Il contributo in esame analizza la recente sentenza della Corte di Cassazione del 26 maggio 2021, n. 14585, relativa ad un contratto di permuta di cosa presente contro cosa futura, avente ad oggetto lo scambio tra una porzione di terreno edificabile ed alcuni immobili da costruire sul medesimo suolo.
Nell’ambito della pronuncia citata, la Corte ha occasione di ribadire l’ammissibilità in astratto dell’atto traslativo di diritti reali su immobile generico, purché rispettoso del requisito della sufficiente determinazione o determinabilità dell’oggetto ex art. 1346 c.c. Saranno poi esaminate separatamente le singole fattispecie negoziali presenti all’interno di tale ampia categoria, con specifico riguardo alle differenze tra di loro intercorrenti in termini di struttura e disciplina. Particolare attenzione sarà posta sull’istituto dell’individuazione di cui all’art. 1378 c.c., atto a seguito del quale si producono gli effetti reali scaturenti dal contratto di compravendita generica previamente stipulato, sulla cui natura non vi è tuttora piena uniformità di vedute.
Nell’ultima parte dell’elaborato saranno approfondite due fattispecie contrattuali – segnatamente, la permuta unilaterale di cosa futura ed il collegamento negoziale tra vendita di quota indivisa di terreno, appalto e divisione di cosa futura – specificamente richiamate nei fatti di causa, anche nell’ottica dell’applicabilità del d.lgs. 122/2005, recante specifiche “disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire”.
Parole chiave: compravendita immobiliare, immobile generico, atto di individuazione, permuta, immobili da costruire.
The present paper analyzes the recent judgment of the Court of Cassation of 26 May 2021, n. 14585, concerning a barter contract between an existing good and a future one, for the exchange between a portion of building land and some apartments planned to be built on the same earth.
In the context of the above-mentioned decision, the Court has the opportunity to reiterate the abstract admissibility of the contract transferring rights in rem on a generic real estate, provided that it complies with the requirement of sufficient determination or determinability of the object pursuant to art. 1346 of the Italian Civil Code. The individual negotiating cases within this broad category will be examined separately, with specific regard to the differences between them in terms of structure and discipline. Particular attention will be paid to the institution of identification referred to in art. 1378 of the Italian Civil Code, the act which produces the real effects arising from the generic purchase contract previously concluded, on the nature of which there is still no full uniformity of views.
In the last part of the paper, two types of contract will be explored - namely, the unilateral exchange of a future good and the negotiation link between the sale of undivided shares of land, procurement contract and division of future thing - specifically referred to in the facts of the case, also in view of the applicability of Legislative Decree no. 122/2005, containing specific “provisions for the protection of the property rights of buyers of apartments to be built”.
Keywords: real estate purchase, generic property, identification deed, barter, apartments to be built.
La vendita di cose generiche, appartenenti ad un “genus limitandum”, è ammissibile, in virtù del principio di conservazione del negozio giuridico, anche rispetto agli immobili, relativamente al “genus limitatum” costituito dal complesso di un determinato fondo. Sicché, laddove un terreno debba essere distaccato da una maggiore estensione e sia indicato soltanto quantitativamente, nella misura della sua superficie, sussiste il requisito della determinabilità dell’oggetto, quando sia accertato che le parti avevano considerato la maggior estensione di proprietà del venditore come “genus”, essendo stata la stessa perfettamente individuata nel contratto, nonché stabilito la misura della estensione da distaccare e sempre che per la determinazione del terreno non debba richiedersi una nuova manifestazione di volontà delle parti, null’altro occorrendo, ai fini della sussistenza del suddetto requisito, se non l’adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere ex art. 1178 cod. civ. Ne deriva che il requisito di determinabilità dell’oggetto sussiste quando nel contratto siano contenuti elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili, i quali siano idonei alla identificazione del terreno da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione, che ne individui la dislocazione nell’ambito del fondo maggiore, per cui la consegna di una parte piuttosto che di un’altra risulti di per sé irrilevante, essendo i diversi tratti di terreno del tutto equivalenti, escluso ogni margine di dubbio sulla identità del terreno oggetto del contratto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura – avente per oggetto il 75% del terreno di proprietà delle promettenti venditrici contro il 25% delle costruzioni che il promettente permutante avrebbe realizzato sui suddetti fondi – per la indeterminabilità dell’esatta collocazione della parte di terreno e dell’esatta collocazione delle costruzioni risultando, in concreto, omesse sia la dimensione, sia l’esatta ubicazione dei fabbricati edificandi).
Cass., sez. II, sentenza 26 maggio 2021, n. 14585
1. Il caso - 2. La vendita di cosa generica. La disciplina generale - 3. Sull’ammissibilità della compravendita immobiliare generica - 4. La vendita di lotti predeterminati e di parte determinabile - 5. Il ruolo delle parti e del terzo nella determinazione dell’oggetto - 6. La dubbia natura dell’atto di individuazione ex art. 1378 cod. civ. - 7. Un focus sulla permuta tra terreno edificabile ed immobili da costruire - 8. Segue: Un’alternativa: vendita di quota indivisa di terreno, appalto e divisione di cosa futura - 9. Osservazioni conclusive - NOTE
La vicenda sottesa alla sentenza [1] in epigrafe trae origine dalla stipula, tra l’attore e le convenute, di un contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura. Nello specifico, l’attore ha dichiarato di aver concluso con le proprie sorelle un contratto preliminare di permuta, avente ad oggetto lo scambio tra il 75% dei terreni delle convenute ed il 25% delle costruzioni che lo stesso avrebbe dovuto edificare sul medesimo suolo. A fronte del mancato trasferimento della proprietà dei terreni in capo all’attore, egli ha proposto, in via principale, azione ex art. 2932 cod. civ. allo scopo di ottenere, in suo favore, una sentenza costitutiva quale forma di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo; in subordine, ha spiegato domanda di condanna nei confronti delle convenute al pagamento della penale pattuita. Il comportamento processuale delle convenute si è diversamente declinato: a fronte dell’adesione da parte di alcune di loro alla domanda attorea volta a dare esecuzione al contratto preliminare, una sorella ha eccepito il difetto di titolarità del diritto di proprietà sui terreni oggetto di permuta, mentre le restanti hanno formulato domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento dell’attore, chiedendone altresì la condanna al pagamento della penale e al risarcimento dei danni. Le pronunce rese in sede di merito, rispettivamente dal Tribunale di Foggia in primo grado e dalla Corte di Appello di Bari in secondo grado, hanno entrambe dichiarato la nullità del contratto per indeterminabilità dell’oggetto. Trattandosi di questione logicamente e giuridicamente pregiudiziale, correttamente non è stato esaminato il diverso ed ulteriore profilo relativo alla scelta tra l’esecuzione o la risoluzione del preliminare, quali rimedi [2] richiesti rispettivamente dall’attore (e in adesione da alcune convenute) e dalle restanti convenute a fronte dell’inadempimento contrattuale. La Corte Suprema, adita dall’attore sulla base di cinque articolati motivi, rigetta il ricorso e conferma integralmente la sentenza della Corte d’Appello, condividendo in particolare la tesi sulla nullità del preliminare per indeterminabilità del suo oggetto. Attraverso i primi due motivi del ricorso, il ricorrente deduce, ai sensi [continua ..]
Nella pronuncia in esame, la questione dell’ammissibilità in astratto della vendita di cosa generica immobiliare viene ricondotta al problema della sufficiente determinazione o determinabilità dell’oggetto del contratto, pena, in difetto, la nullità dello stesso ex art. 1346 c.c. [4]. La determinabilità deve riguardare il tipo di diritto trasferito, il prezzo e, nel trasferimento di un diritto reale, il bene oggetto dell’attribuzione traslativa [5]. L’oggetto del diritto reale è determinato quando è identificato nel contratto, determinabile se in esso sono contenuti elementi sufficienti per provvedere alla sua successiva identificazione [6]. Sotto questo aspetto assume importanza la distinzione tra cose specifiche e cose generiche, essendo queste ultime soltanto determinabili. Infatti, mentre un bene specifico è identificato nel contratto nella sua concreta individualità, secondo la descrizione pattizia, un bene generico è individuato esclusivamente in base al genere di appartenenza e alla quantità dedotta nel contratto. Tale distinzione rileva in particolare ai fini della produzione dell’effetto reale del trasferimento della proprietà, poiché nell’alienazione di cosa generica esso si verifica – in uno con il passaggio del rischio ex art. 1465 cod. civ. – al momento dell’individuazione della cosa ex art. 1378 cod. civ., senza che sia applicabile la regola generale del consenso traslativo ex art. 1376 cod. civ. Trattandosi di una fattispecie facente parte della più generale categoria della vendita obbligatoria, prima dell’individuazione, dal contratto di vendita generica scaturisce il solo obbligo in capo all’alienante “di far acquistare [all’avente causa] la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto” (art. 1476, n. 2, cod. civ.). Detta obbligazione sarà adempiuta in concreto proprio attraverso il compimento dell’atto di individuazione. Per stabilire se un contratto abbia ad oggetto cose specifiche ovvero generiche, è necessario valutare non le caratteristiche intrinseche della cosa, ma il modo con cui esse sono state dedotte in contratto. Diversa è la ratio della distinzione tra “cosa fungibile-cosa infungibile”, che riguarda, al contrario, la natura del bene in [continua ..]
Come si evince dalla porzione di sentenza riportata, il primo requisito richiesto per l’ammissibilità consiste nella determinazione del genus di appartenenza, ai fini della necessaria determinazione dell’oggetto della vendita, con conseguente nullità del contratto in caso contrario. Il genere è limitato quando è tale in rerum natura o quando la quantità dedotta in contratto debba scegliersi all’interno di una provvista preventivamente selezionata dalle parti; all’opposto, esso è illimitato quando le parti non circoscrivono in alcun modo la provenienza dei beni. Il genus limitato può essere costituito da un fondo rustico, da aree edificabili appartenenti a una lottizzazione, da un edificio, di regola commerciale, che venga venduto non per distinte unità immobiliari, ma a misura, riferita a metri quadri o cubi, da appartamenti standard eguali fra di loro considerati come prodotti in serie [10]: si tratta di esemplificazioni riprese dalla prassi consolidata delle compravendite immobiliari. Una vendita immobiliare a genus illimitatum, cioè assolutamente generica, è nulla, dal momento che, per i beni immobili, assume una rilevanza fondamentale l’ubicazione del bene nello spazio [11]. Se dunque il contratto è privo di elementi idonei a determinare la collocazione del fondo in relazione ai fondi contigui, l’oggetto non è né determinato né determinabile ex art. 1346 cod. civ. [12]: tale fattispecie è stata autorevolmente considerata “ignota alla nostra esperienza [13]“ e qualificata come nulla ai sensi dell’art. 1418 cod. civ. A conclusioni analoghe si giunge nel caso in cui le parti si siano limitate ad indicare il Comune o la località nei quali è collocato l’immobile da trasferire. Diversamente, l’ipotesi di omessa identificazione per iscritto del bene oggetto del contratto, pur in presenza di una volontà negoziale orientata al trasferimento di un bene specificamente localizzato, sarebbe qualificabile come vendita di cosa specifica nulla per difetto di forma scritta ad substantiam ex artt. 1418 e 1350, n. 1, cod. civ., in applicazione del noto orientamento giurisprudenziale per cui la determinazione dell’immobile trasferito deve risultare unicamente da elementi oggettivi desumibili dal contratto, stante la necessità della forma [continua ..]
La prima ipotesi che viene in rilievo è quella in cui le porzioni da alienare siano costituite da fondi o da unità abitative già prestabiliti: essa è tendenzialmente ammessa, anche da parte dell’orientamento giurisprudenziale contrario alla generale validità della vendita di immobili non localizzati [17]. In questa ipotesi, il contrasto emerge in relazione alla qualificazione della fattispecie, alternativamente ricondotta alla vendita generica o alla vendita alternativa [18]. La scelta in un senso o nell’altro è determinante in relazione alla disciplina applicabile, che diverge sotto molteplici aspetti. La disciplina della vendita alternativa si ottiene mediante la combinazione tra le norme sulla vendita e quelle sulle obbligazioni alternative [19]. In tali ipotesi, il trasferimento del diritto avviene con la concentrazione ex art. 1286 cod. civ. che deriva dalla scelta, atto con cui l’obbligazione, da alternativa, diviene semplice. Nella vendita generica, che pure si configura quale ipotesi particolare di vendita ad effetti obbligatori, l’effetto traslativo si verifica con l’individuazione. Differenti sono inoltre le conseguenze in caso di sopravvenuta impossibilità della prestazione: l’obbligazione alternativa, in caso di impossibilità sopravvenuta di una delle due prestazioni dedotte in contratto, diventa semplice; quanto all’obbligazione di cosa generica, anche nel caso di impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore – e pur nei limiti della categoria del genus limitatum – in attuazione del noto brocardo genus nuquam perit, non si estingue, ed il debitore rimane obbligato a procurare al creditore cose di qualità non inferiore alla media [20]. Il criterio dirimente tra le due ipotesi è stato variamente individuato, sia nel senso di ravvisare nell’obbligazione alternativa l’eterogeneità dei beni come elemento strutturale [21], sia nella necessaria presenza di due o più cose “individualmente indicate” [22], sia ancora nell’esigenza di ricostruire la volontà dei contraenti in un senso o nell’altro in relazione al singolo caso concreto [23]. Mentre la vendita alternativa presuppone la volontà delle parti di scegliere il bene da trasferire tra due o più cose distintamente considerate e [continua ..]
La presenza delle indicazioni sopra richiamate non costituisce l’unico criterio ritenuto idoneo dal giudice di legittimità a rendere l’oggetto almeno determinabile, essendo consentito, in alternativa, che il contratto affidi tale compito alle parti o ad un terzo. Tale ipotesi, autonomamente considerata dalla dottrina, non crea problemi particolari in relazione alla vendita immobiliare di genus limitatum, posto che “non vi è alcuna differenza tra l’ipotesi in cui le parti nulla stabiliscano circa il soggetto che dovrà effettuare le operazioni di separazione, cioè a dire l’individuazione” – trovando applicazione il criterio legale suppletivo ex art. 1378 cod. civ. – “e l’ipotesi nella quale attribuiscono espressamente siffatto potere ad una delle parti o ad un terzo [41]”. I dubbi invece potrebbero scaturire dal deferimento del potere di scelta in ordine alla localizzazione del bene ad una sola delle parti, ammissibile purché non esercitato in forma arbitraria da parte del suo titolare [42]. A ben guardare però, già la predeterminazione della quantità di terreno da separare, in uno con l’estensione convenzionalmente ritenuta omogenea, escluderebbe a monte il rischio di un possibile abuso di una parte in danno dell’altra. La validità della vendita sembra inoltre confermata dalla riconosciuta ammissibilità della vendita alternativa ex art. 1285 cod. civ. con facoltà di scelta in capo al debitore, e di quella con facoltà di sostituzione [43]. A maggior ragione, non vi pongono dubbi nell’ammettere l’attribuzione del compito di procedere all’individuazione in capo ad un terzo [44], configurandosi un’ipotesi di arbitraggio di cui all’art. 1349 cod. civ. Si ritiene che l’attività dell’arbitratore si traduca un atto di scienza meramente integrativo del negozio concluso tra le parti, ed attuativo di quanto da esse stesse voluto. Si esclude, di contro, che tale atto assuma valenza negoziale e che l’arbitro concorra alla formazione di un contratto dal quale rimarrebbe estraneo, essendo la volontà delle parti l’unica a poter disporre degli interessi potenzialmente in conflitto. La sentenza in commento pone l’ipotesi sopra citata ed ammessa in contrapposizione a quella in cui sia “necessario tornare alla [continua ..]
Una volta chiariti i limiti di ammissibilità della vendita immobiliare di genus ed individuati i diversi sottotipi negoziali della figura generale, sembra opportuno approfondire i caratteri fondamentali dell’atto di individuazione di cui all’art. 1378 cod. civ. Sebbene la sentenza non analizzi esplicitamente tale istituto, una sintetica analisi dello stesso risulta imprescindibile: è solo con l’individuazione infatti che il contratto, già valido, diviene efficace sotto il profilo traslativo. La norma in esame è pacificamente applicabile anche alla vendita di beni immobili, in virtù dell’avvenuto superamento della risalente tesi contraria [47]. In dottrina peraltro si ravvisa il contrasto tra l’opinione tradizionale [48], che ritiene che il contratto di compravendita di cosa generica abbia efficacia obbligatoria e che gli effetti reali si producano soltanto a seguito dell’individuazione, e l’opinione più recente [49] che sostiene, all’opposto, che la vendita generi effetti reali ma differiti nel tempo, i quali si producono non dal momento della manifestazione del consenso, ma da quello successivo dell’espletamento delle operazioni di individuazione. Si è condivisibilmente affermato che “estremo essenziale della individuazione è dunque che quel dato complesso di merce di quel genere venga sufficientemente distaccato, distinto da ogni altra merce del medesimo genere, in modo che non vi siano dubbi o incertezze su di esso, né la possibilità che esso ritorni a confondersi con altri quantitativi di merce del medesimo genere” [50]. Le parti sono libere di determinare le modalità dell’individuazione con apposite clausole contrattuali. Ad esempio, possono richiedere la partecipazione e l’intervento di entrambi i contraenti, ovvero rimetterla esclusivamente all’alienante, all’acquirente o ad un terzo. In mancanza di espressa pattuizione, le operazioni di individuazione rimangono a carico del venditore, ed il compratore ha il diritto di assistervi e di controllarle, per poi eventualmente riservarsi il diritto di accettare o meno la merce individuata dal primo. Maggiori interrogativi sorgono in ordine alla natura dell’atto di individuazione, in assenza di una disciplina positiva sul punto. La dottrina oscilla tra l’attribuzione a tale atto di una natura [continua ..]
A questo punto della trattazione, si ritiene opportuno procedere nell’analisi dei tratti fondamentali del tipo contrattuale scelto dalle parti all’interno della più ampia categoria di atto dispositivo di bene immobile generico, di cui si è detto ampiamente sinora. Secondo la ricostruzione attorea di primo grado, non contestata dalle convenute e fatta propria anche dai giudici di merito, le parti avevano stipulato un contratto preliminare di permuta di cosa presente contro cosa futura, avente ad oggetto, nello specifico, lo scambio tra un terreno edificabile ed alcuni immobili da costruire. In generale, è pacificamente ammessa la permuta di cosa futura, sia dalla dottrina [62] che dalla giurisprudenza [63], in virtù del rinvio operato dall’art. 1555 cod. civ. a tutta la disciplina sulla vendita, ivi compreso l’art. 1472 cod. civ. in tema di vendita di cose future. Una conferma ulteriore è fornita dall’art. 1348 cod. civ., che ammette la deducibilità in contratto le prestazioni di cose future, anche se in alcune pronunce [64] la fattispecie è stata diversamente ricostruita in termini di coesistenza tra due distinti contratti, una compravendita e una promessa di vendita. Il contratto, perfezionatosi in virtù del solo consenso, produce effetti reali immediati limitatamente al bene esistente ed effetti obbligatori [65] quanto al bene futuro. Si tratta di una “permuta obbligatoria unilaterale [66]“ visto che solo una delle due attribuzioni riguarda una cosa futura, il cui trasferimento, pur posticipato nel tempo, si verifica automaticamente, per effetto della sola venuta ad esistenza della cosa, senza necessità di ulteriori atti traslativi o della materiale acquisizione del bene in capo all’acquirente. Dal punto di vista pratico, questo contratto è utilizzato di frequente nelle ipotesi di cessione in permuta da parte di un soggetto del proprio terreno ad un costruttore, affinché questi vi costruisca un edificio e ceda, come controprestazione, uno o più immobili facenti parte del complesso da realizzare [67]. Il caso sotteso alla vicenda in esame costituisce proprio un esempio di questa prassi giuridico-economica molto diffusa, grazie alla sua buona capacità di soddisfare gli interessi delle parti. La stipula di un tale contratto di permuta consente infatti al dominus soli di appaltare la [continua ..]
Nonostante i correttivi applicabili mediante apposite clausole negoziali, i meccanismi in esame continuano a fare uso della permuta unilaterale di cosa futura quale contratto di base. Tali soluzioni non sono però le uniche alternative prospettabili, essendo di contro possibile – ed anche più conveniente, sotto vari profili – fare uso di tecniche contrattuali “più progredite [77]” mediante l’uso di schemi negoziali differenti. Nella sentenza in commento, il ricorrente si richiama ad una di queste fattispecie alternative, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo da parte del giudice di appello, inerente la determinazione dell’oggetto, relativo, secondo la ricostruzione del ricorrente, alla “costituzione di una comproprietà indivisa pro quota relativamente sia al terreno che al compendio immobiliare da costruire”. In altri termini, secondo il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe considerato che il contratto avesse ad oggetto la costituzione di una comunione di beni, comprendente sia quello presente (il terreno) che quelli futuri (gli edifici da costruire). Il predetto motivo viene però respinto dalla Suprema Corte, per un duplice ordine di ragioni: sia per la tardività dell’allegazione, esposta per la prima volta solo in sede di legittimità, “non risultando tale profilo dapprima invocato”, sia per la sua irrilevanza: “l’ipotesi che il negozio fra le parti era finalizzato ad un trasferimento di semplice comproprietà non può condurre ad escludere la mancanza di identificazione e determinabilità dell’oggetto del contratto (...). I detti requisiti dell’oggetto sono (...) indispensabili in ogni caso”. La pure respinta ricostruzione di parte ricorrente costituisce lo spunto per esaminare la fattispecie contrattuale citata, idonea a produrre un effetto sostanzialmente permutativo, dunque configurabile quale alternativa rispetto al tipo contrattuale di permuta di cosa futura sopra esaminato. Nonostante la lacunosa ricostruzione in fatto, sembra infatti che la ricostruzione operata dal ricorrente possa essere qualificata come vendita di quota di comproprietà del terreno con contestuale appalto (ed eventualmente, con contestuale divisione di cosa futura [78]). In esecuzione di tale schema negoziale, il proprietario del suolo vende all’impresa una quota [continua ..]
Riassumendo le considerazioni finora analiticamente riproposte, si rileva come la sentenza in esame si collochi in una posizione di continuità con la giurisprudenza precedente in relazione alla generale ammissibilità degli atti di disposizione aventi ad oggetto un immobile generico. Se ciò è pacifico in astratto, sarà sempre necessaria la verifica in concreto del rispetto del requisito di determinatezza o almeno determinabilità dell’oggetto ex art. 1346 cod. civ., per evitare di incorrere in una declaratoria di nullità; ciò vale indifferentemente per qualsiasi tipo negoziale, dunque anche per la permuta di cosa futura, o per l’ipotetico contratto costitutivo di comproprietà indivisa emerso dalla tardiva ricostruzione di parte ricorrente. Da ultimo, si dà atto che la particolare attenzione al contenuto del contratto è confermata anche da una specifica disposizione contenuta nel d.lgs. n. 122/2005, segnatamente l’art. 6, che prevede l’obbligo di conformare il contratto stipulato tra le parti ad un contenuto “minimo” normativamente predeterminato, con previsione ulteriore di specifiche allegazioni [83]. Tale disposizione è stata appositamente prevista al fine di assicurare la massima completezza possibile del contenuto del contratto, anche con riguardo ai profili di determinazione del suo oggetto [84]. Ai sensi dell’art. 1 lett. a) infatti, il decreto legislativo si applica non solo alla vendita e al preliminare di vendita, ma ad “ogni altro contratto (...) che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato (...) della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire”. Oggetto di considerazione, da parte del legislatore, non è tanto il contratto quanto l’operazione economica nel suo complesso [85], intesa come la sequenza composita comprensiva del regolamento negoziale e dei vari comportamenti che ad esso si collegano in vista del risultato perseguito, senza che vi siano limiti con riguardo alla causa negoziale, e senza che rilevino i problemi di qualificazione di fattispecie affini. Da ciò discende che le prescrizioni ivi contenute si applicano anche alla permuta (e al relativo preliminare) di cosa presente contro cosa futura, e nello specifico di suolo contro appartamenti da [continua ..]