche [7], può ragionevolmente ipotizzarsi che da un lato «il profondo rispetto della libertà del proprietario» [8] in linea di massima caratterizzante tale diritto e dall’altro la limitata urbanizzazione propria dei tempi più risalenti rendano a lungo la questione in esame scarsamente rilevante [9]. Al tempo dei Severi è peraltro presente un principio generale a governo della nostra materia [10], quello per cui in suo hactenus facere licet, quatenus nihil in alienum immittat, dal quale potrebbe a prima vista pensarsi di desumere un divieto assoluto di propagazione di fattori disturbanti da un fondo a un altro. Di tale principio si trova chiara testimonianza nei Digesti di Giustiniano [11], ove Ulpiano illustra la celebre fattispecie della taberna casiaria: una persona abitante sopra una fabbrica di formaggi si rivolge al giurista Aristone, per conoscere la liceità oppure non delle immissioni di fumo provenienti dalla citata fabbrica e dirette verso il proprio edificio. Aristone risponde in senso negativo, affermando appunto che a ciascuno è consentito fare sulla sua proprietà ciò che vuole, purché però non produca immissioni su quella altrui, giustificando quindi in relazione a tale caso la tutela reale dell’immesso, salva solo l’ipotesi della presenza di una servitù di immissioni di fumi in favore dell’immittente [12]. Un simile divieto, concepito in termini davvero assoluti, però, non avrebbe alcun senso: anche senza contare che è già il verbo immittere a esprimere l’idea di superamento del limite [13], è infatti un’affermazione scontata e senza tempo quella che continuiamo leggere, per esempio, nella cinquantesima edizione delle Istituzioni di Alberto Trabucchi, ovverosia che «una certa tolleranza è sempre necessaria, perché altrimenti non sarebbe addirittura possibile la vita in società» [14]. La società romana, del resto, era piuttosto complessa, essendo già per questo motivo inverosimile che non si verificassero quotidianamente numerose immissioni, molte delle quali normali e come tali da tollerare: basti pensare che, al tempo del Principato, Roma aveva all’incirca un [continua ..]


3. Segue. Le moderne esperienze giuridiche francese e tedesca nonché considerazioni di sintesi

Nella modernità, prima del Code civil, una impostazione sempre del tipo di quella in discorso si ritrova chiaramente negli scritti dei principali giuristi francesi dei secoli diciassettesimo e diciottesimo, Jean Domat e Robert Joseph Pothier. In estrema sintesi, Domat lascia infatti intendere che, a parte la diversa ipotesi in cui un proprietario produca immissioni con l’intenzione di disturbare il vicino a prescindere da un proprio vantaggio, l’illiceità delle propagazioni dipenda dalle caratteristiche della località ovverosia da ciò che è normale in una certa zona [25]. In termini che paiono nella sostanza non dissimili, Pothier ritiene che la valutazione debba essere incentrata sulla maggiore o minore intensità delle immissioni [26]. Con il Code civil del 1804 (si veda soprattutto l’art. 544 [27]) si afferma peraltro una concezione amplissima, che può senz’altro considerarsi ideologica, per non dire «sacro-sainte» [28], del contenuto della proprietà (diversa da quella tutto sommato più equilibrata derivante dalle fonti del diritto romano [29]), definita dai giuristi francesi del tempo come un potere sovrano ovverosia un completo dispotismo sopra la cosa [30], prospettiva questa che risulta assai difficile da conciliare con la presenza di limiti a tale diritto, quale anche il divieto di immissioni anormali evidentemente è. Sebbene possa aver giocato un ruolo pure la fretta con cui il testo normativo è stato predisposto [31], sembra in linea con tale prospettiva la circostanza che nel Code civil non si trova alcun riferimento esplicito alle immissioni. Come si è già avuto modo di segnalare con riguardo al diritto romano, peraltro, un divieto assoluto di qualsivoglia immissione sarebbe davvero inconcepibile [32]: lo riconoscono gli stessi giuristi francesi che pure definiscono la proprietà nel modo appena rammentato, ammettendo che, se ognuno invocasse il proprio diritto illimitato, nessuno sarebbe davvero proprietario e l’esito sarebbe la guerra e/o l’anarchia [33]. Si comprende agevolmente, pertanto, come la giurisprudenza francese, nonostante l’assenza di una specifica disciplina codiscistica, si sia preoccupata di trovare una soluzione equilibrata simile a quella derivante dalle pagine di Domat e Pothier e rappresentata (in aggiunta agli ulteriori [continua ..]


4. Segue. il diritto italiano precedente la codificazione del 1942

Il Codice civile del 1865 segue il modello del Code civil, così evitando di dedicare un’apposita disciplina alle immissioni. Nel suo vigore, la prassi italiana tende peraltro a orientarsi sua volta in modo simile a quella francese, considerando illecite le immissioni eccessive in quanto consistenti in un uso anormale della cosa tale da comportare disagi insoliti al vicino [43]. Ciò non stupisce, tenuto conto dello stretto legame sussistente a quel tempo tra la cultura giuridica italiana e quella francese, non solo nella materia in esame [44]. Tale assetto, peraltro, è destinato a subire significativi mutamenti: si noti fin d’ora che, nel Codice civile del 1942, il comma 1 dell’art. 844 cod. civ., finirà per indicare come criterio generale quello della tollerabilità, segnando in tal modo quale limite non la normalità dell’esercizio di una certa attività, ma appunto la tollerabilità per l’immesso, ovverosia la normalità degli effetti che l’attività provoca nel fondo che la subisce [45]. Si tratta di una impostazione – per non dire un «capovolgimento concettuale» [46] – che lascerà trasparire l’in­tenzione del legislatore italiano di tutelare maggiormente, rispetto all’approccio tradizionale, l’immittente [47], intenzione questa che risulterà ancora più chiara nel comma 2 dell’art. 844 cod. civ., come verificheremo a tempo debito (v. infra, par. vii).


5. La fase dell’affermazione della tutela privatistica pecuniaria (risarcitoria e soprattutto indennitaria): l’esempio emblematico del diritto tedesco

Il quadro normativo appena descritto si rivela inadeguato quando, con la diffusione dell’industrializ­zazione e delle attività altamente inquinanti a essa collegate, le immissioni divengono idonee a colpire numerose proprietà anche non contigue, così che, indicativamente al tempo della seconda rivoluzione industriale nel diciannovesimo secolo avanzato [48], si sviluppa una seconda fase caratterizzata dalla progressiva affermazione, sempre più in sostituzione della tradizionale actio negatoria, della tutela privatistica pecuniaria, risarcitoria e soprattutto indennitaria [49]. Occorre parlare al riguardo di un’affermazione progressiva, in quanto al­l’inizio dell’industrializzazione il favor per le attività produttive, considerati i benefici sociali derivanti dalle stesse, tende a essere ancora più spiccato, traducendosi talvolta in un diniego all’immesso non solo della tutela reale ma anche di quella meno incisiva puramente pecuniaria [50]. È emblematico al riguardo l’esempio del diritto tedesco, per il cambio di rotta del quale è – ancora una volta nella nostra materia – decisiva la creatività giurisprudenziale, innanzi tutto quella del Reichsgericht che nel 1882 adotta una valutazione non più astratta come in precedenza ma concreta incentrata specialmente sulla condizione dei luoghi, in forza della quale si è tenuti a sopportare immissioni usuali per un certo tempo e un certo territorio [51]. Tale prospettiva, come verificheremo tra breve, rimarrà ferma anche in seguito al­l’adozione del BGB e anzi sarà nei primi anni della sua entrata in vigore sempre più interpretata in favore delle attività produttive, per esempio prendendo in considerazione non solo la zona circostante le immissioni ma anche altre città, oltre che estendendo la tutela concessa alle attività industriali anche a quelle agricole [52]. Si tenga conto che nel BGB, come noto di quasi un secolo successivo al Code civil, si trova – verosimilmente anche proprio a causa della sua maggiore modernità e dell’industrializzazione nel frattempo sviluppatasi [53] – sancita una impostazione più equilibrata di quella della codificazione francese sul diritto di proprietà, di cui sono positivamente disciplinate più incisive [continua ..]


6. Segue. Altre esperienze giuridiche e considerazioni di sintesi

Anche nell’evoluzione del diritto francese, nel quale attesa l’assenza di una disciplina specifica per le immissioni è tradizionalmente accentuato il ruolo di quella generale sulla responsabilità civile, è riscontrabile uno spazio crescente per la tutela pecuniaria, innanzi tutto in quanto tale responsabilità è per larga parte del diciannovesimo secolo comunemente intesa come fondata sulla colpa, mentre sul finire del medesimo secolo si sviluppa un orientamento anche giurisprudenziale favorevole a varie forme di responsabilità oggettiva [62]. Si consolida per questa via un assetto del diritto vivente francese, ancora oggi attuale (salvo quanto si dirà più avanti con riguardo alla rilevanza dei parametri pubblicistici), per cui è illecita l’immissione che superi quanto è normale tenuto conto delle caratteristiche dei luoghi [63], illiceità questa che può senz’altro comportare, specialmente ove si tratti di un’attività produttiva, l’obbligo di risarcire i danni – peraltro solo quelli eccedenti la soglia di normalità [64] – a prescindere dalla colpa [65] (quindi anche ove non vi fossero misure precauzionali che si sarebbero potute adottare per evitare il disturbo ai vicini), cui può però accompagnarsi il permesso da parte del giudice di continuare la citata attività [66]. Nel prosieguo verificheremo inoltre come in vari ordinamenti giuridici l’intensificazione della tutela pecuniaria continui a verificarsi pure in parallelo con l’ulteriore e più recente fase caratterizzante la nostra materia, quella del predominio di parametri pubblicistici, anche sulle valutazioni di diritto privato. Per il momento basti comunque segnalare come il fondamento della tutela pecuniaria contro le immissioni non sia omogeneo nei vari Paesi [67]: in alcuni di essi è richiesta almeno la colpa (se non addirittura l’inten­zione, come nel caso della dottrina francese dell’abus de droit, peraltro – lo si è già accennato – poco rilevante nella nostra materia, per la quale è centrale piuttosto il diverso istituto dei troubles de voisinage), mentre in molti altri si sono sviluppate forme – probabilmente più adeguate, se si vuole evitare che la tutela sia pure solo pecuniaria dell’immesso rimanga [continua ..]


7. Segue. Il diritto italiano successivo alla codificazione del 1942

Il Codice civile del 1942, a differenza di quello previgente, introduce un’apposita disciplina sulle immissioni, resasi necessaria a causa del progresso industriale e della moltiplicazione delle fonti di disturbo a esso collegate [73]. Nel comma 1 dell’art. 844 cod. civ., ovverosia con riguardo alle fattispecie in cui non vengano in rilievo attività produttive, è indicato il parametro della normale tollerabilità da intendersi come sopportabilità alla stregua della coscienza sociale [74] e da valutarsi «anche» con riguardo alla condizione dei luoghi [75], superato il quale il proprietario del fondo immesso può impedire le propagazioni provenienti dal fondo vicino [76] ovverosia esperire la tutela reale inibitoria, solitamente definita negativa, riconducibile al modello dell’actio negatoria (o a qualcosa di simile sia pure a rigore al di fuori di tale modello [77]) al fine di far cessare definitivamente le immissioni [78] che non possano essere contenute entro il citato parametro attraverso un meno invasivo ordine di adozione di idonei accorgimenti tecnici, nel quale ultimo caso si parla invece di inibitoria positiva [79]. Configurandosi in presenza di immissioni intollerabili una lesione del suo diritto di proprietà, l’immesso può inoltre ottenere, cumulativamente con la tutela inibitoria, un vero e proprio risarcimento in sede extracontrattuale [80], purché ne sussistano tutti gli altri presupposti, che dovrebbero peraltro essere non quelli generali dell’art. 2043 cod. civ. ma quelli meno rigorosi della fattispecie speciale sul danno da cosa in custodia di cui all’art. 2051 cod. civ. [81]. Nel caso in cui le immissioni rimangano invece entro la soglia della normale tollerabilità, non spetta al­l’immesso alcuna tutela, né inibitoria né risarcitoria, mancando la lesione del suo diritto di proprietà [82]. Tale assetto, con riguardo alle attività produttive, è peraltro modificato dal comma 2 dell’art. 844 cod. civ., che impone un contemperamento tra le esigenze di tali attività e le ragioni della proprietà, consentendo altresì di tenere conto della priorità di un determinato uso [83]. La giurisprudenza italiana, infatti, si è tradizionalmente attestata su una lettura (c.d. interpretazione [continua ..]


8. La fase, spiccatamente italiana, della tutela anche inibitoria della salute e di altri diritti della personalità attraverso la disciplina sulle immis-sioni: stato dell’arte

La rilevanza delle norme costituzionali anche per i rapporti civilistici, sebbene sia stata oggetto di una evoluzione travagliata e continui a suscitare vivaci dibattiti (che non sarebbe utile ripercorrere nel dettaglio in questa sede) con riguardo alla sua maggiore o minore estensione, è da tempo un dato acquisito del diritto italiano [98]. Tale acquisizione giustifica, per quanto qui più interessa, da un lato l’affermazione di una prospettiva di fondo personalistica (sancita innanzi tutto ma non solo dall’art. 2 Cost.), alla quale l’ordinamento giuridico italiano è indubbiamente informato, e dall’altro una rimeditazione (per la quale sono stati decisivi gli anni ’70 del secolo scorso [99]) della proprietà nel senso del tendenziale superamento della tradizionale eccezionalità dei limiti gravanti sulla stessa in ossequio alla sua funzione sociale (art. 42, comma 2, Cost.) [100], «la quale esprime proprio l’orientamento della disciplina dell’appartenenza e dell’utilizzazione dei beni allo sviluppo della persona» [101]. Venendo più direttamente alle immissioni, pur essendo controverso se la normativa proprietaria in esame possa essere applicata in via analogica a protezione non solo di altri diritti reali di godimento (ciò che è pacifico [102]) ed eventualmente pure della posizione del conduttore [103] ma anche del diritto alla salute in quanto tale [104], un diffuso – e assai discusso [105] – orientamento si spinge ad affermare senz’altro la preminenza del diritto alla salute con particolare riguardo al giudizio di contemperamento con le esigenze della produzione di cui al comma 2 dell’art. 844 cod. civ., con la conseguenza che immissioni lesive (forse persino non gravemente [106]) di tale diritto dovrebbero essere senz’altro inibite. In una delle numerose pronunce di legittimità riconducibili al citato orientamento, si è per esempio affermato che «l’art. 844, comma 2, cod. civ. […] va letto tenendo conto che il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell’attività di produzione, oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, sicché deve sempre considerarsi prevalente – rispetto alle esigenze della produzione – la [continua ..]


9. Segue. Critica

La fase appena considerata, a differenza delle altre due esaminate per prime, caratterizza specificamente il diritto italiano, differenziandolo significativamente dalle altre esperienze giuridiche alle quali abbiamo avuto modo di fare riferimento in precedenza. Si pensi, per esempio, al BGB, ove, come verificheremo meglio nel prosieguo, il § 906 finisce sovente (anche se non sempre) per svolgere la funzione di legittimare immissioni che altrimenti rileverebbero ai sensi dell’azione generale di responsabilità aquiliana di cui al § 823, funzione questa che tende a essere confermata persino qualora l’immesso subisca danni alla salute, che se derivanti da immissioni lecite ai sensi del § 906 rischiano pertanto di essere non risarciti in forza della citata azione generale, come accadrebbe normalmente, bensì solo indennizzati secondo la disciplina speciale sui rapporti di vicinato [122]. È sorprendente che in esperienze giuridiche che hanno vissuto evoluzioni, dal punto di vista rimediale, abbastanza simili a quella italiana e che risultano vincolate agli stessi testi sovranazionali che valgono per l’Italia sembri non esservi traccia di una rilettura costituzionale in senso personalistico della disciplina civilistica in tema di immissioni del tipo di quella affermatasi in così larga parte della giurisprudenza e della dottrina del nostro Paese [123]. Ciò non significa, peraltro, che una simile rilettura debba essere abbandonata, occorrendo piuttosto, secondo lo scrivente, contenerla entro margini di compatibilità con il diritto positivo sancito innanzi tutto nel Codice civile. Orbene, con riguardo al comma 1 dell’art. 844 c.c., cioè all’ipotesi in cui non vengano in rilievo attività produttive, una lettura costituzionalmente orientata diretta a valorizzare il principio personalistico consente di classificare come intollerabili e quindi da inibire le immissioni gravemente lesive per i diritti della personalità del proprietario [124], con valutazione della posizione di quest’ultimo da compiersi peraltro oggettivamente, dal punto di vista di quello che patirebbe un uomo medio, prescindendo da particolari condizioni personali [125]. Una siffatta interpretazione non conduce, peraltro, a esiti davvero significativi (tanto che si potrebbe persino dubitare della sua utilità pratica), limitandosi essa a confermare in tema di [continua ..]


10. La fase della tutela pubblicistica e della sua crescente in-fluenza (diretta principalmente a contenere il rimedio inibitorio) sul diritto privato: l’esempio emblematico del diritto tedesco

Negli ultimi decenni, si è sviluppata a livello internazionale una nuova e ultima fase, che pare sempre più dominante, incentrata prevalentemente sulla disciplina pubblicistica e sulla sua sempre maggiore influenza sul diritto privato [134]. Chi ha di recente esaminato in prospettiva comparatistica tale fase vi ha individuato quattro diversi momenti, quello più risalente caratterizzato da vari tipi di permessi e licenze che le industrie, previa adozione di precauzioni idonee a ridurre le loro immissioni, sono tenute a ottenere al fine di poter svolgere la loro attività, quello manifestatosi all’incirca alla metà del ventesimo secolo della pianificazione territoriale diretta a individuare zone ove consentire solo particolari attività [135], quello più recente della introduzione di una legislazione pubblicistica a tutela dell’ambiente con riguardo ad ambiti territoriali sempre più estesi a causa della crescente capacità di diffusione di certe forme di inquinamento e infine quello, sviluppatosi solo negli ultimi anni, di una responsabilità ambientale ex post ma sempre di tipo pubblicistico [136]. Un esempio emblematico è offerto, ancora una volta, dal diritto tedesco, nel quale il § 906 BGB è stato, nel 1994, nuovamente modificato, questa volta con l’aggiunta di una seconda parte al suo comma 1 diretta, fondamentalmente, a sancire la liceità di immissioni non superanti i parametri contemplati dalle pertinenti norme pubblicistiche [137]. Si tratta di una innovazione tutt’altro che inaspettata [138], trovando essa importanti antecedenti in alcune previsioni settoriali, che la giurisprudenza tedesca aveva anche in vario modo esteso oltre il loro ambito applicativo letterale. Viene innanzi tutto in rilievo il già citato § 26 [139] della Gewerbeordnung für den Norddeutschen Bund del 1869, da cui sostanzialmente risultava una protezione per le attività produttive, che fossero state debitamente autorizzate sul piano del diritto amministrativo, dall’actio negatoria, rimanendo salva per l’immesso solo la possibilità di ottenere misure precauzionali oppure, se queste fossero risultate eccessivamente costose, una soddisfazione puramente pecuniaria [140]. La medesima impostazione si trova successivamente adottata anche nel § 14 [141] del [continua ..]


11. Segue. Altre esperienze giuridiche e considerazioni di sintesi

Varie altre esperienze giuridiche si sono già mosse o si stanno muovendo nella medesima direzione appena tratteggiata. Particolarmente interessante è il Código civil de Cataluña del 2006, una delle più recenti e avanzate codificazioni europee, specialmente negli artt. 544-5, 544-6, 546-13 e 546-14, dai quali si desume un assetto normativo in linea con quello tedesco attuale e così anche con la crescente tendenza internazionale alla incorporazione dei parametri di diritto pubblico nelle valutazioni di diritto privato, fondamentalmente (la disciplina è in realtà più articolata, ma quello che segue può dirsi il suo obiettivo principale) nel senso che, se un’attività non rispetta tali parametri, scatta una presunzione assoluta della sua illiceità, mentre se li rispetta non può essere inibita rimanendo però salva la possibilità di misure precauzionali o di una soddisfazione pecuniaria per l’immesso [148]. Anche in Francia, ove come abbiamo verificato la materia delle immissioni, in assenza di una specifica disciplina codicistica, è da molto tempo e ancora oggi governata dall’istituto di creazione giurisprudenziale dei troubles de voisinage, sebbene i precedenti della Cour de cassation in argomento «ne sont pas limpides» [149], si riscontra negli ultimi decenni un ruolo dominante e comunque crescente per la disciplina pubblicistica [150]. Si pensi innanzi tutto al Code de l’urbanisme, il cui art. R. 111-3, con riguardo a una nuova costruzione che si intenda realizzare, stabilisce che «Le projet peut être refusé ou n’être accepté que sous réserve de l’ob­servation de prescriptions spéciales s’il est susceptible, en raison de sa localisation, d’être exposé à des nuisances graves, dues notamment au bruit». Viene poi in rilievo soprattutto il Code de la construction et de l’habitation, ove si contempla persino la controversa exception de préoccupation, che nella letteratura di common law è denominata «coming to the nuisance» defense [151]. L’art. L. 112-16 (spostato in quella sede normativa nel 1980 e oggetto poi di limitate modifiche dirette a estenderne l’ambito di applicazione nel 2003 e nel 2019) di tale Codice, rinumerato a decorrere dal 1 luglio [continua ..]


12. Segue. Stato dell’arte del diritto italiano e sua critica

Nel diritto italiano, si è da tempo consolidata la tesi secondo cui il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti da leggi e regolamenti di ambito pubblicistico determina senz’altro l’illiceità dell’attività immissiva [166], mentre l’eventuale rispetto di tali limiti non esime dalla valutazione privatistica richiesta dal­l’art. 844 cod. civ., ai sensi della quale anche immissioni conformi ai parametri pubblicistici potrebbero considerarsi intollerabili [167]. L’argomento fondamentale in favore di questa valutazione privatistica spinta oltre i citati parametri è quello di carattere generale incentrato sulla tradizionale netta separazione tra diritto pubblico e diritto privato [168]. Tale netta separazione, sebbene non possa basarsi su un sicuro fondamento romanistico (basti rammentare che Ulpiano distingueva sì diritto pubblico e diritto privato ma come due semplici positiones studii [169]), è stata dominante nella modernità ma è da molto tempo messa seriamente in discussione per non dire senz’altro superata [170]. Pure l’ordinamento giuridico italiano contemporaneo sembra in altre parole caratterizzarsi per una forte tendenza al predominio del diritto pubblico [171]. Anche qualora si volesse fare leva non solo sulla collocazione delle discipline settoriali pretese irrilevanti per le valutazioni di cui all’art. 844 cod. civ. ma anche e soprattutto sulla differenza dei conflitti presi in considerazione dalle normative in discorso, una simile posizione non risulterebbe persuasiva perlomeno con riguardo al contemperamento di cui al comma 2 dell’art. 844 cod. civ., che pur integrando una previsione privatistica evidentemente richiede di tenere conto pure degli interessi pubblici coinvolti nella vicenda [172]. Vi sono invece argomenti, sia pure sempre di carattere generale, che rendono persuasivamente sostenibile anche in Italia la tesi che si sta affermando a livello internazionale. Come abbiamo verificato, fin dal diritto romano e ancora oggi la tutela privatistica contro le immissioni è intimamente collegata all’istituto della servitù, nel senso che la si poteva e la si può escludere previa costituzione di una servitù volontaria [173]. La nostra disciplina dovrebbe pertanto essere idonea a favorire trattative e intese preventive tra gli interessati, [continua ..]


13. Conclusioni

Riassumendo le principali conclusioni dell’indagine compiuta nelle pagine precedenti, sarebbe innanzi tutto necessario (non abbandonare ma) ridimensionare, nei termini che abbiamo tentato di delineare, la diffusa reinterpretazione spiccatamente italiana dell’art. 844 cod. civ. in chiave costituzionale e specialmente di tutela dei diritti della personalità. Occorrerebbe inoltre distinguere nettamente, da un lato, l’inibitoria negativa dall’inibitoria positiva nonché, dall’altro, il rimedio indennitario da quello risarcitorio. Nonostante che i primi due strumenti così come i secondi due siano non di rado sovrapposti per non dire confusi l’uno con l’altro, si tratta come si è chiarito di rimedi ciascuno con un proprio e differenziato ambito di applicazione. Sarebbe pertanto preferibile evitare di parlare di inibitoria positiva, riservando a tale strumento una terminologia (per esempio, azione per l’adozione di misure precauzionali) che escluda qualsivoglia possibilità di equiparazione [187] all’azione più radicalmente diretta a ottenere la cessazione dell’attività immissiva. Quanto al rapporto tra risarcimento e indennità, il principale rischio di sovrapposizione [188] nasce dal fatto che si tratta pur sempre di strumenti che consentono di conseguire una soddisfazione pecuniaria [189], ma sono decisive le differenze attinenti tanto alla illiceità oppure non del comportamento a monte quanto alla maggiore o minore estensione della citata soddisfazione, che secondo la prospettiva qui adottata dovrebbe in ogni caso farsi più consistente ove siano lesi diritti della personalità. La principale sfida futura consiste, infine, in un auspicabile cambiamento di approccio con riguardo ai parametri pubblicistici e alla loro rilevanza anche per i rapporti di vicinato. È fondamentalmente attraverso tali parametri (che dovrebbero anche essere sempre più allineati a livello internazionale [190]) e il loro crescente valore vincolante pure per le valutazioni privatistiche in tema di immissioni, non attraverso la distorsione interpretativa di una disciplina concepita per i rapporti di vicinato, che la tutela della salute e dell’ambiente – innegabilmente di vitale importanza per la società contemporanea – dovrebbe essere perseguita e incrementata.


NOTE