Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Sull´ammissibilità dell´atto dispositivo immobiliare generico. Riflessioni a margine della sentenza Cass., 26 maggio 2021, n. 14585 (di Francesca Ferretti, Dottoranda di ricerca – Università degli Studi di Camerino)


Il contributo in esame analizza la recente sentenza della Corte di Cassazione del 26 maggio 2021, n. 14585, relativa ad un contratto di permuta di cosa presente contro cosa futura, avente ad oggetto lo scambio tra una porzione di terreno edificabile ed alcuni immobili da costruire sul medesimo suolo.

Nell’ambito della pronuncia citata, la Corte ha occasione di ribadire l’ammissibilità in astratto dell’atto traslativo di diritti reali su immobile generico, purché rispettoso del requisito della sufficiente determinazione o determinabilità dell’oggetto ex art. 1346 c.c. Saranno poi esaminate separatamente le singole fattispecie negoziali presenti all’interno di tale ampia categoria, con specifico riguardo alle differenze tra di loro intercorrenti in termini di struttura e disciplina. Particolare attenzione sarà posta sull’istituto dell’individuazione di cui all’art. 1378 c.c., atto a seguito del quale si producono gli effetti reali scaturenti dal contratto di compravendita generica previamente stipulato, sulla cui natura non vi è tuttora piena uniformità di vedute.

Nell’ultima parte dell’elaborato saranno approfondite due fattispecie contrattuali – segnatamente, la permuta unilaterale di cosa futura ed il collegamento negoziale tra vendita di quota indivisa di terreno, appalto e divisione di cosa futura – specificamente richiamate nei fatti di causa, anche nell’ottica dell’applicabilità del d.lgs. 122/2005, recante specifiche “disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire”.

Parole chiave:  compravendita immobiliare, immobile generico, atto di individuazione, permuta, immobili da costruire.

On the eligibility of the generic real estate contract. Reflections on Judgement of the Court of Cassation, 26 May 2021, n. 14585

The present paper analyzes the recent judgment of the Court of Cassation of 26 May 2021, n. 14585, concerning a barter contract between an existing good and a future one, for the exchange between a portion of building land and some apartments planned to be built on the same earth.

In the context of the above-mentioned decision, the Court has the opportunity to reiterate the abstract admissibility of the contract transferring rights in rem on a generic real estate, provided that it complies with the requirement of sufficient determination or determinability of the object pursuant to art. 1346 of the Italian Civil Code. The individual negotiating cases within this broad category will be examined separately, with specific regard to the differences between them in terms of structure and discipline. Particular attention will be paid to the institution of identification referred to in art. 1378 of the Italian Civil Code, the act which produces the real effects arising from the generic purchase contract previously concluded, on the nature of which there is still no full uniformity of views.

In the last part of the paper, two types of contract will be explored - namely, the unilateral exchange of a future good and the negotiation link between the sale of undivided shares of land, procurement contract and division of future thing - specifically referred to in the facts of the case, also in view of the applicability of Legislative Decree no. 122/2005, containing specific “provisions for the protection of the property rights of buyers of apartments to be built”.

Keywords: real estate purchase, generic property, identification deed, barter, apartments to be built.

 

La vendita di cose generiche, appartenenti ad un “genus limitandum”, è ammissibile, in virtù del principio di conservazione del negozio giuridico, anche rispetto agli immobili, relativamente al “genus limitatum” costituito dal complesso di un determinato fondo. Sicché, laddove un terreno debba essere distaccato da una maggiore estensione e sia indicato soltanto quantitativamente, nella misura della sua superficie, sussiste il requisito della determinabilità dell’oggetto, quando sia accertato che le parti avevano considerato la maggior estensione di proprietà del venditore come “genus”, essendo stata la stessa perfettamente individuata nel contratto, nonché stabilito la misura della estensione da distaccare e sempre che per la determinazione del terreno non debba richiedersi una nuova manifestazione di volontà delle parti, null’altro occorrendo, ai fini della sussistenza del suddetto requisito, se non l’adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere ex art. 1178 cod. civ. Ne deriva che il requisito di determinabilità dell’oggetto sussiste quando nel contratto siano contenuti elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili, i quali siano idonei alla identificazione del terreno da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione, che ne individui la dislocazione nell’ambito del fondo maggiore, per cui la consegna di una parte piuttosto che di un’altra risulti di per sé irrilevante, essendo i diversi tratti di terreno del tutto equivalenti, escluso ogni margine di dubbio sulla identità del terreno oggetto del contratto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura – avente per oggetto il 75% del terreno di proprietà delle promettenti venditrici contro il 25% delle costruzioni che il promettente permutante avrebbe realizzato sui suddetti fondi – per la indeterminabilità dell’esatta collocazione della parte di terreno e dell’esatta collocazione delle costruzioni risultando, in concreto, omesse sia la dimensione, sia l’esatta ubicazione dei fabbricati edificandi).

Cass., sez. II, sentenza 26 maggio 2021, n. 14585

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La vendita di cosa generica. La disciplina generale - 3. Sull’ammissibilità della compravendita immobiliare generica - 4. La vendita di lotti predeterminati e di parte determinabile - 5. Il ruolo delle parti e del terzo nella determinazione dell’oggetto - 6. La dubbia natura dell’atto di individuazione ex art. 1378 cod. civ. - 7. Un focus sulla permuta tra terreno edificabile ed immobili da costruire - 8. Segue: Un’alternativa: vendita di quota indivisa di terreno, appalto e divisione di cosa futura - 9. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Il caso

La vicenda sottesa alla sentenza [1] in epigrafe trae origine dalla stipula, tra l’attore e le convenute, di un contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura. Nello specifico, l’attore ha dichiarato di aver concluso con le proprie sorelle un contratto preliminare di permuta, avente ad oggetto lo scambio tra il 75% dei terreni delle convenute ed il 25% delle costruzioni che lo stesso avrebbe dovuto edificare sul medesimo suolo.

A fronte del mancato trasferimento della proprietà dei terreni in capo all’attore, egli ha proposto, in via principale, azione ex art. 2932 cod. civ. allo scopo di ottenere, in suo favore, una sentenza costitutiva quale forma di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo; in subordine, ha spiegato domanda di condanna nei confronti delle convenute al pagamento della penale pattuita.

Il comportamento processuale delle convenute si è diversamente declinato: a fronte dell’adesione da parte di alcune di loro alla domanda attorea volta a dare esecuzione al contratto preliminare, una sorella ha eccepito il difetto di titolarità del diritto di proprietà sui terreni oggetto di permuta, mentre le restanti hanno formulato domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’attore, chiedendone altresì la condanna al pagamento della penale e al risarcimento dei danni.

Le pronunce rese in sede di merito, rispettivamente dal Tribunale di Foggia in primo grado e dalla Corte di Appello di Bari in secondo grado, hanno entrambe dichiarato la nullità del contratto per indeterminabilità dell’oggetto. Trattandosi di questione logicamente e giuridicamente pregiudiziale, correttamente non è stato esaminato il diverso ed ulteriore profilo relativo alla scelta tra l’esecuzione o la risoluzione del preliminare, quali rimedi [2] richiesti rispettivamente dall’attore (e in adesione da alcune convenute) e dalle restanti convenute a fronte dell’inadempimento contrattuale.

La Corte Suprema, adita dall’attore sulla base di cinque articolati motivi, rigetta il ricorso e conferma integralmente la sentenza della Corte d’Appello, condividendo in particolare la tesi sulla nullità del preliminare per indeterminabilità del suo oggetto.

Attraverso i primi due motivi del ricorso, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., i vizi di violazione e falsa applicazione di alcune norme, nonché di insufficiente e contraddittoria motivazione. In particolare, egli evidenzia come le corti di merito, quanto al profilo della determinazione dell’oggetto, non abbiano considerato il fatto che il programma contrattuale prevedesse la costituzione di una comproprietà indivisa pro quota sia del terreno sia degli immobili da costruire.

Nella pronuncia in commento, condivisibilmente, il giudice di legittimità chiarisce un duplice aspetto. Da un lato, evidenzia che non vi è stato alcun omesso esame di un fatto decisivo, ma al più è stata effettuata una valutazione di tale fatto “in senso non conforme all’aspettativa dell’odierna parte ricorrente”. Dall’altro, rileva che la costituzione di un regime di comunione non produce efficacia sanante [3] della nullità, permanendo comunque l’indeterminabilità dell’oggetto del contratto, nel caso sia di trasferimento di proprietà, sia di costituzione di comproprietà.

Proprio in relazione a tale ultimo profilo, che costituisce il focus della sentenza in epigrafe, la Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire alcuni punti fermi in relazione all’istituto della compravendita generica avente ad oggetto beni immobili. Sebbene il contratto dedotto in giudizio sia una permuta, i principi già enunciati dalla giurisprudenza in argomento sono suscettibili di interpretazione estensiva a tutti i casi di atto dispositivo immobiliare generico.

Appare ora opportuno ripercorrere i tratti essenziali della vendita di cosa generica, per poi soffermarsi sulle problematiche più specificamente riferibili ai contratti aventi ad oggetto beni immobili, al fine di valutare l’ammissibilità di tale categoria negoziale.


2. La vendita di cosa generica. La disciplina generale

Nella pronuncia in esame, la questione dell’ammissibilità in astratto della vendita di cosa generica immobiliare viene ricondotta al problema della sufficiente determinazione o determinabilità dell’oggetto del contratto, pena, in difetto, la nullità dello stesso ex art. 1346 c.c. [4].

La determinabilità deve riguardare il tipo di diritto trasferito, il prezzo e, nel trasferimento di un diritto reale, il bene oggetto dell’attribuzione traslativa [5]. L’oggetto del diritto reale è determinato quando è identificato nel contratto, determinabile se in esso sono contenuti elementi sufficienti per provvedere alla sua successiva identificazione [6].

Sotto questo aspetto assume importanza la distinzione tra cose specifiche e cose generiche, essendo queste ultime soltanto determinabili. Infatti, mentre un bene specifico è identificato nel contratto nella sua concreta individualità, secondo la descrizione pattizia, un bene generico è individuato esclusivamente in base al genere di appartenenza e alla quantità dedotta nel contratto.

Tale distinzione rileva in particolare ai fini della produzione dell’effetto reale del trasferimento della proprietà, poiché nell’alienazione di cosa generica esso si verifica – in uno con il passaggio del rischio ex art. 1465 cod. civ. – al momento dell’individuazione della cosa ex art. 1378 cod. civ., senza che sia applicabile la regola generale del consenso traslativo ex art. 1376 cod. civ. Trattandosi di una fattispecie facente parte della più generale categoria della vendita obbligatoria, prima dell’individuazione, dal contratto di vendita generica scaturisce il solo obbligo in capo all’alienante “di far acquistare [all’avente causa] la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto” (art. 1476, n. 2, cod. civ.). Detta obbligazione sarà adempiuta in concreto proprio attraverso il compimento dell’atto di individuazione.

Per stabilire se un contratto abbia ad oggetto cose specifiche ovvero generiche, è necessario valutare non le caratteristiche intrinseche della cosa, ma il modo con cui esse sono state dedotte in contratto. Diversa è la ratio della distinzione tra “cosa fungibile-cosa infungibile”, che riguarda, al contrario, la natura del bene in quanto tale. Com’è stato autorevolmente osservato, è opportuno mantenere distinte le nozioni di cosa generica e cosa fungibile, “ravvisando nella prima una qualifica soggettiva che si riflette sulla natura della prestazione, nell’altra una qualifica obiettiva che riguarda un modo di essere della cosa” [7].

L’opinione tradizionale, ormai abbandonata, riteneva che una vendita immobiliare generica non fosse configurabile, dal momento che un bene immobile, per sua natura, sarebbe sempre connaturato dal requisito della specificità [8]. La tesi prevalente, favorevole all’ammissibilità di questa tipologia negoziale, è fatta propria anche dalla pronuncia in esame, in cui si chiarisce che “la vendita di cose generiche, appartenenti ad un genus limitandum, è ammissibile, in virtù del principio di conservazione del negozio giuridico sancito dal­l’articolo 1367 cod. civ., anche rispetto agli immobili, relativamente al genus limitatum costituito dal complesso di un determinato fondo”.

Posto che dunque è in astratto configurabile una compravendita generica avente ad oggetto beni immobili [9], occorre definire i margini di ammissibilità della figura in esame.


3. Sull’ammissibilità della compravendita immobiliare generica

Come si evince dalla porzione di sentenza riportata, il primo requisito richiesto per l’ammissibilità consiste nella determinazione del genus di appartenenza, ai fini della necessaria determinazione dell’oggetto della vendita, con conseguente nullità del contratto in caso contrario.

Il genere è limitato quando è tale in rerum natura o quando la quantità dedotta in contratto debba scegliersi all’interno di una provvista preventivamente selezionata dalle parti; all’opposto, esso è illimitato quando le parti non circoscrivono in alcun modo la provenienza dei beni.

Il genus limitato può essere costituito da un fondo rustico, da aree edificabili appartenenti a una lottizzazione, da un edificio, di regola commerciale, che venga venduto non per distinte unità immobiliari, ma a misura, riferita a metri quadri o cubi, da appartamenti standard eguali fra di loro considerati come prodotti in serie [10]: si tratta di esemplificazioni riprese dalla prassi consolidata delle compravendite immobiliari.

Una vendita immobiliare a genus illimitatum, cioè assolutamente generica, è nulla, dal momento che, per i beni immobili, assume una rilevanza fondamentale l’ubicazione del bene nello spazio [11].

Se dunque il contratto è privo di elementi idonei a determinare la collocazione del fondo in relazione ai fondi contigui, l’oggetto non è né determinato né determinabile ex art. 1346 cod. civ. [12]: tale fattispecie è stata autorevolmente considerata “ignota alla nostra esperienza [13]“ e qualificata come nulla ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. A conclusioni analoghe si giunge nel caso in cui le parti si siano limitate ad indicare il Comune o la località nei quali è collocato l’immobile da trasferire.

Diversamente, l’ipotesi di omessa identificazione per iscritto del bene oggetto del contratto, pur in presenza di una volontà negoziale orientata al trasferimento di un bene specificamente localizzato, sarebbe qualificabile come vendita di cosa specifica nulla per difetto di forma scritta ad substantiam ex artt. 1418 e 1350, n. 1, cod. civ., in applicazione del noto orientamento giurisprudenziale per cui la determinazione dell’im­mobile trasferito deve risultare unicamente da elementi oggettivi desumibili dal contratto, stante la necessità della forma scritta a fini di validità [14].

Se invece il genus limitatum viene sufficientemente indicato in contratto [15], non vi sono ostacoli a riconoscere la validità della vendita immobiliare generica, almeno in relazione a questo aspetto. Ciò è ribadito anche dalla pronuncia in commento, secondo la quale il requisito della determinabilità dell’oggetto sussiste in primo luogo quando “sia accertato che le parti avevano considerato la maggiore estensione di proprietà del venditore come genus, essendo stata la stessa perfettamente individuata nel contratto”.

All’interno della categoria, globalmente intesa, delle vendite a genus limitatum, è tuttavia opportuno distinguere diverse sottospecie, al fine di coglierne le differenze in punto di requisiti di validità contrattuale e relativa disciplina applicabile.

Sul punto, appare opportuno ripercorrere sinteticamente la tassonomia proposta da autorevole dottrina [16], implicitamente ripresa anche dalla pronuncia in commento. Come si dirà più ampiamente nel prosieguo, i maggiori dubbi circa la validità della vendita immobiliare generica vertono intorno alla differenza tra i contratti contenenti la sola indicazione quantitativa dell’estensione della porzione da distaccarsi, e le fattispecie negoziali caratterizzate dalla presenza di ulteriori informazioni relative all’area in oggetto (confini, forma geometrica, ubicazione).


4. La vendita di lotti predeterminati e di parte determinabile

La prima ipotesi che viene in rilievo è quella in cui le porzioni da alienare siano costituite da fondi o da unità abitative già prestabiliti: essa è tendenzialmente ammessa, anche da parte dell’orientamento giurisprudenziale contrario alla generale validità della vendita di immobili non localizzati [17].

In questa ipotesi, il contrasto emerge in relazione alla qualificazione della fattispecie, alternativamente ricondotta alla vendita generica o alla vendita alternativa [18]. La scelta in un senso o nell’altro è determinante in relazione alla disciplina applicabile, che diverge sotto molteplici aspetti.

La disciplina della vendita alternativa si ottiene mediante la combinazione tra le norme sulla vendita e quelle sulle obbligazioni alternative [19]. In tali ipotesi, il trasferimento del diritto avviene con la concentrazione ex art. 1286 cod. civ. che deriva dalla scelta, atto con cui l’obbligazione, da alternativa, diviene semplice. Nella vendita generica, che pure si configura quale ipotesi particolare di vendita ad effetti obbligatori, l’ef­fetto traslativo si verifica con l’individuazione.

Differenti sono inoltre le conseguenze in caso di sopravvenuta impossibilità della prestazione: l’obbli­gazione alternativa, in caso di impossibilità sopravvenuta di una delle due prestazioni dedotte in contratto, diventa semplice; quanto all’obbligazione di cosa generica, anche nel caso di impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore – e pur nei limiti della categoria del genus limitatum – in attuazione del noto brocardo genus nuquam perit, non si estingue, ed il debitore rimane obbligato a procurare al creditore cose di qualità non inferiore alla media [20].

Il criterio dirimente tra le due ipotesi è stato variamente individuato, sia nel senso di ravvisare nell’obbligazione alternativa l’eterogeneità dei beni come elemento strutturale [21], sia nella necessaria presenza di due o più cose “individualmente indicate” [22], sia ancora nell’esigenza di ricostruire la volontà dei contraenti in un senso o nell’altro in relazione al singolo caso concreto [23]. Mentre la vendita alternativa presuppone la volontà delle parti di scegliere il bene da trasferire tra due o più cose distintamente considerate e identificate nel contratto, la vendita generica manifesta la volontà di alienare una certa quantità di una cosa considerata come genus, sottintendendo, tale nozione, una fungibilità convenzionale tra i beni compresi nella categoria [24].

Nessun problema particolare si pone in relazione alle fattispecie di alienazione alternativa, in cui la scelta, come già chiarito, spetterà al venditore ex art. 1286 cod. civ. [25]. In dottrina e in giurisprudenza si è però precisato che una vendita simile sarebbe ammissibile solo se il contratto programmi l’alienazione di una porzione da scegliersi “tra più lotti equivalenti od omogenei” [26].

A ciò si è tuttavia eccepito che l’equivalenza tra i lotti o tra le unità abitative è già stata operata dalle parti mediante la deduzione dei beni in contratto, che dimostra l’irrilevanza per le stesse delle particolari caratteristiche fisiche e ambientali caratterizzanti i singoli beni.

Anche chi riconduce la fattispecie appena esaminata alla vendita di cosa generica ne sottolinea la differenza con la sottocategoria della vendita di porzione da distaccarsi da una più ampia superficie. Mentre “nella prima ipotesi il bene o i beni oggetto del contratto hanno già una loro identità creata dall’opera imprenditoriale dell’alienante e si tratta solo di procedere alla individuazione del bene o dei beni compravenduti fra una serie di beni convenzionalmente omogenei”, di contro, “nella seconda ipotesi il bene compravenduto è compreso in una massa indistinta e per acquistare una propria identità deve essere da questa distaccato [27]”.

Il problema maggiore, come anticipato alla fine del precedente paragrafo, è quello relativo all’ammis­sibilità della fattispecie di immobile non localizzato da distaccarsi da un fondo di maggiori dimensioni.

Il contratto oggetto della vicenda in esame – permuta tra il 75% del terreno e il 25% degli edifici – è riconducibile a tale categoria, trattandosi di porzioni da distaccare da beni immobili di maggiori dimensioni (costituiti – come si deduce implicitamente – dal 100% del fondo edificabile e degli immobili da costruire). I giudici, sia di merito che di legittimità, hanno però ritenuto il contenuto negoziale insufficiente ad integrare anche solo il requisito della determinabilità dell’oggetto: nel negozio stipulato tra le parti in causa, difettavano sia “[l’]esatta collocazione della parte di terreno”, sia “[l’]esatta collocazione delle costruzioni, con indicazione omessa di dimensione e di ubicazione dei fabbricati”.

In astratto, la dottrina ha costantemente ammesso la validità di tale fattispecie, ricostruendola come vendita di genere limitato [28]. La giurisprudenza ha seguito invece un andamento oscillante: alcune pronunce ne hanno riconosciuto la validità [29], altre ne hanno dichiarato la nullità [30], altre ancora ne hanno subordinato l’ammissibilità alla previa necessaria specificazione nel contratto di ulteriori elementi, quali i confini, la forma geometrica, l’ubicazione dell’area da distaccarsi, o almeno dei criteri necessari all’individuazione o del soggetto che dovrà procedervi [31].

La sentenza in esame sembra aderire all’orientamento intermedio, che subordina l’ammissibilità della vendita di immobile da distaccarsi da area più ampia alla presenza nel contratto non solo dell’elemento quantitativo dell’estensione del terreno da separare, ma anche di ulteriori e più puntuali informazioni. Proprio in relazione a tale profilo, ed anche in virtù del richiamo al precedente del 2006 [32], la Corte richiede, ai fini della determinabilità dell’oggetto, non solo “la misura della estensione da distaccare”, ma anche la presenza di ulteriori elementi, che siano prestabiliti dalle parti ed idonei all’identificazione del terreno da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione che ne individui la dislocazione nell’ambito del fondo maggiore. Essi possono consistere, a titolo esemplificativo, nell’ubicazione e nella forma all’interno della superficie più ampia, ovvero nell’attribuzione alle parti o ad un terzo della determinazione dei criteri necessari alla determinazione.

Sebbene oggi questo possa considerarsi l’orientamento prevalente, esso è comunque il risultato di un mutamento in senso restrittivo della giurisprudenza, che aveva inizialmente ritenuto valide anche ipotesi di vendite prive di requisiti ulteriori rispetto alla sola estensione del bene.

In una non recente pronuncia era stato infatti affermato come “[sia] da escludere che il requisito della determinabilità dell’oggetto nelle vendite immobiliari possa ritenersi sussistente solamente nei casi nei quali siano indicati nel contratto tutti gli elementi i quali permettano di collocare e confinare il terreno venduto nella più ampia zona in base a una semplice operazione tecnica. La determinabilità invece deve riconfermarsi anche nel caso nel quale il contratto indichi la misura da distaccarsi dalla stessa estensione del terreno” [33].

Secondo l’opinione meno rigida dunque, ai fini della validità di tale figura contrattuale, non è necessaria l’indicazione nel contratto né dei criteri da seguire per l’individuazione né del soggetto che dovrà compierla [34]; è invece sufficiente che al suo interno siano determinate o almeno determinabili esclusivamente la maggiore estensione da cui effettuare il distacco (il genus limitatum, localizzato nello spazio) e la quantità esatta della porzione da distaccare. Solo in mancanza di queste indicazioni essenziali, il contratto sarà affetto da nullità per indeterminatezza dell’oggetto.

L’indirizzo giurisprudenziale contrario all’ammissibilità di questo tipo di vendita immobiliare generica si fondava sulla naturale infungibilità di ciascun bene immobile, che, pur omogeneo agli altri dal punto di vista funzionale, sarebbe strutturalmente caratterizzato dalla propria localizzazione e dall’ubicazione, senza che le parti possano convenzionalmente considerare detti beni immobili come oggetti sostituibili o surrogabili [35].

Le posizioni opposte della dottrina [36] sono fondate non solo sulla distinzione tra i concetti di fungibilità e genericità, ma anche sulla ritenuta possibilità – a cui si è fatto cenno in precedenza – in capo alle parti di ritenere equivalenti le porzioni immobiliari contenute in un più vasto terreno, allo scopo di dedurre in contratto l’intero appezzamento come genus, entro il quale selezionare la precisa quantità di area oggetto di alienazione. Questo orientamento è stato recepito anche in giurisprudenza, dove si afferma che nel caso di vendita generica “nell’ambito di una maggiore estensione di terreno, ben individuata e definita (...) ciò che ha carattere di specie per natura in tal caso, è l’intera estensione presa nella sua globalità (...)” al cui interno “non v’è alcuna specie determinata per natura e non affiora mai la infungibilità (...): la suddetta estensione cioè si presenta come un genus limitatum [37]”.

In aderenza con la tassonomia sinora proposta, si ritiene opportuno distinguere l’ipotesi di contratto indicante solo la quantità di terreno oggetto di alienazione (sulla cui validità, come si è visto, non vi è unità di vedute) da quella più precisamente qualificata come vendita di parte determinabile, cui vanno ricondotte le fattispecie in cui “il contratto fornisce non solo la misura dell’immobile da separare, ma anche gli elementi per la sua precisa localizzazione all’interno della maggior superficie dalla quale deve essere scorporato [38]”.

Non ci sono dubbi di validità di tale contratto, e anzi tale più dettagliata figura è ritenuta ammissibile anche dall’orientamento che sostiene la nullità della vendita immobiliare generica contenente il solo requisito della misura. Alcune perplessità permangono comunque intorno alla disciplina applicabile, a seconda della qualificazione della fattispecie come vendita di cosa generica o di specie [39].

Una vendita immobiliare generica è configurabile solo laddove residui un margine di discrezionalità sulla collocazione da dare al bene immobile da trasferire in base alle indicazioni contenute nell’accordo. Se invece, nel contratto è già avvenuta l’individuazione spaziale della parte venduta, o in essa sono indicati i puntuali criteri per procedervi, non può parlarsi di una vendita di genere, posto che non esiste, fin dal momento della conclusione del contratto, alcuna incertezza sulla posizione del fondo [40]. Trattandosi di vendita di cosa specifica, ne discende che l’effetto traslativo si verifica al momento della conclusione del contratto. Diversamente, nella vendita generica, la produzione dell’effetto traslativo necessita del compimento dell’atto di individuazione ex art. 1378 cod. civ.), integrando essa un caso di vendita obbligatoria, il cui effetto reale è appunto differito a tale momento successivo.

Si giunge così alla conclusione per cui la presenza, nel programma negoziale, di dati ulteriori necessari alla specifica individuazione del bene nello spazio, se per la dottrina costituisce criterio discretivo ai soli fini dell’individuazione del tipo di alienazione (se di cosa generica o di cosa specifica), per la giurisprudenza prevalente è condizione di validità del contratto. A tale orientamento aderisce anche la sentenza n. 14585/2021, ritenendo che il requisito della determinabilità dell’oggetto sia integrato “indicando l’ubica­zione e la forma all’interno della più ampia superficie”.

La richiesta presenza di dati ulteriori non sembra tuttavia dirimente ai fini del merito della decisione, dal momento che la Cassazione conferma la decisione di secondo grado, la quale aveva ritenuto l’oggetto indeterminabile non solo per il difetto dell’esatta collocazione degli immobili, ma, a monte, anche per la mancanza di indicazioni sull’ampiezza degli edifici da costruire oggetto di permuta. Testualmente, i giudici rilevano il difetto della “esatta collocazione della parte di terreno e della esatta collocazione delle costruzioni, con indicazione omessa di dimensione e di ubicazione dei fabbricati”. Dunque, anche aderendo alla tesi meno restrittiva, il contratto sarebbe stato comunque affetto da nullità per la mancanza del requisito di base integrato dall’estensione del bene immobile oggetto di alienazione costituito, nello specifico, dalla dimensione del fabbricato.


5. Il ruolo delle parti e del terzo nella determinazione dell’oggetto

La presenza delle indicazioni sopra richiamate non costituisce l’unico criterio ritenuto idoneo dal giudice di legittimità a rendere l’oggetto almeno determinabile, essendo consentito, in alternativa, che il contratto affidi tale compito alle parti o ad un terzo. Tale ipotesi, autonomamente considerata dalla dottrina, non crea problemi particolari in relazione alla vendita immobiliare di genus limitatum, posto che “non vi è alcuna differenza tra l’ipotesi in cui le parti nulla stabiliscano circa il soggetto che dovrà effettuare le operazioni di separazione, cioè a dire l’individuazione” – trovando applicazione il criterio legale suppletivo ex art. 1378 cod. civ. – “e l’ipotesi nella quale attribuiscono espressamente siffatto potere ad una delle parti o ad un terzo [41]”.

I dubbi invece potrebbero scaturire dal deferimento del potere di scelta in ordine alla localizzazione del bene ad una sola delle parti, ammissibile purché non esercitato in forma arbitraria da parte del suo titolare [42]. A ben guardare però, già la predeterminazione della quantità di terreno da separare, in uno con l’estensione convenzionalmente ritenuta omogenea, escluderebbe a monte il rischio di un possibile abuso di una parte in danno dell’altra. La validità della vendita sembra inoltre confermata dalla riconosciuta ammissibilità della vendita alternativa ex art. 1285 cod. civ. con facoltà di scelta in capo al debitore, e di quella con facoltà di sostituzione [43].

A maggior ragione, non vi pongono dubbi nell’ammettere l’attribuzione del compito di procedere all’in­dividuazione in capo ad un terzo [44], configurandosi un’ipotesi di arbitraggio di cui all’art. 1349 cod. civ. Si ritiene che l’attività dell’arbitratore si traduca un atto di scienza meramente integrativo del negozio concluso tra le parti, ed attuativo di quanto da esse stesse voluto. Si esclude, di contro, che tale atto assuma valenza negoziale e che l’arbitro concorra alla formazione di un contratto dal quale rimarrebbe estraneo, essendo la volontà delle parti l’unica a poter disporre degli interessi potenzialmente in conflitto.

La sentenza in commento pone l’ipotesi sopra citata ed ammessa in contrapposizione a quella in cui sia “necessario tornare alla determinazione dell’oggetto con un patto successivo”, nella quale l’oggetto non è né determinato né determinabile, dal momento che “sussist[o]no margini di dubbio sulla identità del terreno venduto”. Viene in rilievo, in questo secondo caso, la diversa fattispecie in cui il contratto prevede una clausola di riserva ad un successivo accordo tra le parti in ordine alla determinazione della superficie oggetto di trasferimento.

Secondo una ricostruzione minoritaria presente in una risalente pronuncia [45], tale clausola necessiterebbe di un mero accordo attuativo, di talché, in caso di mancato raggiungimento del medesimo, opererebbe l’in­tervento sostitutivo del giudice.

È più convincente la diversa opinione [46] per cui l’esplicita riserva delle parti ad un successivo accordo per l’individuazione del bene esplicita l’assenza di un’intesa attuale su un elemento essenziale del contratto, e manifesta, di contro, la volontà di concludere un contratto avente ad oggetto una species, non ancora individuata dalle parti. Logica conseguenza di tale premessa è l’incompletezza del contratto, la cui formazione è da considerare ancora in itinere. Non si tratta invece di un contratto nullo, in quanto tale forma di invalidità presuppone l’avvenuto perfezionamento dell’iter formativo della fattispecie negoziale, in tale diversa ipotesi ancora in corso di completamento.


6. La dubbia natura dell’atto di individuazione ex art. 1378 cod. civ.

Una volta chiariti i limiti di ammissibilità della vendita immobiliare di genus ed individuati i diversi sottotipi negoziali della figura generale, sembra opportuno approfondire i caratteri fondamentali dell’atto di individuazione di cui all’art. 1378 cod. civ. Sebbene la sentenza non analizzi esplicitamente tale istituto, una sintetica analisi dello stesso risulta imprescindibile: è solo con l’individuazione infatti che il contratto, già valido, diviene efficace sotto il profilo traslativo. La norma in esame è pacificamente applicabile anche alla vendita di beni immobili, in virtù dell’avvenuto superamento della risalente tesi contraria [47].

In dottrina peraltro si ravvisa il contrasto tra l’opinione tradizionale [48], che ritiene che il contratto di compravendita di cosa generica abbia efficacia obbligatoria e che gli effetti reali si producano soltanto a seguito dell’individuazione, e l’opinione più recente [49] che sostiene, all’opposto, che la vendita generi effetti reali ma differiti nel tempo, i quali si producono non dal momento della manifestazione del consenso, ma da quello successivo dell’espletamento delle operazioni di individuazione.

Si è condivisibilmente affermato che “estremo essenziale della individuazione è dunque che quel dato complesso di merce di quel genere venga sufficientemente distaccato, distinto da ogni altra merce del medesimo genere, in modo che non vi siano dubbi o incertezze su di esso, né la possibilità che esso ritorni a confondersi con altri quantitativi di merce del medesimo genere” [50].

Le parti sono libere di determinare le modalità dell’individuazione con apposite clausole contrattuali. Ad esempio, possono richiedere la partecipazione e l’intervento di entrambi i contraenti, ovvero rimetterla esclusivamente all’alienante, all’acquirente o ad un terzo. In mancanza di espressa pattuizione, le operazioni di individuazione rimangono a carico del venditore, ed il compratore ha il diritto di assistervi e di controllarle, per poi eventualmente riservarsi il diritto di accettare o meno la merce individuata dal primo.

Maggiori interrogativi sorgono in ordine alla natura dell’atto di individuazione, in assenza di una disciplina positiva sul punto. La dottrina oscilla tra l’attribuzione a tale atto di una natura negoziale [51] ovvero meramente esecutiva [52].

Secondo la prima e più risalente opinione, l’accordo di individuazione avrebbe natura negoziale perché, determinando una modifica degli effetti naturali del contratto di vendita, diventa strumento di autoregolamento degli interessi privati; esso però non sarebbe un negozio autonomo, bensì una clausola negoziale accidentale la cui funzione è compatibile con il tipo contrattuale della compravendita, che non viene snaturato [53].

La seconda opinione qualifica l’individuazione come atto giuridico in senso stretto, ritenendo che costituisca atto dovuto, quale adempimento dell’obbligazione prevista dall’art. 1476 n. 2 cod. civ. di fare acquistare il diritto a carico dell’alienante e a favore dell’avente causa [54]. Inteso in questo secondo senso, l’atto di individuazione deve determinare la separazione materiale della cosa e deve dunque rispettare i requisiti di certezza e definitività, così da precludere all’alienante l’unilaterale sostituzione del bene individuato, all’insaputa dell’acquirente [55]. Di contro, non necessita di forma scritta ad substantiam, neppure nel caso di alienazione generica avente ad oggetto beni immobili [56].

Sul punto, è opportuno chiarire quanto segue. La scelta del bene oggetto dell’accordo è espressione di un atto di autonomia negoziale, che le parti possono compiere già al momento della conclusione del contratto mediante l’inserimento in stesso dei criteri necessari all’individuazione. In tal caso, il contratto è perfetto e la fattispecie è completa; manca solo l’efficacia reale, che si verificherà una volta data attuazione – con un atto meramente esecutivo di individuazione – alla clausola che contiene tale modalità.

Se invece i contraenti hanno deciso di posticipare la scelta sulle modalità di individuazione, l’accordo successivamente stipulato assume la valenza di atto negoziale integrativo, ammissibile anche per i negozi formali, purché la clausola rivesta la stessa forma prevista per il contratto (dunque nei contratti di compravendita immobiliare, deve assumere necessariamente la forma scritta) [57].

Il termine “individuazione” può dunque essere inteso in una duplice accezione, al contempo sia normativa che esecutiva. Nel primo senso, essa rileva nella fase di formazione della volontà negoziale, dovendo le parti individuare i criteri di scelta o l’atto che dovrà produrre l’effetto giuridico dell’individuazione. L’indi­viduazione in senso stretto attiene invece, come sopra chiarito, al momento esecutivo, e non incide sull’as­setto programmato del negozio, ma solo sui suoi effetti, determinando il prodursi di quelli traslativi.

A conferma di questa ricostruzione, la dottrina ha osservato come l’art. 1378 cod. civ. contenga l’im­plicito riferimento a due concetti distinti, rispettivamente definiti “individuazione” e “specificazione”: la prima, volta alla determinazione dell’oggetto del contratto, deve essere fatta d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti; la seconda – quale operazione materiale contestuale o successiva all’individuazione (negoziale) – consiste nella mera identificazione della singola cosa nell’ambito del genus di appartenenza [58].

Questa duplice nozione di individuazione è stata fatta propria anche dalla sentenza in commento. Da un lato infatti, ai fini del perfezionamento e del contratto, “non de[ve] richiedersi una nuova manifestazione di volontà delle parti”, che deve essere già stata compiutamente manifestata senza che “si renda (...) necessario tornare alla determinazione dell’oggetto con un patto successivo”. Di contro, il successivo momento esecutivo dell’individuazione, quale atto di “adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere”, è ricostruito in chiave di “procedimento tecnico di mera attuazione che (...) individui la dislocazione nell’ambito del fondo maggiore [del bene da alienare]”.

La distinzione in commento consente di evitare la sovrapposizione tra due piani concettuali che devono rimanere distinti: quello della determinazione dell’oggetto [59] della vendita ex art. 1346 cod. civ. e quello dell’individuazione del bene in senso stretto ex art. 1378 cod. civ.

Com’è stato opportunamente osservato, la determinazione dell’oggetto del contratto e l’individuazione del bene oggetto del rapporto rappresentano due profili differenti. Con “oggetto dell’atto giuridico” si intende la sua rappresentazione programmatica, che costituisce parte del contenuto negoziale; con l’espressione “oggetto del rapporto giuridico” ci si richiama al bene inteso come realtà materiale, che costituisce punto di riferimento esterno di un dato effetto giuridico [60].

La distinzione trova conferma anche sul piano degli effetti, poiché dalla mancanza di determinazione dell’oggetto discende la nullità del contratto, mentre l’omessa individuazione del bene determina solo l’inef­ficacia traslativa dello stesso [61].

L’individuazione di cui all’art. 1378 cod. civ. costituisce conferma, in chiave sistematica, dell’esposta ricostruzione: ai fini della validità del contratto, è sufficiente anche la sola deduzione generica del bene immobile, senza che ciò impedisca la determinatezza o determinabilità dell’oggetto; la successiva individuazione è infatti richiesta solo per la produzione degli effetti reali.


7. Un focus sulla permuta tra terreno edificabile ed immobili da costruire

A questo punto della trattazione, si ritiene opportuno procedere nell’analisi dei tratti fondamentali del tipo contrattuale scelto dalle parti all’interno della più ampia categoria di atto dispositivo di bene immobile generico, di cui si è detto ampiamente sinora. Secondo la ricostruzione attorea di primo grado, non contestata dalle convenute e fatta propria anche dai giudici di merito, le parti avevano stipulato un contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura, avente ad oggetto, nello specifico, lo scambio tra un terreno edificabile ed alcuni immobili da costruire.

In generale, è pacificamente ammessa la permuta di cosa futura, sia dalla dottrina [62] che dalla giurisprudenza [63], in virtù del rinvio operato dall’art. 1555 cod. civ. a tutta la disciplina sulla vendita, ivi compreso l’art. 1472 cod. civ. in tema di vendita di cose future. Una conferma ulteriore è fornita dall’art. 1348 cod. civ., che ammette la deducibilità in contratto le prestazioni di cose future, anche se in alcune pronunce [64] la fattispecie è stata diversamente ricostruita in termini di coesistenza tra due distinti contratti, una compravendita e una promessa di vendita.

Il contratto, perfezionatosi in virtù del solo consenso, produce effetti reali immediati limitatamente al bene esistente ed effetti obbligatori [65] quanto al bene futuro. Si tratta di una “permuta obbligatoria unilaterale [66]“ visto che solo una delle due attribuzioni riguarda una cosa futura, il cui trasferimento, pur posticipato nel tempo, si verifica automaticamente, per effetto della sola venuta ad esistenza della cosa, senza necessità di ulteriori atti traslativi o della materiale acquisizione del bene in capo all’acquirente.

Dal punto di vista pratico, questo contratto è utilizzato di frequente nelle ipotesi di cessione in permuta da parte di un soggetto del proprio terreno ad un costruttore, affinché questi vi costruisca un edificio e ceda, come controprestazione, uno o più immobili facenti parte del complesso da realizzare [67].

Il caso sotteso alla vicenda in esame costituisce proprio un esempio di questa prassi giuridico-economica molto diffusa, grazie alla sua buona capacità di soddisfare gli interessi delle parti. La stipula di un tale contratto di permuta consente infatti al dominus soli di appaltare la costruzione dell’edificio, pur in mancanza di liquidità, e di diventare proprietario di una o più unità immobiliari, una volta ultimata la costruzione. Per altro verso, il costruttore non dovrà versare alcun corrispettivo in denaro per l’acquisto del terreno; inoltre, in quanto proprietario sin da subito del suolo, è legittimato a costituirvi ipoteca ed ottenere così i finanziamenti necessari alla copertura dei costi per la realizzazione degli edifici [68].

Come già rilevato per l’ipotesi generale di permuta futura, anche il contratto in questione determina la produzione di effetti reali scanditi in due diversi momenti, e tale asimmetria diacronica realizza posizioni differenti in capo alle parti: il dominus soli perde immediatamente la proprietà del bene, e di contro acquisterà la proprietà delle singole unità immobiliari a lui spettanti solo al momento della realizzazione dell’edificio, restando nel frattempo esposto al rischio della loro mancata venuta ad esistenza (per inadempimento [69] o fallimento dell’impresa costruttrice, o per qualsiasi altra possibile ragione).

Così disciplinata, la permuta sarà stipulata soltanto nei casi in cui il dominus soli nutra un adeguato livello di fiducia nell’appaltatore, anche se deve darsi atto che la disciplina a tutela degli acquirenti degli immobili da costruire [70] ha notevolmente implementato le tutele in loro favore, in quanto ritenuti parte contrattuale debole.

Per superare l’impasse dell’efficacia meramente obbligatoria della retroattività da risoluzione per inadempimento, sono stati elaborati schemi negoziali alternativi, facendo ricorso, ad esempio, al meccanismo condizionale [71] – più conveniente grazie alla retroattività reale di cui all’art. 2659 cod. civ. – oppure alla riserva della proprietà di cui all’art. 1523 cod. civ. [72], espressamente prevista in tema di beni mobili ma ritenuta estensibile anche alle ipotesi di vendite immobiliari [73].

Se poi, in conformità alla tesi dottrinale dominante [74] favorevole alla derogabilità convenzionale del modello circolatorio consensualistico [75] ex art. 1376 cod. civ., si ammetta una permuta come negozio “obbligatorio” (unilaterale o bilaterale) nel senso romanistico del termine, è possibile che dal contratto derivino solo reciproche obbligazioni di trasferire, da adempiere con successivi negozi dispositivi solvendi causa.

In tal caso, l’interesse del titolare del suolo potrà essere soddisfatto mediante il ricorso a tale tecnica traslativa, previa configurazione del contratto come meramente obbligatorio anche ex latere domini soli e subordinando il compimento del successivo pagamento traslativo da parte di quest’ultimo alla previa realizzazione della costruzione da parte dell’appaltatore [76].


8. Segue: Un’alternativa: vendita di quota indivisa di terreno, appalto e divisione di cosa futura

Nonostante i correttivi applicabili mediante apposite clausole negoziali, i meccanismi in esame continuano a fare uso della permuta unilaterale di cosa futura quale contratto di base.

Tali soluzioni non sono però le uniche alternative prospettabili, essendo di contro possibile – ed anche più conveniente, sotto vari profili – fare uso di tecniche contrattuali “più progredite [77]” mediante l’uso di schemi negoziali differenti.

Nella sentenza in commento, il ricorrente si richiama ad una di queste fattispecie alternative, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo da parte del giudice di appello, inerente la determinazione dell’oggetto, relativo, secondo la ricostruzione del ricorrente, alla “costituzione di una comproprietà indivisa pro quota relativamente sia al terreno che al compendio immobiliare da costruire”. In altri termini, secondo il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe considerato che il contratto avesse ad oggetto la costituzione di una comunione di beni, comprendente sia quello presente (il terreno) che quelli futuri (gli edifici da costruire).

Il predetto motivo viene però respinto dalla Suprema Corte, per un duplice ordine di ragioni: sia per la tardività dell’allegazione, esposta per la prima volta solo in sede di legittimità, “non risultando tale profilo dapprima invocato”, sia per la sua irrilevanza: “l’ipotesi che il negozio fra le parti era finalizzato ad un trasferimento di semplice comproprietà non può condurre ad escludere la mancanza di identificazione e determinabilità dell’oggetto del contratto (...). I detti requisiti dell’oggetto sono (...) indispensabili in ogni caso”.

La pure respinta ricostruzione di parte ricorrente costituisce lo spunto per esaminare la fattispecie contrattuale citata, idonea a produrre un effetto sostanzialmente permutativo, dunque configurabile quale alternativa rispetto al tipo contrattuale di permuta di cosa futura sopra esaminato. Nonostante la lacunosa ricostruzione in fatto, sembra infatti che la ricostruzione operata dal ricorrente possa essere qualificata come vendita di quota di comproprietà del terreno con contestuale appalto (ed eventualmente, con contestuale divisione di cosa futura [78]).

In esecuzione di tale schema negoziale, il proprietario del suolo vende all’impresa una quota indivisa del terreno, espressa in millesimi, e corrispondente al valore delle unità immobiliari da ricevere. Contestualmente, si procede alla stipula del contratto di appalto con conferimento al costruttore dell’incarico relativo alla costruzione dell’edificio, quale corrispettivo della vendita. Grazie a tale collegamento negoziale tra vendita e appalto, non si ha solitamente alcun esborso di denaro da parte dell’appaltatore, che acquista la quota di comproprietà dell’area, compensando il suo debito con il credito nascente dall’appalto, cioè con il corrispettivo a lui spettante per l’esecuzione dei lavori.

La fattispecie in esame realizza così un’ipotesi di condominio precostituito ed ha natura di contratto plurilaterale con comunione di scopo. Questa soluzione consente al proprietario di trasferire una quota di terreno al costruttore, ma di restare comunque nella disponibilità del suolo, in quanto comproprietario; inoltre, qualunque costruzione edificata dal costruttore in esecuzione dell’appalto sarà da costui acquistata pro quota per accessione ex art. 934 cod. civ.

Per evitare che l’immobile da costruire cada in comunione, è possibile completare l’operazione negoziale con la contestuale stipula di una divisione del futuro fabbricato, al fine di attribuire la proprietà esclusiva delle unità immobiliari edificande a ciascun comproprietario, da parametrare in misura corrispondente alle loro rispettive quote ideali [79].

In relazione all’applicabilità anche a tale fattispecie delle tutele di cui al d.lgs. n. 122/2005, si è rilevato che mancherebbe un acquisto a titolo derivativo, sia perché l’accessione costituisce un modo di acquisto a titolo originario, sia perché l’effetto divisionale – indipendentemente da ogni considerazione sulla sua natura dichiarativa o costitutiva, dibattito che sembra oramai risolto dalla recente decisione delle Sezioni Unite [80] – è privo di efficacia traslativa.

Si è di contro condivisibilmente replicato che anche il fenomeno dell’acquisto a titolo originario può rientrare nel campo di applicazione del decreto, laddove esso si inserisca nell’ambito di una complessiva operazione di scambio, che riguardando un immobile da costruire, non si produce in via immediata [81]. Inoltre, il contratto di divisione comporta pur sempre una reciprocità di attribuzioni patrimoniali, collegate tra di loro da un nesso qualificabile in termini di commutatività e, quindi, di onerosità [82].


9. Osservazioni conclusive

Riassumendo le considerazioni finora analiticamente riproposte, si rileva come la sentenza in esame si collochi in una posizione di continuità con la giurisprudenza precedente in relazione alla generale ammissibilità degli atti di disposizione aventi ad oggetto un immobile generico. Se ciò è pacifico in astratto, sarà sempre necessaria la verifica in concreto del rispetto del requisito di determinatezza o almeno determinabilità dell’oggetto ex art. 1346 cod. civ., per evitare di incorrere in una declaratoria di nullità; ciò vale indifferentemente per qualsiasi tipo negoziale, dunque anche per la permuta di cosa futura, o per l’ipotetico contratto costitutivo di comproprietà indivisa emerso dalla tardiva ricostruzione di parte ricorrente.

Da ultimo, si dà atto che la particolare attenzione al contenuto del contratto è confermata anche da una specifica disposizione contenuta nel d.lgs. n. 122/2005, segnatamente l’art. 6, che prevede l’obbligo di conformare il contratto stipulato tra le parti ad un contenuto “minimo” normativamente predeterminato, con previsione ulteriore di specifiche allegazioni [83]. Tale disposizione è stata appositamente prevista al fine di assicurare la massima completezza possibile del contenuto del contratto, anche con riguardo ai profili di determinazione del suo oggetto [84].

Ai sensi dell’art. 1 lett. a) infatti, il decreto legislativo si applica non solo alla vendita e al preliminare di vendita, ma ad “ogni altro contratto (...) che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato (...) della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire”. Oggetto di considerazione, da parte del legislatore, non è tanto il contratto quanto l’operazione economica nel suo complesso [85], intesa come la sequenza composita comprensiva del regolamento negoziale e dei vari comportamenti che ad esso si collegano in vista del risultato perseguito, senza che vi siano limiti con riguardo alla causa negoziale, e senza che rilevino i problemi di qualificazione di fattispecie affini.

Da ciò discende che le prescrizioni ivi contenute si applicano anche alla permuta (e al relativo preliminare) di cosa presente contro cosa futura, e nello specifico di suolo contro appartamenti da costruire [86]. Per le medesime ragioni, l’assetto normativo in esame opera anche nei confronti di tutti gli atti di alienazione di cosa generica, in quanto idonei a determinare un trasferimento non immediato del diritto [87].

Sebbene il legislatore non abbia previsto alcuna sanzione per il caso di violazione di tale disposizione [88], si ritiene che, se a seguito dell’omessa indicazione in contratto degli elementi di cui alle lett. a) e b) del primo comma dell’art. 6, l’immobile da trasferire non possa essere individuato, e si determini una situazione di incertezza circa l’oggetto del contratto, il contratto sarà affetto da nullità assoluta ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1346 cod. civ., coerentemente con le tesi esposte in precedenza in relazione alla vendita immobiliare generica ad oggetto indeterminato ed indeterminabile.


NOTE

[1] Cass. 26 maggio 2021, n. 14585, in Guida dir., 2021, 32 ss.

[2] Sul tema in generale dei rimedi a fronte dell’inadempimento del contratto preliminare, sia consentito il rinvio a R. Calvo, Contratto preliminare. Art. 1351, in Il Codice Civile. Commentario, fondato da P. Schlesinger e diretto da F. D. Busnelli, Giuffrè, 2016, 168 ss.; F. Gazzoni, Il contratto preliminare, Giappichelli, 2010, 590 ss., nonché da ultimo, a D. Imbruglia, Tutela recuperatoria e nullità relativa nella contrattazione preliminare di immobili da costruire, in Pers. Merc., 2021, 1, 143-159. In giurisprudenza, Cass. 26 febbraio 2016, n. 3855, in Resp. civ. e prev., 2016, 4, 1353; Cass. 23 novembre 2021, n. 36241, in Mass. giust. civ, 2021. In relazione alla risoluzione del preliminare e al risarcimento del danno, v. Cass. 26 agosto 2020, n. 17769, in Il foro it., 2021, 1, 239 ss, con nota di P. Laghezza, In tema di rapporti tra risoluzione del contratto, azione di riduzione del prezzo e risarcimento del danno. Per l’azione ex art. 2932 c.c, v. M. Capecchi, Esecuzione specifica del preliminare di vendita immobiliare, Giuffrè, 2019, 229 ss. e S. Mazzamuto, Alcune riflessioni sulla sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. a margine della rilettura de “Il contratto preliminare” di Raffaele Rascio, in Dir. e giur., 2011, 3, 325 ss.

[3] In tema di sanatoria dell’atto nullo, si rinvia ex multis a G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione. Contributo ad uno studio della sanatoria del negozio nullo, in Studi in onore di Giorgio Cian, a cura di M.V. De Giorgi, S. Delle Monache, G. De Cristofaro, II, Cedam, 2010, 1901 ss.; Id., La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011, 11; Id., Rilevabilità d’ufficio e sanabilità dell’atto nullo, dieci anni dopo, in Rass. dir. civ., 2019, 1105 ss.; Id., Sanatoria, in Enc. dir., I, Contratto, diretto da G. D’Amico, Giuffrè, 2021, 1103 ss.; G. Vulpiani, Unità, frammentazione e sanabilità della nullità del contratto, Edizioni Scientifiche Italiane, 2021, 9 ss.

[4] V., ex multis, G. Alpa, Indeterminabilità dell’oggetto del contratto, giudizio di nullità e principio di buona fede, in Giur. It., 1977, I, 1, 698 ss.; R. Sacco, Il contratto, in Trattato di diritto civile, a cura di R. Sacco, II, Utet, 1996, 117 ss.

[5] D. Rubino, La compravendita, Giuffrè, 1950, 48 ss.; C.M. Bianca, La vendita e la permuta, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da F. Vassalli, VII, Utet, 1972, 238.

[6] G. Greco, L. Cottino, Della vendita. Art. 1470-1547, in Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja, G. Branca, IV, Zanichelli, 1968, 20 ss.

[7] U. Majello, L’individuazione nella vendita di genere, in Riv. dir. civ., 1957, I, 182 ss., in aperta polemica contro quella parte della dottrina che sostiene la corrispondenza concettuale delle terminologie, cioè ivi, nota 3-4-5: si tratta della tesi di A. Pino da questi sostenuta in Osservazioni sulla fungibilità dei beni, in Bancaria, 1955, 931 ss.; Id., Contributo alla teoria giuridica dei beni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 6, 839 ss. Critici verso tale opinione anche F. Casavola, Emptio pondere numero mensura, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della casa editrice Jovene, Jovene, 1954, 551, F. Sensini, La specificazione nella compravendita di genere, Firenze, 1934, 7; F. Martorano, Il conto corrente bancario, Napoli, 1955, 22.

[8] Ad esempio, in Cass. 24 novembre 1977, n. 5113, in Foro it., 1978, II, 1260 si sostiene che la cosa immobile può formare oggetto di contratti traslativi solo e sempre come species, necessariamente infungibile per natura. Contra, A. Luminoso, La vendita, Giuffrè, 2014, 235: Le cose generiche possono aversi non solo fra le cose mobili ma anche fra gli immobili, avendo soprattutto la dottrina già da tempo superato il preconcetto che i beni immobili sarebbero sempre specifici e riconoscendosi oramai la possibilità, per gli interessati, di dedurre in contratto immobili appartenenti ad un genere limitato; D. Rubino, La compravendita, cit., 48 ss.

[9] Come è ammessa la vendita generica di immobili, così si ritiene valido il legato generico di immobili: così C. Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, II, Giuffrè, 1952, 74 ss.; A. Masi, Dei legati. Art. 649-673, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja-G. Branca, II, Zanichelli, 1979, 56 ss.; P. Rescigno, In tema di legato di genere. Nota a Trib. Napoli, 28 ottobre 1955, in Dir. giur., 1956, 3, 536 ss.

[10] App. Napoli (Sez. Salerno), 18 febbraio 1974, in Giur. It., 1975, 2, 726.

[11] A. Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, 132 ss., il quale sottolinea che la posizione del fondo rispetto a quelli circostanti costituisce il quid che attribuisce individualità al bene immobile.

[12] R. Luzzatto, La compravendita, Utet, 1961, 78; Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, in Rass. dir. civ., 1980, 7, 808.

[13] C.M. Bianca, La vendita, cit., 233. Cfr. Cass. 14 ottobre 1988, n. 5562, in Mass. giust. civ., 1988, 1326, per un caso in cui gli immobili venduti non erano stati esattamente identificati in quanto erano stati lasciati in bianco gli spazi della scrittura privata di vendita nei quali le parti avrebbero dovuto precisare l’ubicazione.

[14] Cass. 8 novembre 1983, n. 6588, in Foro it., 1984, I, 2287, laddove si chiarisce che “la forma scritta ad substantiam per un atto comportante trasferimento della proprietà di immobili è necessaria, sia che esso avvenga venditionis causa sia che avvenga solutionis causa, ed è da escludere che il bene oggetto del trasferimento possa essere identificato in base agli elementi non scritti, estranei all’atto”; Cass. 5 marzo 1976, n. 743, in Foro it., I, 1257: “Nei contratti per i quali la forma è richiesta ad substantiam, la determinazione dell’oggetto non può essere rimessa ad una successiva libera attività delle parti, ma deve essere operata unicamente sulla base di elementi contenuti o prestabiliti nel contratto”.

[15] A. Luminoso, Le alienazioni di immobili “non localizzati”, in Riv. dir. comm., 1991, 9-10, 525: “La fattispecie che viene ora in considerazione [si differenzia dalla precedente] in quanto le parti procedono almeno ad una localizzazione parziale dell’estensione immobiliare da trasferire, individuando con precisione il maggior fondo dal quale (...) dovrà operarsi il distacco della superficie destinata a formare il nuovo immobile”.

[16] A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 523: per risolvere i problemi attinenti alla validità del contratto (ex artt. 1418 cod. civ. e 1346 cod. civ.) occorre, a nostro avviso, passare rapidamente in rassegna le singole ipotesi sopra descritte”.

[17] Cass. 24 novembre 1977, n. 5113, cit., 1256; Cass. 27 giugno 1987, n. 5716, in Giur.it., 1989, I, 1, 374.

[18] R. Luzzatto, La compravendita, cit., 85; Cass., 24 novembre 1977, n. 5113, cit.; Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, cit.; Cass., 27 giugno 1987, n. 5716, cit., 374.

[19] In generale, sulla disciplina dettata per le obbligazioni alternative, v. A. Gorassini, Alternatività nell’oggetto dell’ob­bligazione. Delle obbligazioni alternative, Napoli, 1999; S. Cherti, L’obbligazione alternativa. Nozione e realtà applicativa2, Torino, 2008; D. Rubino, Obbligazioni alternative2, in Commentario del Codice civile, a cura di A. Scialoja, G. Branca, IV, Zanichelli, 1968, 1 ss.

[20] Per altre differenze di disciplina tra obbligazioni alternative e obbligazioni generiche, cfr. V. Panuccio, Obbligazioni generiche e scelta del creditore, Giuffrè, 1972, passim; P. Ghiretti, Genericità e fungibilità nell’obbligazione, in Riv. dir. comm., 1974, I, 257.

[21] D. Rubino, La compravendita, cit., 171.

[22] R. Luzzatto, La compravendita, cit., 78 ed ivi nt. 1.

[23] E. Perego, La vendita di immobili non individuati, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1982, 4, 1227: “È noto che la riconduzione della vendita all’una o all’altra delle due categorie è ardua allorché il numero dei beni è limitato e che il problema si risolve mediante un’indagine sulla volontà delle parti (...)”.

[24] A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 532: “Applicando siffatti criteri, se ne dovrebbe concludere che, nelle ipotesi [di] vendita di un lotto da scegliere fra più lotti equivalenti di una lottizzazione, oppure di una unità abitativa ricompresa in un edificio o in un complesso immobiliare – si ha vendita di genus limitatum; mentre si avrebbe invece vendita alternativa qualora il contratto prevedesse, ad esempio l’alienazione del lotto n. 1 o del lotto n. 4 di una determinata lottizzazione, oppure l’alienazione dell’appartamento del primo piano o d quello del quinto piano di un dato edificio”.

[25] Per l’ipotesi di commistione tra vendita alternativa e vendita generica, A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 534: prima, la scelta tra i generi alternativi spetterà all’alienante ex art. 1286 cod. civ., poi la successiva individuazione all’interno del genere prescelto sarà compiuta ex art. 1378 cod. civ.

[26] Così C.M. Bianca, La vendita, cit., 232-233; E. Perego, La vendita, cit., 1223; Cass. 5 marzo 1976, n. 743, cit., 1258.

[27] E. Perego, La vendita, cit., 1221 e 1227: “A mio avviso, poi, anche la vendita di un lotto da scegliere fra più lotti equivalenti in una lottizzazione è di regola vendita di cosa generica e non vendita alternativa”.

[28] D. Rubino, La compravendita, cit., 97; G. Greco, L. Cottino, Della vendita, cit., 23, 494; R. Luzzatto, La compravendita, cit., 85; A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 525; E. Perego, La vendita, cit., 1227; v. anche A. Barenghi, Determinazione e determinabilità unilaterale nel contratto, Jovene, 2006, 178 ss.

[29] Cass. 6 marzo 1982, n. 1427, in Mass. Giust. civ., 1982, 3, 1476; Cass. 8 novembre 1983, n. 6588, in Foro it., 1984, I, 2287; Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, in Rass. dir. civ., 1980, 808, con nota di D. Valentino, Note sulla vendita generica di immobili.

[30] Cass. 24 novembre 1977, n. 5113, cit., 1256; Cass. 5 marzo 1976, n. 743, in Foro. it., 1978, I, 1257; Cass. 5 novembre 1977, n. 4712, in Foro it., I, 1258; Cass. 29 ottobre 1975, n. 3677, in Riv. not., 1976, 6, 902; Cass. 2 agosto 1968, n. 2770, in Foro it., 1969, 11, 2939; Cass., sez. un., 31 luglio 1989, n. 3562, in Foro it., 1991, II, 1767; Cass. 14 gennaio 1994, n. 206, in Foro.it., 1994, I, 2444; Cass. 10 giugno 1991, n. 6570, in Giust. civ., 1992, I, 1021.

[31] Ex multis, Cass. 27 giugno 1987, n. 5716, in Giur.it., 1989, I, 1, 374; Cass. 29 luglio 1983 n. 5225, in Foro it., 1193, 5, 1601; Cass. 12 luglio 2000, n. 9235, in Giur. it., 2001, 6, 706; Cass. 23 marzo 2004, n. 5757, in Riv. not., 2004, 8, 1535; Cass. 29 marzo 2006, n. 7279, in Obbl. contr., 2006, 8-9, 797; Trib. Cagliari, 19 marzo 1989, in Riv. giur. sarda, 1991, 1, 42; App. Cagliari, 4 marzo 2004, in Riv. giur. sarda, 1991, 2006, 1, 45 ss., con nota di A. Luminoso, Determinazione dell’oggetto e individuazione del bene nelle alienazioni immobiliari di genus limitatum.

[32] Cfr. Cass. 29 marzo 2006, cit., 797: “Sussiste il requisito della determinabilità dell’oggetto nella compravendita di un terreno da staccarsi da una maggiore estensione, qualora nel contratto sia indicata la maggiore estensione dalla quale operare il distacco e sia stabilita per iscritto la misura esatta della estensione da separare; ciò sempre che, per la determinazione di questa ultima, non si richieda nessuna nuova manifestazione di volontà delle parti”. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità del contratto di vendita di un terreno per totale indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto, stante l’assenza di indicazioni in punto di ubicazione e forma della superficie da distaccarsi. In termini analoghi, Cass. 30 dicembre 1997, n. 13098, in Giust. civ. mass., 1997, 2450.

[33] Cass. 18 ottobre 1955, n. 3287, citata da Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, cit., 817.

[34] A. Luminoso, La vendita, cit., 246: “Siffatte indicazioni, oltre che non necessarie, appaiono inutili, atteso che esistono apposite norme di legge che prevedono, da un lato, l’obbligo dell’alienante di effettuare l’individuazione in accordo con l’acquirente (artt. 1476 n. 2 e 1378 cod. civ.) e, dall’altro, l’obbligo del debitore, nel caso di prestazione di cose determinate soltanto nel genere, di prestare cose di qualità non inferiore alla media”. Sul punto, cfr. Cass. 4 febbraio 1992, n. 1194 che in relazione alle vendite immobiliari di genus limitatum richiama il dovere del venditore di attenersi alla regola di cui all’art. 1178 cod. civ. Tale regola è richiamata anche nella pronuncia in commento, per la quale, avvenuta la determinazione dell’oggetto del contrato, occorre solo “l’adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere attenendosi al disposto dell’articolo 1178 cod. civ.”.

[35] Cass. 24 novembre 1977, n. 5113, cit., v. nota 7. Il ragionamento prosegue nel senso che, trattandosi di alienazione ontologicamente di species, essa può considerarsi valida alternativamente: o quando la superficie da distaccarsi dalla maggior estensione sia individuabile in base ad elementi offerti dal contratto tali da richiedere una mera loro applicazione con un procedimento tecnico, o quando la vendita abbia ad oggetto un immobile da scegliere tra più già individuati o individuabili. Seguono lo stesso indirizzo: Cass. 5 marzo 1976, n. 743, cit., 1257; Cass. 29 ottobre 1975, n. 3677, cit., 902; Cass. 2 agosto 1968, n. 2770, cit., 2939; Cass. 5 marzo 1984, n. 1513, in Mass. giust. civ., 3-4, 817.

[36] D. Rubino, La compravendita, cit., 97; R. Luzzatto, La compravendita, cit., 85, che ritiene preferibile configurare una vendita di cosa da estrarsi da una certa massa e non una vendita di genere limitato; G. Greco, L. Cottino, Della vendita, cit., 23, 494; E. Perego, La vendita, cit., 1227.

[37] Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, cit., 813-814, e giurisprudenza ivi citata, segnatamente Cass. 18 ottobre 1955, n. 3287; Cass. 20 luglio 1957, n. 3084; Cass. 28 maggio 1973 n. 1572. Conformi Cass. 8 novembre 1983, n. 6588, cit., 2287; Cass., 27 giugno 1987, n. 5716, cit., 374.

[38] A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 527; A. Auricchio, La individuazione, cit., 133, il quale chiarisce che “possono distinguersi due ipotesi ben differenti: a) può darsi che nel contratto sia indicata solo la misura della parte venduta; b) ma può anche accadere che, oltre alla misura, risultino anche i criteri per localizzare la parte venduta (...) Questa seconda ipotesi non può essere classificata come vendita di genere, poiché fin dal momento della conclusione del contratto non sussiste alcuna incertezza sulla posizione del fondo”.

[39] Nel primo senso, v. E. Perego, La vendita, cit., 1222, che distingue tra localizzazione e conformazione, ritenendo il primo criterio inidoneo ad individuare il bene e quindi a sussumere il contratto sotto la disciplina della vendita di cosa specifica: “Perché il lotto da distaccarsi possa ritenersi già individuato nel contratto, occorre la descrizione della sua conformazione, in aggiunta al criterio per la localizzazione (...). Quindi l’esistenza di un criterio per la localizzazione del bene, che sia insufficiente ad operare la sua individuazione (...) non serve (...) a sottrarre il negozio alla problematica della vendita generica di immobili”; Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, cit., 808; Cass. 5 marzo 1984, n. 1513, cit., 817. Per la seconda opzione ricostruttiva, v. A. Luminoso, Le alienazioni, cit. 528: “A noi sembra da accogliere la configurazione che, nelle ipotesi in parola, vede nell’oggetto del contratto una cosa di specie”; D. Rubino, La compravendita, cit., 98, A. Auricchio, La individuazione, cit., 98, Cass. 24 novembre 1977, n. 5113, cit., 1260; Cass. 29 ottobre 1975, n. 3677, cit., 902.

[40] A. Auricchio, La individuazione, cit., 132-134.

[41] A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 529; E. Perego, La vendita, cit., 1228, che dopo aver esaminato il caso di cui si dirà infra, lo ritiene diverso da quello “in cui la scelta sia stata riservata a una parte o ad un terzo, perché l’immobile è concordemente dedotto in contratto come genus limitatum, nell’ambito del quale sarà operata la scelta”.

[42] V. per tutti, C.M. Bianca, Diritto civile, Il contratto, III, Giuffrè, 1984, 335 ss., il quale sostiene che l’art. 1349, per quanto rivolto ad evitare un’ingiustificata soggezione di una parte del contratto all’arbitrio dell’altra nella determinazione dell’oggetto, non esclude, in via assoluta, la possibilità che un limitato potere di determinazione sia affidato ad una delle parti se l’altra risulta protetta dal pericolo di abusi.

[43] C.M. Bianca, Il contratto, cit., 341.

[44] In argomento, ex multis, S. Nardi, Clausola di nomina del terzo per la determinazione dell’oggetto o del prezzo, in M. Confortini, Clausole negoziali. Profili teorici e applicativi di clausole tipiche e atipiche, Utet, 2019, 499-520; T. Ascarelli, Arbitri e arbitratori, in Riv. dir. e proc. civ., 1929, 1, 30 ss., ora in Studi in tema di contratti, Giuffrè, 1952, 205 ss.; A. Catricalà, Arbitraggio, in Enc. Giur. Treccani, II, Zanichelli, 1990; F. Criscuolo, Arbitraggio e determinazione dell’oggetto del contratto, Edizioni Scientifiche Italiane, 1966; E. Gabrielli, La determinazione dell’oggetto ad opera del terzo, in Id., Contratto e Contratti. Scritti, Torino, 2011, 157 ss.; N. Irti, Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui, Giuffrè, 1967; F. Santoro Passarelli, La determinazione dell’onorato di un lascito e l’arbitrio del terzo, in Riv. dir. priv., 1932, 1, 272 ss.; S. Satta, Contributo alla dottrina dell’arbitrato, Giuffrè, 1931.

[45] Cass. 26 marzo 1965, n. 502, in Giust. civ., 1965, I, 1371.

[46] E. Perego, La vendita, cit., 1227; A. Luminoso, Le alienazioni, cit., 530; Cass. 18 gennaio 1979, n. 367; Cass. 24 novembre 1977, n. 5113, cit.; Cass. 29 ottobre 1975, n. 3677, cit., 902.

[47] M. Giorgianni, L’inadempimento, Giuffrè, 1975, 53; R. Miccio, Delle obbligazioni in generale, in Commentario del codice civile, IV, 1, Utet, 1961, 83. Secondo tale tesi, l’art. 1178 cod. civ. presupporrebbe un’ampia produzione di beni omogenei di diversa qualità: in caso di genus molto limitato sarebbe preferibile l’applicazione delle regole sull’obbligazione alternativa, che consentono la scelta tra qualunque dei beni dedotti in contratto.

[48] Per tutti, G. Gazzara, La vendita obbligatoria, Giuffrè, 1981, 180.

[49] G. Mirabelli, Dei singoli contratti, in Commentario del Codice civile, IV, 3, Utet, 1991, 13; Luminoso, La compravendita, cit., 89.

[50] D. Rubino, La compravendita, cit., 166. Interessante è anche la tesi dottrinale, sia pur minoritaria, secondo la quale l’atto di specificazione estingue l’obbligazione di far acquistare il diritto al compratore, e determina l’obbligazione di consegnare la cosa specificata, a seguito della produzione dell’effetto traslativo, essendo questo un atto produttivo dell’effetto traslativo. In altri termini, l’individuazione attuerebbe una modificazione del rapporto obbligatorio da generico a specifico: così G. Valeri, Sulla teoria della specificazione nella vendita da piazza a piazza, in Riv. dir. comm., 1932, I, 588 ss. C.M. Bianca, La vendita, cit., 321, descrive l’individuazione come “scelta di cose specifiche nell’ambito del genus”.

[51] U. Majello, L’individuazione, cit., 181; Id., Accordo di individuazione e unilateralità dell’atto diretto alla sua esecuzione, in Giur. it., 1961, I, 1, 600 e 610; G. Mirabelli, Dei singoli contratti, cit., 314.

[52] E. Gabrielli, Il contenuto e l’oggetto del contratto, in Trattato dei contratti, a cura di E. Gabrielli e diretto da P. Rescigno, Utet, 1999, 719.

[53] U. Majello, L’individuazione, cit., 200: “L’accordo delle parti ai fini dell’individuazione ha natura negoziale, ma non è negozio funzionalmente autonomo (...); pur avendo natura negoziale non è negozio, ma clausola negoziale; clausola accidentale, non essenziale, poiché l’effetto traslativo della vendita di genere si realizza normalmente mediante la consegna”. A questa opinione si contrappone quella più risalente ancora ed attribuibile a G. Gorla, Del rischio e pericolo nelle obbligazioni, Cedam, 1934, 367 ss., secondo cui l’individuazione sarebbe un negozio giuridico autonomo la cui causa è l’obbligazione di dare. Per una distinzione tra clausola negoziale, patto aggiunto e negozio collegato v. N. Gasperoni, Collegamento e connessione tra negozi, in Riv. Dir. comm., 1955, I, 357, ss.

[54] V. Verdicchio, La permuta. Art. 1552-1555 cod. civ., in Il Codice Civile. Commentario, diretto da F. Busnelli, Giuffrè, 2019, 68 ss.: l’«accordo» tra le parti che l’art. 1378 cod. civ. indica come modalità ordinaria di realizzazione dell’atto di specificazione, lungi dall’avere il valore di una pattuizione negoziale, si risolve in una espressione lessicale diretta semplicemente a rappresentare l’accettazione, da parte dell’acquirente, all’atto di adempimento dell’alienante; giungono a conclusioni analoghe M. Orlandi, Sulla natura dell’accordo di individuazione nella vendita di cosa generica, in Giust. civ., 1987, II, 185; G. D’Amico, La compravendita, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da P. Perlingieri, I, Edizioni Scientifiche Italiane, 2013, 244. Cfr. Cass., 14 gennaio 1985, n. 31, in Giust. civ., 1985, II, 3126 ss., che ha confermato la natura non negoziale dell’individuazione, segnandone il carattere di atto di adempimento dell’obbligo traslativo della proprietà: si tratta, per la precisione, di un modo di adempimento esclusivo.

[55] Cfr. Cass. 23 giugno 1976, n. 2351, in Giur. compl. cass. civ., 1976, III, 611; Cass., 10 ottobre 1996, n. 8861, in Giur. it., 1997, I, 1573; Cass., 28 aprile 2011, n. 9466, in Mass. giust. civ., 2011, 4, 671; conforme in dottrina, D. Rubino, La compravendita, cit., 387; contra, C.M. Bianca, La vendita, cit., 322.

[56] Cfr. G. Romano, La forma della dichiarazione di scelta (nelle obbligazioni alternative aventi ad oggetto beni immobili), in Interesse e rapporti giuridici, a cura di D. Rubino, P. Perlingieri, S. Polidori, I, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009, 287; Cass. 16 maggio 2016, n. 9994, in Giur. it., 2016, 12, 2591 ss., con nota di G. Rispoli, Note in tema di alienazione di cosa futura e forma dell’individuazione.

[57] P. Schlesinger, Complessività del procedimento di formazione del consenso e unità del negozio contrattuale, in Studi in onore di P. Greco, II, Cedam, 1965, 1001; G.B. Ferri, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale per relationem, in Riv. dir. comm., 1964, II, 192; G. Gazzara, La vendita obbligatoria, cit., 94 ss. In giurisprudenza: Cass., 26 settembre 1970, n. 1711, in Rep. Foro it., 1971, voce Contratto, 695, n. 79. Anche l’obbligo della forma per l’atto di scelta è stato contestato: è stato sostenuto infatti che l’obbligo formale riguarderebbe soltanto la clausola che prevede la relatio e non l’oggetto relato. Cfr. R. Nicolò, La “relatio” nei negozi formali, in Riv. dir. civ., 1972, I, 124 ss.

[58] M. Orlandi, Sulla natura, cit., 175.

[59] Per la nozione di oggetto del contratto come elemento del contenuto, N. Irti, voce Oggetto del negozio giuridico, in Noviss. Dig. it., XI, Utet, 1975, 804 ss; A. Auricchio, La individuazione, cit., 100; F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, 1966, 133.

[60] Si tratta della tesi di A. Auricchio, La individuazione, cit., 93, a sua volta ripresa dall’autorevole dottrina sui “coelementi di efficacia dell’atto giuridico”, elaborata da A. Falzea, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Giuffrè, 1941, 156 ss.; Id., Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Giuffrè, 1965, 470 ss., ed improntata alla distinzione tra oggetto dell’atto e oggetto del rapporto. Il punto di partenza della sua analisi è dato dalla ricostruzione strutturale della fattispecie a formazione progressiva, quale fattispecie complessa, nella quale vanno distinti un ciclo formativo interno ed uno esterno. Il primo è quello relativo al negozio e si esaurisce con la venuta ad esistenza degli essentialia caratteristici del nomen iuris; il secondo concerne i coelementi ulteriori, collocati all’esterno della fattispecie negoziale che influiscono esclusivamente sulla produzione degli effetti, e non sul contenuto, sul perfezionamento o sulla validità del negozio. Nel processo di formazione successiva della fattispecie, l’ordinamento attribuisce rilevanza giuridica alla fattispecie parziale, valida purché munita di tutti gli elementi essenziali mentre, per la produzione degli effetti ulteriori, è necessario attendere il prodursi delle concause di efficacia, quali eventi successivi alla formazione dell’atto volti a determinarne i punti di riferimento esterni (l’oggetto o il soggetto).

[61] A. Auricchio, La individuazione, cit., 101: “Il senso della distinzione può essere colto benissimo sul piano normativo: mentre la mancanza di determinazione determina la nullità del negozio (art. 1418 cod. civ.) la mancanza di determinazione determina solo la sua inefficacia reale”.

[62] C. Giannattasio, La permuta. Il contratto estimatorio. La somministrazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, XXIV, Giuffrè, 1957, 22 ss.; G. Cottino, Del riporto, della permuta, in Commentario al codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, IV, Zanichelli, 1966, 86 ss; A.A. Carrabba, Della permuta. Artt. 1548-1654, in Commentario al codice civile, diretto da E. Gabrielli, a cura di D. Valentino, I, 2, Utet, 2011, 106; R. Calvo, La vendita, III, 1, Giuffrè, 2016.

[63] La casistica si riferisce essenzialmente alle fattispecie della permuta di terreno (bene presente) in cambio di unità immobiliari da costruire (bene futuro): Cass. 25 ottobre 2013, n. 24172, in Foro it., 2014, 1, 94; Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479, in Mass. Giust. civ., 2005, 7/8, 918; Cass. 11 marzo 1993, n. 2952, in Giur. it., 1994, I, 1, 256; Cass. 24 gennaio 1992, n. 811, in Giust. civ., 1993, 1, 240 con nota di M. De Tilla, Sulla permuta di un bene esistente con un bene futuro ed ivi, con nota di C. De Chiara, Permuta di bene presente con bene futuro, 1305.

[64] Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479, cit., 921: “il contratto con cui una parte cede all’altra la proprietà di un’area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con i mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente ed un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura”. In applicazione di tale principio, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ravvisato nelle pattuizioni intercorse tra le parti due contratti distinti, una compravendita ed una promessa di vendita, avendo le parti convenuto l’immediato trasferimento della proprietà dell’area contro la mera promessa di vendita di un appartamento nel fabbricato da costruire.

[65] La permuta di cosa futura va collocata all’interno della categoria più generale della permuta obbligatoria, comprensiva di figure eterogenee. Per un inquadramento generale della categoria, v. V. Verdicchio, La permuta, cit., 64-65; G. Gazzara, La vendita, cit. 49; G. Capozzi, Dei singoli contratti, I, Giuffrè, 1988, 95 ss; A. Rizzieri, La vendita obbligatoria, Giuffrè, 2000, 13 ss.

[66] Nomenclatura suggerita da C.M. Bianca, La vendita, cit., 1147.

[67] Sullo scambio tra area edificabile con immobili da costruire e sulle diverse varianti dell’operazione, v. A.A. Carrabba, Della permuta, cit., 70 ss.

[68] Le ragioni economiche ivi evidenziate spiegano perché questo schema ha consentito anche a piccole imprese edili di realizzare imponenti manufatti, cfr. G. Capozzi, Dei singoli contratti, cit., 230. Più in generale, l’operazione in questione risulta particolarmente utile in periodi di scarsa liquidità per il mercato immobiliare, come segnalato da F. Tassinari, Lo scambio di immobile presente con immobile futuro tra permuta e doppia vendita, in I Quaderni della Fondazione italiana del notariato. Strumenti negoziali di edilizia privata: l’esperienza del notariato tra tradizione e nuove soluzioni, Atti del Convegno di Messina del 18 ottobre 2008, 2009, 73.

[69] In caso di inadempimento da parte del costruttore (che non esegue la costruzione o che non ne trasferisce la proprietà all’altro contraente), l’acquirente della cosa futura può sicuramente agire ex art. 1453 cod. civ., ma non tornerà con sicurezza proprietario del terreno precedentemente trasferito, dal momento che la risoluzione per inadempimento non è opponibile agli aventi causa e ai creditori del costruttore che abbiano trascritto o iscritto atti in data anteriore alla trascrizione della domanda di risoluzione per inadempimento, in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 1458 comma 2, e 2652 comma 1, n. 1, cod. civ.

[70] Per un commento al d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, recante “Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 2010, v. ex multis, G. Baralis, Considerazioni sparse sul decreto delegato conseguente alla L. n. 210 del 2004: spunti in tema di varietà di contratti “garantiti”, prestazione di fideiussione “impropria”, riflessi sulla trascrizione, contenuto “necessario” del contratto, invalidità speciale e sue conseguenze, in Riv. not., 2005, 4, 723; S. Delle Monache, La garanzia fideiussoria negli acquisti di immobile da costruire (fra obbligo e onere), in Riv. dir. civ., 2009, 5, 613; A. Luminoso, La compravendita. La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, Utet, 2005; A. Pischetola, La tutela degli acquirenti degli immobili da costruire e l’appalto, in Riv. not., 2006, 1, 111; G. Petrelli, Gli acquisti di immobili da costruire, Giuffrè, 2005; G. Rizzi, Il d. lgs. n. 122 del 2005: il contenuto del contratto preliminare, in Studi e materiali, 2005, 2, 977; Id., La nuova disciplina di tutela dell’acquirente di immobile da costruire, in Not., 2005, 4, 427; A. Ruotolo, Tutela degli acquirenti immobili da costruire e fideiussione emessa da società iscritte nell’elenco generale ex art. 106 T.U.B., in Studi e materiali, 2007, 3, 839.

[71] A.A. Carrabba, Della permuta, cit., 76, evidenzia come la capacità protettiva della condizione risolutiva di inadempimento verrebbe meno in caso di interpretazione estensiva dell’art. 72, comma 6, l.f., senza limitarla alla sola clausola risolutiva espressa, norma che prevede per l’ipotesi di fallimento dell’imprenditore edile permutante l’inefficacia delle “clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento”.

[72] G. Capozzi, Dei singoli contratti, cit., 237; R. Calvo, La vendita, cit., 527. In giurisprudenza: Cass. 27 marzo 1963, n. 749, in Foro it., 1964, 2, 369; App. Bari, 2 febbraio 1942, in Corte Bari, 1942, 1, 104; contra, G. Mirabelli, Dei singoli contratti, cit., 221 e, ivi, nota 8.

[73] G. D’Amico, La compravendita, cit., 275 ss. Sulla differenza tra compravendita sospensivamente condizionata all’adem­pimento del compratore, e compravendita con patto di riservato dominio, cfr. G. Petrelli, La condizione ‘‘elemento essenziale’’ del negozio giuridico. Teoria generale e profili applicativi, Giuffrè, 2000, 435 ss.

[74] Per tutti, A. Luminoso, La vendita, cit., 51: “La dottrina tradizionale (...) può considerarsi ormai superata (...). Queste conclusioni [la derogabilità dell’art. 1376 cod. civ.] sono ormai accettate dalla quasi totalità della dottrina italiana”.

[75] Cfr. C.M. Bianca, Riflessioni sul principio del consenso traslativo, in Riv. dir. civ., 1969, I, 535 ss.; Id., Il principio del consenso traslativo, in Diritto privato, I, Il trasferimento in proprietà, Cedam, 1955, 5 ss; G. Palermo, Contratto di alienazione e titolo di acquisto, Giuffrè, 1974; C. Camardi, Principio consensualistico, produzione e differimento dell’effetto reale. I diversi modelli, in Contr. impr., 1998, 2, 572; A. Semprini, L’acquisto progressivo della proprietà immobiliare, in Contr. impr., 2018, 3, 1190 ss., che evidenzia la “tendenza alla procedimentalizzazione” degli acquisiti immobiliari; R. Lenzi, La vendita come procedimento, in Rass. dir. civ., 2015, 4, 1359.

[76] V. Verdicchio, La permuta, cit., 57 ed ivi nota 87 e per l’ipotesi qui maggiormente rilevante, 90.

[77] La qualificazione tra virgolette si deve a A. Luminoso, I contratti tipici e atipici. Contratti di alienazione, di godimento, di credito, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Giuffrè, 1995, 195; Id., La vendita, cit., 102.

[78] Sulla divisione di cosa futura in generale, cfr. L. Cariota Ferrara, Divisione di cosa futura? (costruzione su suolo comune e divisione anticipata dello stabile), in Riv. giur. edilizia, 1958, I, 676; R. Triola, Reciproca costituzione di diritti di superficie o divisione di cosa futura nel c.d. condominio precostituito?, in Giust. civ., 1972, I, 1449 ss.; C. Pennarola, Acquisto pro indiviso di un’area per costruzione di edificio condominiale: divisione di cosa futura o concessioni ad aedificandum?, in Riv. giur. ed., 1986, I, 461 ss.

[79] Sulla divisione di cosa futura ai fini della cd. precostituzione condominiale, v. per tutti M. Comporti, Il condominio precostituito e i negozi di precostituzione condominiale, Giuffrè, 1986, 432 ss.

[80] Cass., sez. un., 7 ottobre 2019, n. 25021, in personaemercato.it, 2 dicembre 2019, con nota di L. Vergassola, Le Sezioni Unite sulla natura giuridica della divisione e immobili abusivi, disponibile al link http://www.personaemercato.it/le-sezioni-unite-sulla-natura-giuridica-della-divisione-e-immobili-abusivi-di-lorenzo-vergassola; G. Amadio, L’efficacia costitutiva della divisione ereditaria, in Riv. dir. civ., 2020, 1, 23 ss.

[81] Per l’esclusione, invece, del meccanismo acquisitivo operante tramite la divisione di cosa futura, dall’ambito di applicazione del decreto, P. Bernardi Fabbrani, Il trasferimento di immobili da costruire, in Atti del convegno Paradigma, Milano, 15 aprile 2005, 38 ss.

[82] G. Petrelli, Gli acquisti, cit., 76-77.

[83] D.lgs. n. 122/2005. Art. 6. Contenuto del contratto preliminare “1. Il contratto preliminare ed ogni altro contratto che ai sensi dell’articolo 2 sia comunque diretto al successivo acquisto in capo ad una persona fisica della proprietà o di altro diritto reale su un immobile oggetto del presente decreto devono essere stipulati per atto pubblico o per scrittura privata autenticata devono contenere: a) le indicazioni previste agli articoli 2659, primo comma, n. 1), e 2826 del codice civile; b) la descrizione dell’immobile e di tutte le sue pertinenze di uso esclusivo oggetto del contratto (…)”.

[84] Si tratta di linea di tendenza rinvenibile in ampi settori della più recente legislazione in materia contrattuale: cfr. G. Gitti, L’oggetto del contratto e le fonti di determinazione dell’oggetto dei contratti di impresa, in Riv. dir. civ., 2005, 1, 25 ss., ove il rilievo che nel c.d. diritto europeo e nella legislazione speciale ‘‘il complesso degli obblighi informativi, in funzione di descrizione del bene e di tutte le sue caratteristiche oltreché del relativo prezzo (...) configura senza dubbio una necessaria determinazione dell’og­getto del contratto concluso con il consumatore, nel senso di escluderne per definizione la determinabilità, ossia la possibilità di una successiva determinazione rispetto al momento della conclusione del contratto.

[85] Sul concetto di operazione economica, cfr. E. Gabrielli, Il contratto e l’operazione economica, in Riv. dir. civ., 2003, 1, 93 ss.; Id., Mercato, contratto e operazione economica, in Rass. dir. civ., 2004, 11, 1044 ss. (ed ivi, 1048 ss., la constatazione che “l’operazione economica, quale categoria ordinante, diviene dunque, oltre che strumento di rappresentazione concettuale dell’unità dell’affare in regime di autonomia privata, anche strumento di protezione del contraente debole e, per suo tramite, di garanzia del corretto funzionamento di un mercato concorrenziale”).

[86] Soluzione pacifica in dottrina; per tutti, si vedano A.P. Ugas, I contratti regolati, in Codice della vendita, a cura di V. Buonocore, A. Luminoso, C. Miraglia, Giuffrè, 2012, 1277 e 1280; F. Dell’Aversana, Vendita e promessa di vendita di immobili da costruire, in Le vendite immobiliari, a cura di F. Bocchini, II, Giuffrè, 2016, 1007.

[87] G. Petrelli, Gli acquisti, cit., 68: Il presupposto del “trasferimento non immediato” della proprietà accomuna alla fattispecie già analizzata della vendita di cosa futura altre tipologie negoziali, generalmente etichettate come “vendite obbligatorie”, la cui caratteristica è data dal differimento dell’effetto traslativo rispetto al momento in cui il contratto viene perfezionato. Rientrano, in tale categoria, tra l’altro, (...) la vendita generica (...). In ciascuno di questi casi, l’effetto traslativo si produce nel momento in cui interviene un evento ulteriore rispetto al contratto (rappresentato, rispettivamente (...) dall’individuazione nella vendita generica”.

[88] G. Amadio, Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema di “abuso dell’autonomia contrattuale”), in Riv, dir. priv., 2005, 2, 288. La dottrina oscilla tra la prospettazione di un obbligo di rinegoziare per adeguare il contratto alle prescrizioni in esame (in generale, sulla rinegoziazione, cfr. F. Gambino, Problemi del rinegoziare, Giuffrè, 2004; F. Macario, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Jovene, 1996) o la configurazione di una responsabilità precontrattuale o contrattuale da inadempimento (quest’ultima, esclusa da G. Rizzi, La nuova disciplina, cit., 429).

Fascicolo 1 - 2022